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A Loazzolo fratelli inventano macchinario per il vino che riduce tempi, solfiti e mantiene gli aromi

Spremi le uve, le metti in vasca e poi in bottiglia. Nessun altro passaggio, nessun travaso, niente additivi. Accorciare i passaggi per avere un vino più naturale e aromatico.

 

Un’idea semplice, all’apparenza irrealizzabile per la vinificazione tradizionale, ma alla quale hanno voluto credere gli stessi che l’hanno avuta, Luca e Andrea Elegir, il primo ingegnere meccanico di 29 anni, il secondo enologo di 36.

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I due fratelli astigiani, figli di produttori nati e cresciuti in un piccolo borgo contadino circondato da vigne oggi patrimonio Unesco, ci hanno lavorato per tre anni e grazie all’Incubatore imprese innovative del Politecnico di Torino (I3p) hanno brevettato uno speciale macchinario che consente non solo di ridurre tempi e passaggi nella produzione del vino, ma che permette sia di ridurre fino al 100% i solfiti che di solito si aggiungono, sia di mantenere un più alto livello aromatico del vino.

 

Così, questo speciale serbatoio meccanizzato è nato a Loazzolo, nel borgo Moncalvo, tra le vigne «eroiche» di Moscato d’Asti docg, chiamate così per la pendenza che arriva a sfiorare il 45%.

 

Le difficoltà

Una strada tutta in salita, fin dall’inizio, anche per i due fratelli. Avevano partecipato alla «Star Cup 2015» del Politecnico, una coppa dedicata alle idee innovative. Su seicento progetti, il loro era arrivato tra i primi venti. «Dopo aver passato la selezione, l’I3p ci ha comunicato che il nostro macchinario avrebbe avuto futuro» spiegano, ricordando ancora con un sorriso la soddisfazione provata. I primi passi per costruirlo, pero, sono stati i più difficili, a partire dalla realizzazione del serbatoio.

 

«Il prototipo lo abbiamo pagato cinque volte il suo valore e comunque non ce l’hanno assemblato come avevamo indicato» racconta Andrea. Il brevetto è arrivato a ottobre 2016. Poi i due fratelli hanno deciso di costruirselo da soli.

 

Sauvignon blanc e Cortese

La sperimentazione è partita con il Sauvignon blanc e con il Cortese, «perché i bianchi sono più sensibili, più delicati all’ossidazione, soprattutto a livello aromatico». Se si fanno i travasi da una cisterna a un’altra, il vino prende aria e disperde aromi. Così invece, non esce mai dal serbatoio brevettato e non si aggiungono solfiti, che prevengono l’ossidazione, ma che sono allergeni. Tutto questo grazie a un principio meccanico, non chimico. Due pale che, girando, puliscono la vasca, consentono risparmi di tempo e si arriva alla produzione di un vino più naturale.

 

«La tradizione però – prosegue Andrea – ha sempre imposto i travasi da una cisterna a un’altra per rimuovere le impurità e noi ora stiamo capovolgendo il sistema e i tempi». E si sa che la tradizione nel mondo del vino ha radici profonde. Meno travasi, però, vuol dire meno lavoro. In dieci minuti si fa la «sfecciatura», si riduce il consumo di acqua e detergente, perchè il lavaggio della vasca resta solo più uno, alla fine del processo.

 

E il vino che ne esce mantiene una percentuale più elevate del suo livello aromatico, «fino al 30% in più» aggiunge Andrea, che mostra i risultati di un’analisi commissionata a un laboratorio della zona, «Su una sperimentazione comparativa – afferma – avviata con lo stesso mosto, ma vinificato sia con metodo tradizionale sia con il nostro macchinario».

 

E pensare che «Nessuno ha mai voluto credere nel nostro progetto e mai nessuno ci ha dato credito per realizzarlo, tranne un produttore vicino, che ha collaborato con noi» ammettono i due fratelli. Ora stanno sviluppando anche una macchina per i timi con le pareti di legno, per affinare i vini rossi, «che non solo non conterranno solfiti, ma che – assicurano – manterranno inalterati ancora di più i loro livelli aromatici».

 

 

( Fonte La Stampa )