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Dalle statue al vino, così la diplomazia francese ha evitato un caso all’italiana con Rohani

Ancora una volta i francesi ci fanno scuola

Roberto Gatti

 

No ai diktat enogastronomici di Teheran. Se l’Italia ha messo al bando il vino dalla cena ufficiale con Hassan Rohani in Francia è tutta un’altra musica. Problema risolto alla radice con una semplice quanto efficace piroetta protocollare. «Rohani non vuole vino in tavola? Benone, venga pure nel pomeriggio».

 

Dunque oggi all’Eliseo non ci saranno né pranzo né cena. Solo una riunione in quella parte della giornata in cui l’appetito è generalmente ai minimi, dalle tre alle cinque del pomeriggio. Del resto, Parigi era più che preparata. L’affaire già scoppiò a novembre, quando fervevano i preparativi per l’imminente visita del leader iraniano poi annullata causa attentati. All’epoca la Repubblica islamica pretese un menu «halal»e «no alcol». Auspicio respinto dal protocollo di Hollande che annullò direttamente il pranzo. «Giù le mani dai simboli della République – commentarono all’Eliseo – qui una buona bottiglia di vino non mancherà mai».

 

Del resto, davanti al balletto di Chateau-Latour o Puligny-Montrachet neanche il re Saudita o l’emiro del Qatar hanno mai osato protestare. Non sarà Rohani a cambiar le cose. E però lo «sciolti per cena» funziona sempre, incluso tra rigorismo religioso e laicité, consente a tutti di salvare la faccia. A intuirlo per primo fu Jacques Chirac che già nel 1999 invitò Kathami a merenda.

 

 

( Fonte La Stampa )

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.