Home News Bollito che passione: quei sapori antichi che annunciano l’inverno

Bollito che passione: quei sapori antichi che annunciano l’inverno

Provati per voi: tra colline e città, tra trattorie e ristoranti, ecco 12 locali dove nei mesi freddi rivive la pantagruelica tradizione del carrello. Partendo da Carrù, e dalla sua Fiera del Bue grasso

 

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E’ una grande festa pagana, con origini che risalgono al Medioevo, la Fiera del Bue grasso di Carrù, un piccolo comune agricolo del Cuneese dove ogni anno, il secondo giovedì antecedente il Natale (ma quest’anno la festa è stata anticipata di una settimana all’8 dicembre, tra le polemiche dei tradizionalisti) decine di buoi di razza piemontese, quelli bianchi, bellissimi, di maestosa grandezza, allevati per anni con cure degne di un campione olimpico, sfilano nelle strade di Carrù per aggiudicarsi le ambitissime gualdrappe decorate a mano destinate ai migliori.

 

 

Ma la Fiera del Bue grasso è anche altro: l’occasione per ripetere un rito gastronomico, quello del gran bollito misto. Fin dall’alba letteralmente stuoli di golosi che arrivano da tutta Italia si siedono nei locali del paese per sorbire brodo, mangiare trippa e poi il gran bollito. Piatto della tradizione non solo piemontese (di simili se ne trovano in tutto il Nord Italia, ma anche in Francia, il pot au feu o in Spagna il cocido) ma che nelle Langhe e dintorni si è mantenuto “vivo” più che altrove. Al punto da avere una confraternita che ne difende l’ortodossia. E da essere abbastanza facile da trovare, almeno in queste settimane nella carte delle trattorie (e di qualche ristorante à la page).

 

L’ortodossia, si diceva che vuole che la carne utilizzata sia solo quella di un vitello di razza piemontese “della fassona” e “che non abbia mai lavorato”. E che poi impone la “regola del sette”: sette devono essere i tagli di carne del bue (tenerone, stinco, scaramella, culatta, cappello del prete, punta con il suo fiocco e la rolata. Sette gli “ornamenti”, ancora di carne, e cioè la testina con il musetto, la lingua, lo zampino, la coda e poi la gallina, il cotechino e la lonza. Ad accompagnare questo pantagruelico piatto devono esserci poi le sette salse classiche: il bagnetto verde, quello rosso, la mostarda, la cugnà, la salsa al miele, il cren e l’agliata. E sette verdure come contorno (indispensabili le patate e le cipolle lessate e gli spinaci al burro).

 

 

Ecco dove assaggiarlo: a partire ovviamente da Carrù dove sono almeno tre le trattorie dove, per tutto l’inverno si può gustare: l’Osteria del Borgo, è la nostra preferita, ma non sono male anche il Vascello d’Oro e il Moderno. In sale che profumano di brodo e di vecchio Piemonte sfilano i carrelli davvero fumanti che portano caldi in tavolo i “sette più sette” tagli della tradizione.

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Più elegante, servito in eleganti piatti bianchi è il bollito della Speranza, osteria moderna a Farigliano a pochi chilometri da Carrù, dove officia Maurizio Quaranta, un cuoco che ha rinunciato a cappelli e stelle per dedicarsi con calma alla cucina di tradizione e alla famiglia.

 

Bollito “di montagna”, ma che rispetta appieno i dettami classici, è quello del Nazionale di Vernante sulla strada del colle di Tenda, a due passi da Limone Piemonte. Qui la famiglia Macario si occupa di cucina (e di ospitalità) da oltre un secolo. E qui a un carrello di carni e “ornamenti” tra i più completi si aggiungono piatti “altri” di alta cucina. E una cantina di livello.

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Classicissimo è il bollito misto del Boccondivino, l’osteria più osteria che ci sia, nella sede di Slow Food a Bra. Dove sarà in carta però solo dal 15 di dicembre, una settimana dopo il Bue grasso per permettere la giusta frollatura alla carne.

 

 

Si va nella Langa del Barbaresco con La Luna nel Pozzo, tradizionalissimo locale di Neive. Qui il bollito misto viene servito per tutta la stagione fredda. In tavola arrivano i sette pezzi classici, dentro un’ampia cocotte, immersi nel brodo caldo. Bella soluzione. Il segreto: come nel famoso “bollito non bollito” di Massimo Bottura tutti i pezzi sono cotti separati e sotto vuoto, e non insieme nella stessa pentola come vorrebbe l’ortodossia. Così la carne i sapori e i succhi non li cede all’acqua in cui cuoce, al brodo appunto. Il brodo è preparato a parte e poi gli si immerge i pezzi cotti sotto vuoto che si “reidratano” e rimangono così caldi e morbidi. E saporiti. Nel posto più semplice, insomma hanno trovato il modo di usare la la rivoluzione di Bottura per migliorare la tradizione. A conferma che quello fra tradizione e avanguardia è più un dialogo che una guerra.

 

Classico nella presentazione anche se non nella preparazione è invece il bollito misto di Alfredo Russo, cuoco onusto di cappelli e stelle nel suo Dolce Stil Novo. Nelle lussuose sale della Reggia di Venaria che ospitano il ristorante, scaramella, testina ecc. sono in carta tra i secondi. E vengono serviti adagiati su un osso sezionato per permettere ai veri golosi di scavarne il midollo. I prezzi qui salgono. Ma è un’occasione per assaggiare il bollito anche per chi non vuole stravolgersi con un eccesso di proteine.

 

L’alternativa per chi vuole godersi i piaceri della carne senza esagerare è un altro ristorante gourmet, nel Canavese, la Gardenia, dove Mariangela Susigan propone una versione light del bollito, e della sue salse, tra gli antipasti.

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Si torna alla tradizione pura a Torino dove il regno del bollito misto è a due passi dal mercato di Porta Palazzo in quella belle osteria che è le Tre Galline: un luogo che trasmette il calore e gli aromi della Torino popolare, e che oltre a tutti i piatti classici ha sempre pronto il carrello dei bolliti. Completo o quasi.

 

E ancor più affascinante, sempre a Torino, appena dell’altra parte di Porta Palazzo e dal mercato delle pulci del Balon, è il ristorante San Giors un luogo amato da artisti e intellettuali (è la “mensa” della vicina scuola Holden e dei suoi docenti), tutto legni e storia. E dove il carrello dei bolliti fa parte del panorama.

 

Per finire un’enotavola, sempre nel capoluogo, Rosso Rubino a due passi da un altro mercato storico torinese, quello di piazza Madama Cristina. Qui tra scaffali colmi di bottiglie di ogni dove, un piccolo goloso menu offre la possibilità di godere di una versione ridotta del grande bollito. Magari da accompagnare a un bicchiere di Barbera.

 

 

 

( Fonte la Repubblica )