Il vino Perpetuo

Il vino Perpetuo. Breve storia di una botte 1903

 

 

Conservava dopo 114 anni un racconto autentico di terra di Sicilia, fatto di mare e sentori agrumati. Oggi rappresenta una storia da conoscere, che vede tanti produttori della zona impegnati a raccontarla prima in botte e poi in bottiglia

 

1903. Riscrivo. Millenovecento…tre.

Ho guardato più volte quella botte, cercando di calcolare con le dita quanti anni ci separassero in quel preciso istante.

“1903” ho ripetuto in testa, mentre la parte posteriore della lingua cominciava a salivare, potrebbe sembrare un dato irrilevante a chi non mastica di vino, forse anche un po’ surreale, ma il bello di questo viaggio di non ritorno è che i sensi prendono altro valore, si rianimano. Il naso recupera la sua funzione indagatrice e la lingua ci offre prove inappuntabili. Una spiccata salivazione ai lati dell’organo del gusto, nella parte dietro è, infatti, sintomo di una spiccata acidità, uno dei caratteri che incominci ad apprezzare dopo qualche bottiglia stappata e che insieme al tannino, quest’ultimo riguardante soprattutto i vini rossi, conferisce capacità di durata nel tempo alle nostre bottiglie.

Ecco quel vino, in quel preciso istante, mi stava disarmando.

 

Prelevato poco prima dalla botte conservava dopo 114 anni un racconto autentico di terra di Sicilia, fatto di mare e sentori agrumati. Trovarmi di fronte a un vino che ha il suo principio in una storia ultracentenaria ed impressionarmi per l’ottima forma.

Marsala, luglio 2017, Cantina Marco De Bartoli. Giuseppina, la figlia, aveva appena preso dalla botte con la pipetta un po’ di vino. Doveva per ragioni di set, roteare un bicchiere mostrando a favor di camera quel liquido ambrato, e lei aveva scelto proprio quella botte lì, con sopra segnata a gessetto la data 1903. Non avrebbe bevuto quel vino, così non perdemmo un attimo per degustarlo una volta finite le riprese.

Nel nome c’è un destino o forse è il destino a scegliersi il nome, e così “Perpètuo” “che durerà per sempre” è la definizione di un mondo ed un racconto che ho scoperto solo qualche anno dopo da quell’emozione.

Si tratta di un’antica tradizione siciliana che precede di molto la storia del fratello Marsala, divenuto poi uno dei vini più famosi al mondo complice un avventuriero inglese, John Woodhouse, che a causa di una tempesta nel 1773 attraccò al porto del paesino siciliano e scoperto il Perpetuum decise di portarlo in Inghilterra addizionandolo con alcol, per conservarlo al meglio fino alla destinazione. Ma quella del Marsala è storia nota. Il Perpetuo, invece viaggia su un terreno di racconto meno battuto, ma che custodisce una forza narrativa capace di comprendere le radici della nostra cultura.

Tremila anni di storia, un certificato di nascita incerto che risale fino alle dominazioni dei fenici e dei cartaginesi dell’isola. Da sempre un prodotto da custodire in famiglia che nasceva dalle vite ad alberello, una tecnica di coltivazione che favorisce la verticalità, garantendo in terreni siccitosi la conquista da parte della radici del sottosuolo, dove trovano sostanze nutrienti utili per la crescita.

Vino ossidativo, destinato a durare nel tempo. Spesso a contenerlo una botte di castagno e rovere per ogni annata, conservata gelosamente dalle famiglie del marsalese. Poi ad ogni prelievo di vino corrispondeva l’azione del rabbocco che veniva effettuato con le vendemmie più recenti, tecnica antica conosciuta da molti con il nome di “metodo Soleras”. Portato in tavola per festeggiare le grandi occasioni e tramandato di generazione in generazione, destinato a durare per l’eternità. Col il cambiare delle abitudini, però, questa pratica antica ha rischiato di perdersi, con l’emergere di una società sempre più consumistica, si è rischiato di dimenticare il senso vero del custodire, del mantenere a lungo.

Di quel 1903 Marco De Bartoli, che ci ha lasciato purtroppo nel 2011 all’età di 66 anni, è andato alla ricerca come di altre annate preziose. Girando tra le famiglie marsalesi e del trapanese è riuscito a recuperare botti spesso dimenticate, costruendo un patrimonio dal valore storico e sociale unico. Riportare il Perpetuo, vino senza tempo, ai fasti di un tempo è stata la sua missione che continua a camminare, con nuovi visioni, nel fare attento dei suoi figli Renato, Sebastiano e Giuseppina.

Oggi il Perpetuo rappresenta un vino, una storia da conoscere che vede tanti produttori della zona impegnati a raccontarla prima in botte e poi in bottiglia. Una storia che resiste, che non cede il passo facile alle tentazione di tempi veloci e più immediati. Così capita che degustandone un calice si finisca a riflettere sul valore degli anni, delle attese e dell’atto sempre più raro del custodire.

 

( Fonte Uffingtonpost.it )

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