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Vino italiano, flop dell’export negli Stati Uniti. Ecco perché

Come distruggere l’esportazione del vino italiano

 

A parte la contraffazione e la concorrenza da Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda e Usa, il vino italiano é circondato da influenze negative.

Per prima cosa ci sono gli alti costi imposti dai ristoratori in America che scoraggiano il largo consumo del vino. Mentre un bicchiere di birra costa 6 dollari, uno di vino ne costa come minimo 10.

Dicono che il costo al pubblico di un bicchiere paga il costo dell’intera bottiglia, ma al ristorante il vino da tavola non costa piú di 8 dollari.

Bisogna poi considerare che il solo costo per importare una bottiglia di vino é di 5 dollari ed include il tragitto porta-a-porta, indifferentemente dalla qualitá del vino e del compenso al produttore. Lo stesso vale per le bottiglie di birra importate. Dicono che la birra abbia una connotazione piú “pedestrian” (provinciale) ed il vino piú “sophisticated” (raffinata), quindi l’aumento del prezzo é dovuto piú alla percezione che al prodotto stesso.

In principio, senza guardare al futuro, gli stessi produttori ed esportatori di vini hanno beneficiato, anzi incoraggiato, questa connotazione di prodotto raffinato da vendere ad alto costo.

Ora, con l’arrivo dei “millennials” (giovani cresciuti a partire dal 2000) questa percezione ha raggiunto il punto che la qualitá del vino é diventata secondaria rispetto alla “narrativa del vino”. Questo richiamo non ha nulla a che fare con l’incomprensibile e a volte insignificante linguaggio usato dai critici enogastronomici: “Colore molto più dorato della Nosiola, profumi anche meno aerei, più ombrosi, liquirizia, erbe amare, malto; gusto più macerativo e tannico, grande ritmo e grande profondità nel finale”. Traduzione: vino bianco, dolce e poco aromatico.

Si tratta di essere “cool”, cioé percezione elevata al cubo. Come ha scritto il “Wall Street Journal,” i giovani dovrebbero imparare a distinguere la differenza tra essere entusiasti di un vino ed un vino entusiasmante”.

E questa non é una questione di poco conto perché negli Usa i giovani tra i 18 e 34 anni sono 75 milioni e quindi un gran mercato che apprezza il vino piú che la birra (eccetto quella artigianale ad alto costo). Naturalmente, creare un’immagine “cool” richiede un grande sforzo promozionale che fa aumentare i costi. Quindi mentre prima la qualitá del vino era la principale ragione di vendita, oggi é la percezione che conta; concetto incoraggiato dagli stessi vinicoltori.

In un sondaggio condotto da Wine Opinions si é rilevato che i millennials scelgono vini a basso costo, basta che abbiano una “narrativa ed un collegamento personale”. Questo é un buon segno, anche perché molti esperti insegnano che il costo del vino non ha sempre un rapporto diretto con la qualitá, ma non servirá ad abbassarne il costo (e quindi allargarne il consumo) perché l’accento sulla “percezione” si fa investendo in pubblicitá. Cosa che poche case vinicole italiane riescono o sanno fare.

I produttori di vino dovrebbero anche smettere di imporre regole del tipo, “i bianchi si abbinano con il pesce”. Il sondaggio di Wine Opinions ha rilevato che la maggior parte dei millennials, Generation X (i cinquantenni) ed i baby boomers (sessantenni) preferisce i rossi in ogni occasione. E qui faccio due esempi personali. Quando sono in Italia, raramente accetto inviti a pranzo da vinicoltori perché questi prima scelgono il ristorante di pesce, poi insistono a farmi bere i loro vini bianchi, che non sopporto (eccetto un buon prosecco). Per me un vino rosso leggero e secco che non costi esageratamente, si abbina con qualsiasi piatto. Poi se capito a pranzo con esperti (come gli importatori), rischio la pena capitale se alla presenza di un vino rosso “pastoso” (viscoso, molto scuro, quasi nero) lo “annacquo” come facevano gli antichi romani (e quelli che non lo annacquavano venivano chiamati barbari).

 

 

( Fonte Affaritaliani )

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.