Ripropongo questo appello del maestro Casaro e docente Onaf ( Organizzazione nazionale Assaggiatori Formaggi ) Michele Grassi, il quale lancia un appello ai pastori sardi ed alle istituzioni, per la salvaguardia di questa attività di produttori di latte ovino. Un suggerimento ai pastori, in calce all’articolo, che non sottovaluterei, anzi !
Buona lettura
Sono con il pastore sardo
E’ una vergogna per l’intera nazione. Ai giornali, alla Tv alle radio nazionali neppure sfiora il problema. Fosse la macellazione degli agnelli ne parlerebbero tutti, contro naturalmente. Invece si tratta della vita dei pastori, del loro antico lavoro del frutto del loro sudore, ma purtroppo anche questo non fa notizia.
I TG parlano delle proteste sindacali di ogni categoria, ma sono i sindacati, a dire il vero, a fare notizia, dove mancano notizia non c’è.
Parlavo recentemente del pastore Roberto, morto tragicamente sul pascolo, e affermavo che davvero non interessava a nessuno, o meglio interessa solo a coloro che conoscono e apprezzano il mestiere di pastore.
Oggi evidentemente interessa a pochi che i pastori sardi lottino per il loro lavoro.
A dire la verità non è un problema attuale, è ormai tanto tempo che si sentono notizie dall’Isola del malessere creatosi per il vergognoso valor del latte ovino, deprezzato non si sa bene perché, ma ora i pastori non possono più tirare avanti.
Non voglio assolutamente giudicare le motivazioni addotte al tavolo delle trattative che vede in primis l’industria giustificare e consolidare la posizione di avvalorare il latte a un prezzo che di ridicolo non ha nulla ma molto di tragico.
Forse non si tiene conto, se non si vuole comprendere che la legge di mercato a volte deve essere superata dai valori, da quei valori che si devono riconoscere assolutamente nelle persone che operano in campagna, in montagna, sulle colline e nei territori straordinari ma difficili, faticosi, pericolosi come quelli della Sardegna.
Un territorio che nasca dalla pastorizia e che vuole continuare con tale antica arte.
Neppure le coste sarde sono paragonabili alla bellezza della pastorizia, alle persone che nascono con una mano che accarezza l’agnello, la pecora. Cosa c’è di più bello che l’arte dell’allevamento allo stato brado, che bacia la natura e che della natura ne conserva le caratteristiche.
Pensate a cosa sarebbe la Sardegna senza le pecore che pascolano. E non mi riferisco solo alla poetica visione di greggi che vagano sulle montagne ma ai cambiamenti morfologici che il territorio subirebbe senza la loro preziosa presenza.
E qui scatta la visione futura di un popolo, quello dei pastori sardi, che protestano per il prezzo del latte.
Ma vi rendete conto che il valore del latte non ha valore?
Il latte delle pecore sarde, di nascita e di razza, non è solo il frutto del faticoso lavoro dei pastori e il loro sostentamento, è il miglior modo di fare politica sull’Isola, una politica fatta di gente e animali che fanno del territorio isolano quello che è, quello che è stato e se vogliamo, quello che sarà.
E qui scatta la protesta, che è a mio parere del tutto politica, di quella politica che dovrebbe far bene a un territorio e non solo a una categoria, una categoria ancora considera poco, pochissimo, nulla.
Non giudico neppure il costo per chi acquista e l’insufficiente ricavo di quei pastori che vendono il latte, giudico il sistema.
Un sistema che dovrebbe essere molto più attento, non solo al risultato della trasformazione casearia, ma di tutto ciò che è conseguenza del lavoro in pastorizia.
E quindi le parti, sul tavolo delle trattative non possono essere due, chi compra e chi vende, ma tre, una terza forza, quella politica che affermi e che consideri gli enormi benefici che la pastorizia porta all’Isola.
Con queste considerazioni il prezzo del latte delle pecore sarde non avrebbe limiti, sarebbe di incommensurabile valore.
Non avrebbe prezzo.
Ma la politica, quella sarda e quella nazionale, non hanno il giusto peso.
Dimenticano che se i pastori sardi si rompono davvero, chiuderanno i battenti, smetteranno di lavorare, manderanno i loro figli in fabbrica, in comune dietro una scrivania, ma non al pascolo.
E di conseguenza si avvertiranno declini del territorio, con conseguenti notevoli costi per la sua conservazione, costi che comuni, province, regione e stato, litigheranno per chi dovrà sborsare denaro.
Sono poche considerazioni, davvero potrei continuare a lamentare che se non si valuta bene la situazione i danni verranno, economici, sociali e naturalistici.
E la protesta, giusta, dei pastori sardi, continua, anche con dimostrazioni di forza che vede molti di loro gettare il latte per strada, nelle fogne.
Non fatelo!
Distruggere il latte è un po’ come distruggere tutti noi, è come giustiziare le pecore che tanto amate, è come pugnalare un amico un famigliare.
E’ un tipo di protesta che fa male a voi stessi e a tutti noi che amiamo questo straordinario prodotto dal quale si può ottenere il vero frutto della pastorizia, il formaggio, alimento della vostra e nostra storia.
Distruggere il latte fa più bene a chi lo dovrebbe super-pagare che a voi stessi. E’ una protesta che non interessa nulla a chi deve acquistare il latte, spesso burocrate amministratore, che non conosce, non capisce il formaggio e di conseguenza il vero valore del latte. Non gettatelo, fate solo una cortesia a chi non ve lo vuole pagare giustamente.
Piango quando vedo l’oro bianco sparso sull’asfalto, piango quando vedo pastori che si filmano nell’atto di aprire il rubinetto per versare il latte sul pavimento.
Non fatelo, non è la protesta giusta.
Non sono esperto di manifestazioni pubbliche non sono esperto di proteste, ma conosco le cose giuste, le cose buone, le cose che possono migliorare e vi garantisco che buttare via il latte non è né buono e neppure ragionevole.
E’ una contestazione nella contestazione che ha meno valore della vostra. Ma la ragione logica, della vostra protesta , che faccio mia, è salvaguardia della pastorizia sarda, dei vostri valori storici, del valor del vostro territorio, che sposo, dei valori del vostro lavoro faticoso, bellissimo e del frutto finale del pascolo, il vostro formaggio.
Sono con voi, vorrei poter acquistare tutti i formaggi della Sardegna, soprattutto quelli che nascono in questi giorni di protesta nelle piazze. Sono tante le cose che vorrei potessero emergere da questi momenti nei quali i pastori e le loro famiglie soffrono per il loro inimmaginabile futuro.
Forse la forte coesione dei pastori, nata anche dai momenti critici che stanno vivendo, potrebbe far scaturire progetti di unione, di cooperazione, magari per la formazione di gruppi, di associazioni, atti non solo per un maggior riconoscimento del valore del latte ma anche per la creazione di caseifici che, come in tanti altri luoghi dell’Italia del formaggio, sono realtà del tutto funzionanti. Chissà, forse con queste prospettive reali, il prezzo del latte salirà.
Chissà!
di Michele Grassi