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Meglio Autoctoni o Internazionali ??

Non seguo volentieri le diatribe che si accendono nel web a proposito di vini, non mi piacciono gli estremismi in qualunque settore, rifuggo per principio da tutto ciò che termina in “……..ismo “, tanti danni ha prodotto al genere umano !

 

 

Rimanendo al nostro tema non posso non ricordare , come in tempi non sospetti, mi sono adoperato per promuovere la conoscenza di antichi vitigni autoctoni che erano in via di estinzione.

Posso citare a titolo di esempio la Tintilia del Molise, quando stava scomparendo ed il bravo produttore Angelo d’Uva mi portò a conoscenza del suo recupero ( ne scrissi al link : http://www.vinit.net/vini/Le_Mie_Degustazioni/Viti_salvate__la_tintilia_del_Molise_2251.html )

 

ed ancora con il pecorino d’ Abruzzo, anche questo in corso di estinzione, quando tra i primi Mimmo Pasetti dell’azienda Contesa mi segnalò il recupero ( link : http://www.vinit.net/vini/Le_Mie_Degustazioni/Un_Pecorino___solo_da_bere___186.html ) e tanti altri !

E’ indubbio come oggi i vitigni autoctoni siano una carta favorevole da giocare nell’ambito dei mercati nazionale ed internazionale, in quanto consentono ai nostri viticoltori di proporre prodotti unici ed irripetibili !

Fatta questa lunga e doverosa premessa, non mi sento allo stesso tempo di essere “ contro “ per partito preso ai vitigni internazionali, perchè mai lo dovrei ?

Parliamo a titolo di esempio della Sicilia vitivinicola, oggi affermata sui maggiori mercati internazionali proprio grazie ai suoi autoctoni nero d’Avola, Grillo, Catarratto, Inzolia, Nerello mascalese, nerello Cappuccio ecc. , ma tornando indietro nel tempo solo 15/20 anni fa chi poteva conoscere all’estero ( e molto spesso anche in Italia ) questi vitigni autoctoni, ecco che allora le grandi famiglie isolane hanno scardinato le porte dei mercati internazionali con il Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Shirah ecc.

Sono per questo da condannare ? direi proprio di no, oggi gli internazionali copriranno a malapena il 10% della superficie vitata di tutta l’isola, mentre gli autoctoni il rimanente 90% !

Come ho ribadito molte volte, io amo il vino e se è molto buono ed eccezionale lo amo molto di piu’, sia esso autoctono o internazionale, meglio ancora se blend di piu’ uve !

 

Oggi in Sicilia gli ettari di Chardonnay sono passati a poco meno di 5mila, la superficie dedicata al Merlot è oggi di 4.646, o ancora 3.460 gli ettari di Cabernet Sauvignon, su un totale complessivo di 108.594 ha.

 

Nella mia lunga militanza di degustatore nazionale ed internazionale, ho avuto nel bicchiere grandi vini provenienti da vitigni internazionali, ricordo ancora uno shirah del Sud Africa, che a Berlino in un concorso internazionale totalizzò la media di 95/100 e tutti noi commissari fummo concordi su quel punteggio.

Perchè quindi mi dovrei , o ci dovremmo, privare del piacere che anche questi vini ci possono dare, per non parlare dei magnifici bordolesi di Francia o frutto di blend in ogni angolo del pianeta ?

Questo non significa certo espiantare le vigne a Cannubi nelle Langhe, o le vigne a Sangiovese grosso a Montalcino, per impiantare altro, ma semplicemente prendere atto che i vini eccellenti si possono ottenere da molte varietà di uve siano esse autoctone od alloctone, singole o in blend importante è che i vini ci regalino sensazioni ed emozioni ad alti livelli !

 

A titolo di esempio e chiarimento, riporto quanto scritto da un produttore siciliano !

Buona lettura

Roberto Gatti

 

 

 

“…….Quando dovetti reimpiantare i vigneti negli anni 2000  non era ancora “esplosa” la più recente e giusta tendenza alla valorizzazione degli autoctoni e mi fù consigliato di dare prevalenza agli alloctoni a discapito dei meno noti autoctoni. Naturalmente accettai il suggerimento perchè proveniente da autorevolissime fonti (enologi di chiara esperienza ).

Per chi all’epoca si apprestava alla meravigliosa avventura della produzione di vini in bottiglia (non più, finalmente, vino sfuso da svendere per rinforzare i vini della Francia e del Nord dell’Italia ma giusta valorizzazione della nostra produzione vinicola resa possibile dall’indispensabile contributo dei migliori enologi italiani provenienti dal nord i quali furono ben lieti di confrontarsi sul fertile e generoso terroir siciliano) era d’obbligo destinare una buona porzione dell’impianto del vigneto alle cosiddette varietà internazionali proprio per ragioni di mercato .

Mi chiedo: tra la fine degli anni 90 e gli inizi del 2000 (ma anche oggi) come fà una azienda medio-piccola ad affrontare i mercati internazionali (che all’epoca non erano edotti sulle straordinarie potenzialità dei nostri autoctoni ) senza la necessaria duttilità e flessibilità?, senza la possibilità di offrire prodotti più noti e conosciuti al cosiddetto consumatore medio del nord italia ed estero?

Perciò sono certo che sarà facile comprendere che, almeno qui in Sicilia, sono state, all’inizio, proprio le varietà alloctone ad aprire la strada agli autoctoni. 

Ve le ricordate le distese immense di Chardonnay e di Cabernet Sauvignon nei vigneti di Planeta, Donna Fugata, Tasca d’ Almerita ecc.? 

Senza queste varietà sono certo che non avrebbero mai visto la luce la buona enologia ed i buoni vini siciliani che conosciamo oggi.

Adesso tutti, me compreso, riconvertono i propri vigneti a favore degli autoctoni ed è giusto ma ci vuole tempo; per di più i mercati continentali e d’oltreoceano continuano a chiedere Chardonnay, Cabernet e Merlot. E se li chiedono proprio alla Sicilia una ragione ci sarà ed è la diversità del territorio, le particolari condizioni pedoclimatiche, le qualità organolettiche ed olfattive che sanno esprimere i vini ottenuti dai vitigni alloctoni qui da noi in Sicilia. 

Sono convinto del fatto che senza quell’opportunità data dalle varietà cosiddette “internazionali” e dall’intelligenza dei primi nostri grandi imprenditori del vino (Planeta, Tasca d’Almerita, Donna Fugata ecc. ai quali, da piccolo produttore di vino, non smetterò mai di dire grazie per avere saputo aprire una strada che oggi percorro anche io) possibilmente io produrrei ancora squilibratissimi vini “da taglio” come facevano nel vecchio baglio, dal 1920, mio nonno e prima di lui suo padre. “

 

 

Stavo dimenticando, Serena Pasqua a tutti Voi !

Roberto Gatti