Susumaniello, Negroamaro e Primitivo sono i vitigni che hanno fatto conoscere l’enologia di un territorio ricco anche di paesaggi e architetture da scoprire ( aggiungo il nero di Troia nota di Roberto Gatti ).
( Un’immagine della località Torre dell’Orso sulla costa salentina )
Mare da sogno, bellezze naturali e artistiche, enogastronomia eccellente, tradizioni antiche e ospitalità moderna. Poche mete possono vantare come il Salento un così gran numero di luoghi comuni, tutti corrispondenti a verità. Eppure, c’è ancora spazio per visitare la penisola pugliese in modo originale: ad esempio, seguendo le tracce di tre vitigni storici a bacca rossa – Susumaniello, Negroamaro e Primitivo -,
( pianta di primitivo )
per scoprire quanto un vino possa svelare con passione i tratti distintivi di un territorio, fino a diventare il promotore di un nuovo sviluppo e della tutela del paesaggio.
( Marina di Pescoluse, le Maldive del Salento )
Il Susumaniello è un vitigno a bacca nera prodotto prevalentemente nella provincia di Brindisi. Il suo nome deriva dalla grande quantità di uva prodotta, esclusivamente in età giovane, che carica le piante di grappoli come un somarello. La tradizione lo vedeva presente nei vigneti del Salento insieme al Negroamaro e alla Malvasia nera, poi la sua coltivazione è stata pressoché abbandonata, fino a diventare una vera e propria rarità. Tenute Rubino, la realtà aziendale di 200 ettari tutti nel Brindisino animata dall’entusiasmo del suo giovane patron Luigi Rubino, ne ha ripreso la coltivazione attraverso una selezione operata su un vigneto di 75 anni. Sono così nate due etichette che esprimono le migliori caratteristiche di questo vitigno e che offrono anche l’occasione per scoprire una città – Brindisi – che vive sul mare e sul suo storico porto, considerato tra i più belli d’Italia. Non distante è la riserva di Torre Guaceto, con le sue dune spettacolari, una natura incontaminata e il mare cristallino.
Spostandoci verso la provincia di Lecce entriamo in pieno Salento, terra d’elezione del Negroamaro, il più conosciuto tra gli autoctoni regionali pugliesi. I suoli prevalentemente argillosi e il clima caldo e asciutto, danno vita alle uve ideali per le migliori espressioni di questo vitigno, sia nella vinificazione in rosso che in quella in bianco, con rosati profumatissimi che reggono il confronto con tutte le meraviglie del luogo, dall’agnello al caciocavallo e ai frutti di mare. In passato il Negroamaro è stato conosciuto unicamente come vino da taglio per migliorare i vini del Nord Italia con il suo intenso colore e la struttura alcolica.
Dalla metà degli Anni 70, grazie al lavoro di alcuni produttori che hanno posto come loro obiettivo la qualità, il Negroamaro è riuscito a farsi conoscere come vino dai grandi contenuti enologici e dalle eccellenti qualità organolettiche. A lui si può senz’altro attribuire il primato nella «nouvelle vague» dell’enologia pugliese moderna. Il vitigno costituisce la base di molti dei migliori vini del Salento: tra le aziende presenti in quest’area si distingue Conti Zecca, di base a Leverano, che sul Negroamaro in blend con il Cabernet Sauvignon ha costruito la punta di diamante della produzione aziendale. E se tra i 320 ettari dell’azienda spicca la tenuta Donna Marzia, sottratta alla famiglia Zecca durante la seconda guerra mondiale per trasformarla in aeroporto militare tedesco e poi restituita alla fine del conflitto, a due passi c’è da scoprire Lecce, la capitale del Barocco. Un teatro di infinite quinte a cielo aperto che sprigiona stupore a ogni passo.
La Provincia di Taranto, conosciuta anche come Messapia, è per definizione la terra del Primitivo, un vitigno versatile, che dà vita a vini piacevoli, potenti e che insiste su suoli differenti: da calcareo a sabbioso e dalla terre rosse a quelle nere, prevalentemente argillose. In quest’area e più precisamente a Manduria, cuore produttivo del Primitivo del Grande Salento, ha sede una delle realtà consortili più antiche della Puglia: il Consorzio Produttori Vini. Con una base di 900 ettari e 400 piccoli soci viticoltori, questa cooperativa è sempre stata al centro dell’evoluzione storica del territorio. Proprio in virtù del suo radicamento e dell’attenzione prestata in termini di valorizzazione, il Consorzio ha contribuito in maniera determinante allo sdoganamento del Primitivo, per troppi anni considerato vino buono solo per allungare i vini del Nord e non meritevole della dignità dell’etichetta. Il top della gamma è un Primitivo non filtrato concepito sulla falsariga di quello dei padri contadini.
La sede della cooperativa ospita il Museo della civiltà del vino Primitivo che custodisce reperti, oggetti e strumenti che documentano la vita contadina a Manduria, l’antica capitale dei Messapi con le sue grandi mura, il ghetto e le vecchie masserie disseminate nelle campagne circostanti, dove scoprire un’ospitalità autentica e ricca di sapori.
( Fonte La Stampa )