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Siddùra, in otto vini l’essenza della Sardegna

Otto vini per raccontare la Sardegna. Almeno questa è l’ambizione di Siddùra, l’azienda gallurese immersa in una valle circondata dal granito, dal terreno sabbioso-argilloso ed esposta alla brezza marina.

 

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La particolarità del terreno gallurese conferisce ai vini una mineralità particolare, già nota negli anni ’70 ai vecchi proprietari. Dopo sono arrivati gli attuali proprietari tedeschi Nathan e Yael Gottesdiener (oggi settantenni) e dall’incontro con Massimo Ruggero (ex imprenditore edile) è nata l’azienda agricola Siddùra: il recupero del vecchio stazzo, la cantina interrata costruita riutilizzando le stesse pietre dello scavo, lo sfruttamento delle potenzialità geotermiche del luogo e un sistema di controllo per la fermentazione dei 50 serbatoi. Oggi, con le opere di ammodernamento, realizzate senza modificare il microclima (non c’è condizionamento), la tenuta si estende per duecento ettari, di cui 22 vitati.

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Inizialmente la tenuta di Luogosanto era stata acquisita, nel 2008, per realizzare un’operazione immobiliare, ma la legge varata dalla Regione Sardegna stabilì il divieto di edificazione entro una fascia di due chilometri dal mare. “Poi sia io che Nathan siamo stati presi dalla passione per il vino – racconta Ruggero – nonostante arrivassi dall’edilizia e lui dalla moda. Gli investimenti sono stati considerevoli: puntiamo sulla qualità, senza compromessi. I raccolti di Siddùra sono limitati, per avere la massima qualità; vendemmia selettiva a mano, micro vinificazione e invecchiamento nelle botti di quercia costruite in Francia. Il risultato? I 180 riconoscimenti in 5 anni non sono casuali”.

 

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I vini

 

Fin dall’inizio la cantina ha proposto una linea con sette vini (Spèra, Maìa, Èrema, Bàcco, Cagnulariu, Fòla, Tìros, Nùali) ai quali successivamente si è aggiunto il passito, moscato giallo, Nùali. Lo slogan dell’azienda, “Sardegna in purezza”, rappresenta la filosofia imprenditoriale di Siddùra che detiene altri vigneti in varie zone della Sardegna. A proposito di innovazione, Siddùra punta a un Vermentino longevo che migliori dopo un anno di invecchiamento. In sostanza, l’azienda applica ai vini bianchi lo stesso tipo di lavorazione dei rossi.

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La degustazione

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Spèra 2016: Vermentino di Gallura Docg in purezza, profumato, floreale e sapido. Il 2015 risulta più agrumato. Ancora fresco e beverino. Lavorazione solo in acciaio. Sotto i 10 euro.

 

Maìa 2015: Vermentino di Gallura proveniente da un altro squadro della vigna. Annata calda. Abbastanza persistente. Morbido per il passaggio in barrique, ma emerge la nota aggrumata e l’acidità. 19 euro in enoteca.

 

Bèru: Vinificazione alla francese, piccolo taglio di Chardonnay su massa di Vermentino. Nove mesi di affinamento in barriques, molto persistente. Vino da meditazione. 30 euro al consumo.

 

Èrema: Matrimonio tra uve rosse sarde. Vinificate in fermentazione lunga esprimono i profumi e l’eleganza di un vino bivalente. Nota di eucalipto balsamico.

 

Fòla: Cannonau in purezza Doc. Fermentazione lunga sulle bucce e pressatura soffice. Il vino viene affinato in botti per 7 mesi. Nota di frutta matura. Tannini morbidi.

 

Tìros: Il super Tuscan sardo: base di Sangiovese e Cabernet Sauvignon come in Toscana. Morbido ed equilibrato.

 

Nùali: Moscato di Sardegna Doc Passito. Da fine pasto, per dessert o formaggi di media stagionatura. Vellutato e avvolgente.

 

 

( Fonte Il Sole 24 Ore )