Home News Il vigneto Friuli è ormai quasi tutto bianco

Il vigneto Friuli è ormai quasi tutto bianco

Gli ettari coltivati a Glera (Prosecco) aumentati del 270%. L’esperto: ma per gli autoctoni rossi c’è ancora futuro

 

UDINE. Il Friuli è diventato una terra di grandi vini bianchi: ormai l’80 per cento della superficie è dedicata ai “whites”, mentre i rossi sono confinati al 20 per cento restante. Una metamorfosi sorprendente per la sua velocità se pensiamo che all’inizio del millennio l’equilibrio era perfetto e tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta si era verificata addirittura una leggera prevalenza dei rossi.

Adesso con le nuove barbatelle piantate nel 2014 (quasi tutte di Pinot grigio e Glera, dal quale si produce il Prosecco, vino-aperitivo di gran moda negli Stati Uniti, Canada ed Europa del Nord) la quota di bianchi tocca appunto l’80 per cento.

Ma non c’è RISCHIO, almeno secondo gli esperti, che i nostri rossi più noti, Refosco, Merlot e Cabernet, possano sparire: conterà sempre di più la tipicità e la qualità. A rischio, invece, il destino del Friulano che, dopo aver cambiato nome, sembra non essere riuscito a ritagliarsi un posto al sole nel panorama che conta.

Sono questi i dati più interessanti della ricerca condotta dal professor Roberto Zironi del Dipartimento di Scienze degli alimenti dell’università di Udine. Ecco nel dettaglio tutti gli elementi più significativi di come CAMBIA il vigneto Friuli.

Chi GUADAGNA e chi perde. Tra il 2010 e il 2013 il Glera ha aumentato la superficie coltivata del 270 per cento, un vero boom dovuto alla popolarità del Prosecco. Bene, ma qui parliamo di numeri più ridotti, anche la Malvasia istriana (più 28 per cento), il Pinot nero (più 11 per cento), la Ribolla gialla (più 10 per cento), il Traminer aromatico. Segno più anche per Pinot grigio e Refosco dal peduncolo rosso, leggera flessione per il Sauvignon che è una vite molto difficile da coltivare e che ha una resa bassa e fortemente influenzabile dalla stagione. In ribasso Chardonnay (meno 5), Friulano (meno 7), Pinot bianco, Cabernet sauvignon, Cabernet franc e Merlot tutti con diminuzioni a due cifre.

Pinot grigio padrone. Questa varietà (è in corso con il Veneto una trattativa per una Doc unica del Pinot grigio) rappresenta quasi esattamente un quarto di tutti i vigneti del Fvg: 24,4 per cento. Segue il Glera con il 18,9 per cento, il Merlot con l’11,4 per cento. E ancora Friulano (7,6), Chardonnay (6,4), Sauvignon (6,3), Cabernet franc (5,3). Alla voce “Altri” troviamo tutti gli autoctoni che sommano un buon 19,7 per cento.

La forza delle Doc. Dieci le zone a denominazione di origine controllata: Prosecco (diffusa in tutta la regione), Colli Orientali, Grave, Lison Pramaggiore, Latisana, Annia, Collio, Aquileia, Isonzo e Carso. La penetrazione complessiva è dell’80 per cento degli ettari vitati, davvero molto considerevole. I vitigni coltivabili in Friuli Venezia Giulia sono 26 bianchi dei quali 10 autoctoni e 24 rossi (11 autoctoni). Ma su tutto il territorio troviamo solo 8 bianchi e 7 rossi (2 autoctoni), segno che il territorio è particolare e si presta solo a specifici tipi di vino. Infatti 3 bianchi e 4 rossi tutti autoctoni si coltivano solamente in alcuni Comuni.

La superficie vitata. Il Fvg è al decimo posto in Italia (dato Istat del 2010) con i suoi 19.669 ettari che rappresentano il 3,1 per cento della produzione italiana, capitanata dalla Sicilia e seguita da Puglia, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. Ma la nostra regione è la seconda dopo il Trentino Alto Adige per incremento della superficie vitata con un più 9,6 per cento dal 2000 al 2010. In territorio positivo anche Veneto, Lombardia e Toscana. Segni meno per Puglia, Sicilia e Abruzzo, ma con i casi clamorosi di Liguria, Basilicata e Lazio che tagliano gli ettari tra il 33 e il 42 per cento.

Le prospettive. «La rivoluzione, la mutazione da un vigneto Friuli metà bianco e metà rosso a uno quasi tutto

bianco – dice il professor Zironi – è ancora in atto e non si arresta. Credo che ciò non comporterà la perdita degli autoctoni come Schioppettino o Pignolo, riportati all’attenzione dei consumatori proprio per la loro antichità. Ed è questo il loro segreto».

 

 

( Fonte http://messaggeroveneto.gelocal.it/ )