I cantori del vino si gonfiano come pavoni, con coda a 180 gradi, nel sciorinare millanta , per dirla alla Veronelli, riconoscimenti olfattivi.
Piu’ ne elencano e piu’ si sentono esperti di vino, ma non funziona cosi’ : è pur vero che la natura umana ci ha dotato di un grande ed immenso strumento olfattivo, ma i riconoscimenti che effettivamente e realmente l’uomo è in grado di captare, senza ricorrere alla fantasia e suggestione, a mio avviso, non superano le dita di una mano !
Tra i piu’ abusati, negli ultimi 10 anni, il termine “ MINERALITA’ “ , orbene chiariamo una volta per tutte riportando al momento una categorica dichiarazione del Prof. Luigi Moio, docente di enologia all’Università di Napoli :
“ la percezione minerale nei vini è frutto di pura fantasia, o quantomeno determinata da anomalie e trasformazioni che nulla hanno a che fare con il terroir “.
Aggiunge il Prof. Giacomo Buscioni, agronomo esperto in microbiologia del vino :
“ ciò che arriva dal terreno (quindi anche quella che molti definiscono “mineralità”) non è presente in alcun modo nell’acino e non può esprimersi dopo la fermentazione, la maturazione e l’affinamento del vino ottenuto. Microbiologicamente nessuna traccia riscontrabile che possa giustificare quei riconoscimenti che a volte percepiamo nei vini come sensazioni di ferro, calcare, roccia sgretolata, fossili, pietra focaia (ma potremmo anche allargarci alle sensazioni iodate e marine) “.
Non possiamo dimenticare che il termine scatena anche emozioni, poesia, il bello è anche questo, ma dal punto di vista scientifico non esiste”.