Home News L’egemonia del Barolo mette a rischio gli altri vini delle Langhe

L’egemonia del Barolo mette a rischio gli altri vini delle Langhe

Dolcetto e Freisa sono diventati meno a la page e le coltivazioni spariscono

( di Carlo Petrini )

 

Nel 1929 Ferdinando Vignolo Lutati scriveva un’opera dal titolo “Sulla delimitazione delle zone a vini tipici” nel quale passava in rassegna le Langhe identificando e mappando i cosiddetti cru, ovvero le zone in cui veniva prodotto un vino degno di attenzione per esposizione, terroir, storia, tradizione e adattamento.

Da allora il mondo dell’enologia ha subito trasformazioni enormi, le tecniche di produzione hanno fatto passi da gigante così come il modo di lavorare le vigne e la meccanizzazione è entrata in maniera dirompente in quasi ogni fase del processo di produzione. Tuttavia, se c’è una cosa che è cambiata in maniera radicale e forse inimmaginabile da quando Vignolo Lutati scriveva il suo atlante dei cru, è certamente la percezione che si ha oggi, da parte del pubblico, del prodotto vino.

Siamo di fronte a un mercato in continua crescita, con fiere di settore che proliferano in ogni angolo del mondo, nuove zone di produzione che entrano con forza (e qualità) sui mercati, con Paesi in cui il vino non ha mai rappresentato una bevanda diffusa tra la gente che si affacciano massicciamente al consumo di questo “nuovo” prodotto. Come sempre, quando l’interesse e la conoscenza nei confronti di una produzione agricola (non dimentichiamoci che fare vino significa innanzitutto lavorare la terra e fare agricoltura), la notizia va salutata con piacere e soddisfazione, perché questo si traduce anche in economie sane per i territori e per i produttori, in crescita dell’indotto (turismo, ristorazione…), in possibilità di non abbandonare le campagne, in posti di lavoro. Per chi come me è langarolo, poi, dire queste cose è come scoprire l’acqua calda. Basta infatti alzare lo sguardo alle meravigliose colline di questa parte di Piemonte per capire quanto il vino giochi un ruolo centrale, anche identitario, nell’economia e nella socialità di questa zona.

Detto questo, negli ultimi anni questa grande attenzione alla Langa come zona vinicola d’eccellenza si è sempre più concentrata sui grandi vini rossi, Barolo e Barbaresco, che indubbiamente rappresentano la punta di diamante dell’enologia locale. Al punto tale che non è raro vedere vignaioli strappare terreni ad altre coltivazioni e sostituire con il nebbiolo vigneti bellissimi di Barbera, Dolcetto, Freisa, vini meno à la page ma fondamentali per raccontare l’anima del territorio, la sua storia agricola e la sua unicità. Perché questa, come quasi tutte le zone vinicole di maggiore tradizione in Italia e non solo, è una zona che ha sempre fatto della diversità la sua caratteristica peculiare. Ecco il punto. Come in ogni situazione di crescita, la parte difficile è quella del governo del limite, la capacità di gestire l’espansione e l’attenzione crescente (ormai i terreni da Barolo hanno raggiunto quotazioni record e sono sempre più oggetto di acquisto di grandi realtà estere) senza farsi obnubilare dalle maggiori possibilità di profitto, perché la ruota gira sempre e la diversità è l’unica risposta valida ai cambiamenti.

Tornando alla citazione iniziale di Ferdinando Vignolo Lutati, c’è una cosa che va aggiunta. Quando lui fece il lavoro di identificazione dei cru di Langa, le parcelle considerate migliori non erano, contrariamente a quanto potremmo facilmente immaginare, quelle in cui si coltivava il Nebbiolo da Barolo. Al contrario, nelle aree tenute in maggiore considerazione si piantava la Barbera, allora considerato il vino più nobile. Non solo, ma senza arrivare agli anni Venti del Novecento, ricordo ancora con chiarezza che, all’inizio della mia carriera di appassionato di vino, il Dolcetto veniva in molti casi venduto più caro del Barolo, e addirittura tanti produttori “obbligassero” i clienti a comprare Barolo se volevano avere anche Dolcetto. Questo è il segno evidente e tangibile che le sensibilità e le percezioni cambiano, e che solo un territorio che sa valorizzare, difendere e comunicare la sua complessità

 

può davvero avere una prosperità dalla lunga vita e dalle basi solide. Quando sento di produttori che vogliono espiantare Dolcetto e Barbera per coltivare Nebbiolo mi fa male il cuore, perché significa rinnegare quello che è in definitiva il vero valore della viticoltura di Langa, fatta di diversità di terreni e dunque di caratteristiche che diversamente si adattano a vitigni evolutisi nei secoli, insieme ai vignaioli, per dare ciascuno il meglio di sé.

 

 

( Fonte Repubblica )

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.