No a Igt Italia da Coldiretti e Città del Vino
All’estero una bottiglia di vino su tre.
Il Piano Regolatore delle Città del Vino, uno strumento che dà valore al territorio. E il professor Fregoni lancia lidea di un Albo dei Vigneti Storici
La crescita in valore del 6,5 per cento dei vini italiani all’estero, dove vendiamo più di una bottiglia su tre, è dovuta alla capacità di valorizzare la diversità dei territori che l’omologazione in un’unica Indicazione geografica tipica nazionale, la cosiddetta Igt Italia, rischia di compromettere. Questa la posizione di Coldiretti e Città del Vino, emersa al Vinitaly durante il convegno “Vino&Territorio. Regole e immaginario”, che bocciano senza appello l’ipotesi di una denominazione dalle regole blande che consenta di produrre vini senz’anima e territorio. C’è veramente bisogno di una Igt Italia?
Decisamente No secondo Coldiretti e Città del Vino, che anzi sottolineano il successo del vino italiano nel mondo: 6,5% nel valore dell’export; un successo rilevante negli Usa ( 5%) e nei nuovi Paesi emergenti come India ( 71%) e Cina ( 105%), secondo elaborazioni effettuate su base Istat. Un successo, quindi, che non ha bisogno di scorciatoie, di trucioli, di nuove denominazioni – come l’Igt Italia – che scimmiottano le politiche commerciali di altri Paesi produttori. L’Italia – sostengono Coldiretti e Città del Vino – rappresenta un quarto delle esportazioni mondiali e ha conquistato negli Usa il primato delle vendite, e deve quindi scegliere senza indugio una strada diversa: qualità, trasparenza, vitigni autoctoni e valorizzazione dei territori. Obiettivi che possono essere raggiunti senza cedere a tentazioni concorrenziali che vanno al ribasso, ma puntando sugli elementi di forza del sistema vitivinicolo italiano che ormai dal 1986, dopo lo scandalo del vino al metanolo, hanno dimostrato che facendo qualità si vince.
I risultati commerciali del 2006, con una buona vendemmia e una quantità contenuta di 50 milioni di ettolitri, dimostrano inoltre la presenza di nuovi spazi per il made in Italy, che sempre lo scorso anno ha esportato oltre 18 milioni di ettolitri: il 38% del vino prodotto in Italia. Una spinta che ha portato a un fatturato record di 9 miliardi di , dei 3,2 proprio attraverso le esportazioni. E tutto questo senza ricorrere all’uso dei trucioli per contenere i costi.
“L’Igt Italia non è una soluzione che fa per noi. Al contrario proseguire sulla strada percorsa in questi venti anni, che ci ha portato ai vertici del mercato mondiale grazie alla fiducia sulla qualità, sulla varietà e sull’identificazione con il territorio – ha aggiunto Valentino Valentini, presidente di Città del Vino -. Non dobbiamo nasconderci le minacce che esistono nella competizione globale, ma per averne ragione ci si deve impegnare più efficacemente su promozione, marketing e distribuzione. Non dobbiamo giocare al ribasso su un terreno che non ci appartiene, nè ricorrere a formule che sorvolano il concetto di origine. Il vero made in Italy sono le Doc, le Docg e le Igt. Lidentità e lunicità sono la carte vincente del nostro sistema produttivo ha concluso Valentini -. Ma il territorio non è un bene inesauribile. Va quindi preservato con azioni di tutela chiare. Noi abbiamo elaborato il Piano Regolatore delle Città del Vino, un progetto che contempla il recupero del patrimonio esistente, la salvaguardia del paesaggio, il risparmio energetico, la qualità dei manufatti, ledilizia sostenibile, la certificazione ambientale. Un insieme di regole e prescrizioni che coniugano sviluppo e conservazione.