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Ora i cinesi ci copiano anche il vino

 









forum internazionale dellâagricoltura e dellâalimentazione
Ora i cinesi ci copiano anche il vino
La Coldiretti: il made in Italy rischia di essere eliminato da una concorrenza sempre più agguerrita


 


dal nostro inviato luca pesante






Il collo di vetro scuro e quell’etichetta un po’ così, seminascosta dalla muffa da cui affiorano i caratteri eleganti del marchio “di rango”, sono pressoché identici alle bottiglie del miglior rosso nostrano. Cosa viene in mente: Barolo? Brunello di Montalcino? Macché, al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato a Villa D’Este di Cernobbio da Codiretti, si fa largo la vera new entry con cui tutti, volenti o nolenti, devono fare i conti. Si chiama “Sun Time Red Wine”, costa un misero euro (o forse meno, come giura chi lo ha portato con sé attraversando i continenti), e viene dritto dritto da un mercatino di Shangay.
Si parla (anche) di Cina e concorrenza sleale, al Forum Internazionale. E c’era da scommetterci. Sulle immancabili tavolate imbandite non manca il miglior culatello emiliano, frutta e verdura che scoppia di salute e una forma di Castelmagno Dop che vale un mutuo in banca. Eppure quando il commissario Ue Mariann Fischer-Boel arriva a Cernobbio la bottiglia con gli occhi a mandorla se la ritrova in mano, e non può proprio esimersi da una risposta. Insomma, questi ci copiano il vino (o meglio, vendono il vino cercando di imparentarlo al nettare made in Italy): e ora che si fa? «Non c’è nulla da aggiungere rispetto a quanto è stato già detto aprendo questo Forum – dice l’ elegantissima commissaria Ue – La parola d’ordine per il mercato europeo è imporre qualità, qualità, qualità». Tre volte. Una formula che pochi istanti prima aveva usato il presidente della Coldiretti Paolo Bedoni, il quale però non aveva rinunciato a lanciare il suo allarme: «Il Made in Italy alimentare ha ben poche probabilità di reggere l’impatto di una concorrenza internazio nale sempre più agguerrita e di proporsi con successo sul mercato unico e su quello globale». Il riferimento, implicito, si rivolgeva anche al Sun Time Red Wine, ovviamente. Una premessa da tenere bene a mente, a cui il numero uno di Coldiretti fa seguire la sua “proposta politica”: «Perché la rigenerazione del settore sia davvero una scelta irreversibile è necessario che si realizzino due condizioni correlate tra loro: che si smontino i meccanismi corporativi e consociativi della vecchia cittadella agricola, oggi indifendibile, e che il settore e i suoi processi produttivi vengano portati in piena trasparenza».
Bedoni propone in pratica «che si bonifichi definitivamente la palude in cui la spinta a fare impresa viene soffocata ed intralciata dall’assistenzialismo e dalla rendita. Per fare questo occorre una sola cosa: la volontà politica di attuare le riforme a cui si è dato corso in Italia e in Europa». Del resto la posta in palio è davvero alta. Non c’è paese, più dell’Italia, che si trova a dover difendere un patrimonio agro-alimentare ricchissimo. Lungo lo stivale si contano 4255 Prodotti tradizionali censiti dalle Regioni, tra paste fresche, prodotti di panetteria, pasticceria, formaggi, distillati e liquorie e via degustando. Ma non basta: sono 155 i Prodotti a denominazione o indicazione di origine protetta riconosciuti dall’Unione Europea e 481 Vini a denominazione di origine controllata (Doc), controllata e garantita (Docg) e a indicazione geografica tipica. Insomma, il 20% del mercato comunitario passa da qui, per un fatturato di 9 mil iardi di euro ogni anno
Un patrimonio che ogni giorno di più deve fare i conti con una concorrenza senza confini. Uno scenario iscritto nella riforma del 2003 del Pac, del sistema delle “politiche Agricole Comunitarie”, e che ora attende un ulteriore piattaforma legislativa per il 2008. Il Forum di Cernobbio cade proprio nella stagione calda dell’apertura dei tavoli per stabilire le nuove regole europee. Per il momento Mariann Fischer-Boel sembra escludere misure compensative come l’aumento transitorio delle quote latte prodotte in Itala, sfruttando quelle non sfruttate dagli altri paesi.
Cambiano le regole ma restano i prodotti, le tradizioni e la qualità. Ingredienti del Made in Italy che trovano un “nuovo”, forte alleato: il mercato interno “colto”. Quello che pretende la “tracciabilità“, la garanzia di prodotti non geneticamente modificati, a costo di pagare un euro in più. Indicazioni chiare, che escono dalla quinta âIndagine 2006 Coldiretti-Ispo sulle opinioni degli italiani sull’alimentazioneâ? presentata ier al Forum direttamente da Renato Mannheimer. «Raramente mi sono trovato di fronte ad un trend, ad una indicazione di tendenza, così esplicita – spiega il mago dei numeri – Il nostro mercato ha fame di qualità».
I risultati dell’Indagine indicano chiaramente che l’Italia ha scelto la direzione giusta, puntando su una agricoltura che guarda al mercato, libera da organismi geneticamente modificati, che ha conquistato la leadership europea nel biologico e nei prodotti tipici. Tre italiani sui quattro (74 per cento) è convinto che i prodotti contenenti Organismi Geneticamente Modificati non fanno bene alla salute, con un aumento del 4 per cento rispetto allo scorso anno. Il deciso orientamento verso la qualità e la sicurezza alimentare è confermato dal fatto che quasi otto italiani su dieci (77 per cento) hanno acquistato prodotti tipici a denominazione di origine ( 2 per cento rispetto allo scorso anno) mentre sette su dieci (71 per cento) alimenti biologici garantiti per l’assenza di contaminazioni chimiche ( 3 per cento) rispetto allo scorso anno.
E ancora: l’88 per cento degli italiani preferisce consumare prodotti made in Italy. La preferenza al made in Italy è accordata per migliori caratteristiche qualitative (39 per cento), per sicurezza per la salute (22 per cento), per l’eticità del processo di produzione (16 per cento). Insomma, almeno per i mercati più maturi il Sun Time Red Wine avrà ancora vita dura.