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Olio extravergine maxi truffa in Puglia sequestrate 7.000 tonnellate di falso Made in Italy. Non è un problema di qualità

Il Corpo forestale dello Stato ha sequestrato in Puglia un lotto di 7 mila tonnellate di falso olio extravergine di oliva “100% italiano”. L’operazione è stata portata avanti nelle province di Bari e Brindisi, più precisamente in aziende situate a Fasano, Grumo Appula e Monopoli. L’indagine trae origine dalla disastrosa raccolta della campagna olivicola 2014-2015. Secondo i dati Ismea la produzione di olio da olive si è attestata intorno alle 235mila tonnellate e le importazioni di materia prima da Spagna, Grecia, Marocco e Tunisia hanno coperto il 70-80% della produzione nazionale.

 

La truffa denunciata dal CFS riguarda l’origine della materia prima non la qualità dell’olio

Gli investigatori del NAF, specializzati nella lotta alle frodi agroalimentari, si sono rivolti all’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (CNR – IBBR) di Perugia per stabilire l’origine geografica di molte partite di olio extra vergine di oliva etichettato come “100% italiano”. La maxifrode ha interessato un quantitativo di circa 7.000 tonnellate di olio pari a circa l’1% del quantitativo importato l’anno scorso.

 

 

 

Secondo gli investigatori l’olio etichettato come “100% italiano” era ottenuto mediante la miscelazione di oli extravergini provenienti anche da Siria, Turchia, Marocco e Tunisia. È importante sottolineare che la truffa ha un carattere puramente commerciale e trova giustificazione nel fatto che l’olio Made in Italy si vende ad un prezzo superiore di 1-2 euro al litro. Nulla si può dire invece sulla qualità di quest’olio che potrebbe essere di qualità ottima in quanto l’anno scorso il raccolto italiano è stato disastroso.

 

Nella stagione 2014/2015 il 70-80% dell’olio imbottigliato in Italia proveniva dall’estero

 

«Per risalire all’origine dell’olio – spiega Francesco Paolo Fanizzi docente all’Università del Salento – da anni si usa la Risonanza Magnetica Nucleare. Si tratta di un metodo impiegato da diversi anni per individuare la provenienza delle materie prime. Per poter fare questa analisi occorre costruire una banca che “fotografa” la composizione molecolare e i profili metabolici dei vari tipi di olive italiane (coratina, nocellara, carolea…). A questo punto si prende il campione e attraverso la risonanza si è in grado di stabilire con una certa precisione se un olio è ottenuto miscelando olive italiane o straniere. Spesso si sente parlare di DNA come metodo per risalire all’origine delle olive ma è scorretto. Il DNA caratterizza una cultivar che può essere piantata in Italia come in Spagna o in Grecia. La presenza di un certo tipo di DNA nell’olio non è quindi necessariamente una prova per stabilire l’origine.

 

 La prova più difficile da superare per un extravergine è l’analisi organolettica

 

Il metodo della Risonanza Magnetica Nucleare delinea i profili metabolici ossia l’insieme delle componenti molecolari come i polifenoli e i trigliceridi dell’olio che variano in funzione delle condizioni pedoclimatiche. La Risonanza è infatti utilizzata da diverse catene di supermercati per controllare l’origine e l’esattezza dell’etichetta dell’olio venduto come 100% italiano. Il sistema si usa anche per i vini, per controllare il latte della mozzarelle di bufala e anche per distinguere se una spigola o un’orata proviene da un allevamento o se è stata pescata in mare. «Sia chiaro – conclude Fanizzi – queste analisi permettono di accertare solo l’origine dell’olio». Nel caso specifico dell’extravergine la prova più importante per valutare la bontà è l’esame organolettico, affidato ad un panel di assaggiatori professionisti che accertare l’assenza di difetti. La qualità di una bottiglia è il risultato e diversi parametri come la cultivar, il sistema di raccolta e di spremitura e la gestione di tutte le fasi della filiera e solo in parte dell’origine.

 

 

( Fonte ilfattoalimentare.it )

 

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

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ed ai maggiori concorsi italiani.