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IL «MODELLO MENDOZA» PUO’ AIUTARE IL VINO ITALIANO A VINCERE LE SFIDE CONTRO IL CLIMA AVVERSO

Il Congresso Assoenologi a Alba – 6 luglio 2013

 

 

Coltivare Barbera, Nebbiolo, Merlot, Cabernet nella contea di Walla Walla (Stato di Whashington). Oppure a Mendoza, a pochi chilometri dalle Ande argentine.

O in Sudafrica, in riva all’Oceano Atlantico. Tutte luoghi dove le condizioni climatiche sono proibitive, i terreni un deserto e il sole splende per oltre 300 giorni. Gli «eroi» di questa viticoltura estrema, arrivati dagli Usa, dal Sudafrica e da Mendoza, hanno raccontato al 68° Congresso Assoenologi, la loro esperienza e le tecniche di sopravvivenza per produrre vini d’eccellenza. Un confronto con i viticoltori delle Langhe, promosso dal direttore di Assoenologi, insieme con il presidente Riccardo Cotarella. «Le esperienze e il loro contributo – dice Martelli – servono ai nostri produttori e agli enologi per misurarsi con nuove realtà, trasformando le criticità in opportunità.

Le mutate condizioni ambientali che da qualche anno si stanno registrando anche in Italia, con l’innalzamento dei picchi di temperatura, impongono a chi coltiva di adottare un approccio nuovo e più flessibile». E’ la scarsità d’acqua il nemico numero uno di quelle zone desertiche. In Argentina è un enologo di origini toscane, Alberto Antonini, a vincere la sfida. Fondatore di «Matura», società di consulenza globale nel settore vitivinicolo, opera nella zona dell’Aconcagua, una delle vette più alte delle Americhe. Il «Modello Mendoza», laboratorio vivente basato sulla tecnologia e l’esperienza tramandata dai viticoltori italiani, ha raggiunto l’obiettivo di fare della regione una delle zone più vocate alla viticoltura. L’irrigazione dei vigneti avviene per scorrimento, attraverso canali realizzati da architetti italiani e ridisegnati sulla base dell’antico reticolo dei Maya.

Dalle Ande ai vigneti del Walla Walla, dove Bob Bertheau, enologo direttore tecnico Chateau St. Michelle Wine Estate, deve dividersi fra le alte temperature estive e le proibitive gelate dell’inverno. Anche qui è determinante l’irrigazione a pioggia, dosata nei minimi particolari. Len Knotze e Heinè Janse van Rensburg, sono direttore e responsabile viticolo della Namaqua Wines (Belville), in Sudafrica. In questa zona è stata introdotta, prima nel mondo con l’Austalia, l’irrigazione a pioggia.

Tutta questa tecnologia è un modello esportabile, da adattare anche all’Europa e all’Italia nelle annate particolarmente avverse. Il confronto con l’Italia, che celebra quest’anno i 50 anni della legge istitutiva delle Doc, diventa così un momento qualificante per migliorare la produzione made in Italy.