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La ricchezza del “Primitivo” e la povertà del viticoltore

Volentieri pubblico queste riflessioni di un manduriano doc, la situazione non è rosea per i viticoltori locali

Buona lettura

RG

 

Ogni anno, nel mese di settembre, parlare del vino Primitivo è d’obbligo. L’ho fatto anch’io. Ogni volta ho cercato di evidenziare che la filiera economica del nostro più importante prodotto agricolo è “anomala”.

Anche in questo settembre si sta parlando e scrivendo positivamente del riscontro che continua a ricevere il vino di Manduria. Non ultimo la notizia, riportata da questa testata, sulle ottime quotazioni di alcune etichette di Primitivo in alcune vendite all’asta on-line.

Ciò fa bene a tutti gli operatori della filiera vinicola. Volutamente ho scritto vinicola e non vitivinicola per rimarcare ciò che dicevo prima e cioè che il settore del vino presenta un’anomalia, rappresentata dall’anello debole del viticoltore. L’attore principale della filiera, cioè chi produce la materia prima, è il meno riconosciuto economicamente nonostante corra i rischi più elevati rispetto a tutti gli altri operatori.

 

Chissà quanti viticoltori hanno tribolato lo scorso pomeriggio nel vedere il formarsi del temporale e lo scrosciare, fortunatamente, della sola acqua.

Presidenti di cooperative e trasformatori-commercianti privati hanno decantato, anche quest’anno, l’ottima qualità del prodotto! I prezzi offerti dai commercianti per l’uva Primitivo non stanno superando le 60 € al quintale. Prezzo riservato a uva con grado zuccherino per la DOP. In queste condizioni i quintali massimi previsti per ettaro raramente sono raggiunti, anzi spesso rimangono vicino la metà, cioè 50-60 q/ha. Questi numeri ci portano a un ricavo massimo (per 90 q/ha) di circa 5000 €/ha.

I costi di produzione di un ettaro a vigneto prevedono mediamente una ripartizione di un terzo per il costo lavoro e due terzi per tutte le altre spese. Per un ettaro di vigneto occorrono circa 50 giornate di lavoro che al costo unitario di € 50 fanno 2500 €/ha (compreso contributo assicurativo e comunque al di sotto quanto previsto dal CCNL comparto agricoltura). Con il rapporto 2 a 1 è evidente che i restanti costi ammontano a 5000 €/ha e quindi un costo totale di produzione pari a 7.500 €/ha. Ciò è un abisso rispetto al valore di mercato offerto ma anche liquidato dai bilanci cooperativi.

Per realizzare un vigneto a Manduria occorrono circa 30.000 €/ha (terreno e impianto) però se oggi si vuole vendere lo stesso vigneto il mercato fondiario offre un prezzo pari alla metà. Un motivo ci deve pur essere.

Laddove il riconoscimento ai viticoltori (ma anche ai vinicoltori) è più equo anche i terreni hanno valori di mercato molto più alti. Noi rappresentiamo, a mio avviso, il valore minimo, in Sassicaia (toscana) un ettaro di vigneto è quotato oltre mezzo milione di euro perché una bottiglia di vino non è venduta sotto i 100 euro.

In questo momento, c’è da dire, che prezzi così bassi potrebbero favorire l’ampliamento fondiario e il ricambio generazionale. Questa è l’unica cosa buona che riesco a vedere in questa triste storia della viticoltura manduriana.

 

( Fonte La Voce di Manduria )