Home News La signora del vino calabrese che fa incetta di premi all’estero

La signora del vino calabrese che fa incetta di premi all’estero

«I miei figli? Greco e Magliocco, vitigni autoctoni che ho riscoperto tra le tante varietà ereditate da mio padre. Quando ho iniziato a occuparmi dell’azienda ho selezionato le marze, eseguito delle microvinificazioni e scelto l’uva più ricca di gusto e di profumi, affidandomi solo alle mie sensazioni».

 

Lidia Matera ha scelto bene. I suoi vini prodotti in provincia di Cosenza, da un terroir particolare per posizione geografica, composizione del suolo e clima, da anni ricevono premi e riconoscimenti. L’ultimo, qualche giorno fa: due medaglie di bronzo con i rossi del 2013 Cariglio ((Magliocco dolce, Magliocco canino 100%) e Ipazia (Nerello cappuccio e mascalese 100%) al Decanter World Wine Awards 2015, tra i più importanti concorsi vinicoli a livello mondiale, al quale hanno partecipato 16mila etichette da tutti i continenti.

 

Terre Nobili, vigneto_alto

 

La saudade dell’agronoma

 

La Tenuta Terre Nobili è a Montalto Uffugo ed è una delle 60 aziende vitivinicole della provincia cosentina, tutte di alta gamma. Un vasto appezzamento (36 ettari) tra Sila e mare, molto argilloso, coltivato già negli anni ’60: il padre di Lidia, un ingegnere appassionato di agricoltura, allevava vitigni tipici del luogo insieme ad altre varietà. E alberi da frutto, compreso un uliveto. «Tra Sangiovese e Gaglioppo qui c’era di tutto – ricorda Lidia – per questo ho dovuto selezionare le viti, prediligendo quelle autoctone». Nonostante il disappunto della famiglia, l’imprenditrice calabrese studia Agraria a Bologna: il liceo classico frequentato a Cosenza non la spinge verso studi umanistici. Lavora nell’entroterra emiliano come tecnico per un’associazione di produttori agricoli, redigendo piani di concimazione, stabilendo tecniche di potatura e innesti. Ma agli inizi degli anni Novanta vuole tornare: la “saudade” è irresistibile.

 

Terre Nobili filari di Greco

 

Tradizione, innovazione e vendemmia notturna

 

Lidia è un’agronoma esperta e tutte le competenze acquisite a Bologna («compresa quella di girare i tortellini sul mignolo», dice scherzando) le rivolge alla sua tenuta. Fa parte di quel 30% di donne che guida in Italia aziende vitivinicole (sono 115 mila e il 70% produce vini Doc o Docg), mostrando un profondo attaccamento alla terra e alle proprie radici. Lidia si insedia e rinnova i vigneti e gli impianti, acquista attrezzature, ristruttura i fabbricati. E’ una rivoluzione che conduce con determinazione ed entusiasmo: per la selezione dei vitigni ricorre alla microvinificazione, una tecnica propria dei centri di ricerca, che lavora su piccoli volumi. Di fatto una simulazione, che consente di scegliere le viti da propagare e di valutare l’attitudine enologica dei vitigni.

 

«Qui è ammessa tutta la tecnologia possibile, purché si rispetti l’uva – puntualizza Lidia Matera – per questo, ad esempio, la raccogliamo di notte, vogliamo che arrivi fresca in cantina. Anche questa è una scelta tecnica». La vendemmia notturna infatti, tra i 18 e i 20 gradi di temperatura, evita la fermentazione dell’uva durante il trasporto, consentendo poi un raffreddamento più rapido (e dunque un considerevole risparmio energetico) prima della pressatura, ideale a 10, 12 gradi per mantenere intatto il patrimonio aromatico delle uve. Sulle viti vengono eseguiti 44.000 interventi di sfogliatura, sull’uva le analisi sensoriali più accurate. Anche sull’odore delle bucce, la consistenza della polpa, il gusto dei vinaccioli, «che mi dice che la pianta è pronta quando hanno il sapore del cioccolato».

 

Donna imprenditrice contro i pregiudizi

 

La mentalità del posto è stata a lungo ostile a Lidia: «Una donna imprenditrice qui viene difficilmente considerata come un caposquadra», spiega. Ma non si è mai arresa: «Quando mi dicevano che quello che chiedevo io non si poteva fare, li mettevo di fronte all’evidenza: facevo tutto da sola, pretendendo però che mi guardassero». Dopo la morte del padre, ha formato un nuovo team e ora tutti le riconoscono il ruolo. «In 20 anni siamo passati da 8mila a 80mila bottiglie, pochi dipendenti fissi, molti stagionali, in genere sempre gli stessi. Siamo ancora piccoli, ma non vogliamo sacrificare la qualità del prodotto. Ho contenuto i prezzi e scelto le bottiglie più belle: volevo che il mio vino fosse bevuto, circolando nelle enoteche e nella media e alta ristorazione». Adesso i suoi rossi Teodora (Nerello cappuccio e Mascalese 100%, invecchiato in barrique per 24 mesi), Cariglio, Alarico (Nerello cappuccio e mascalese 100%, 5 mesi in barriques), Ipazia, il rosato Donn’Eleonò (Nerello 50%, Magliocco 50%) e il bianco Santa Chiara (Greco 100%), sono apprezzati al Nord e anche all’estero.

 

Premi internazionali e un sogno per il futuro

 

E ricevono premi internazionali e menzioni d’onore: Alarico 2012 è stato Second Best Red Wine alla rassegna “Sense of Wine” di Roma; Cariglio 2010 medaglia d’argento al Concorso Mondiale di Bruxelles; Teodora 2010 miglior vino rosso d’italia secondo l’esperto Luca Maroni; Santa Chiara 2010 Encomio particolare al Decanter World Wine Awards del 2012, per citarne solo alcuni. Una grande soddisfazione per una donna che ha fatto della propria azienda una ragione di vita: «Sono fiera del mio percorso. E’ stata una scelta d’amore verso un progetto che condividevo con mio padre. Ho avuto il coraggio di sognare come lui mi ha insegnato». Lidia oggi è una donna di successo, piena di amici che raduna ogni domenica intorno alla sua tavola. Dicono che la sua cucina sia insuperabile, perfetta fusion emiliano-calabrese. «Sono una donna felice – ammette – ma lo sarò ancora di più quando vedrò i miei nipoti, che vivono e studiano a Bologna, dedicarsi con amore a questa terra».

 

 

( Fonte http://food24.ilsole24ore.com/ )