Home DEGUSTAZIONI VINO Manca la visione d’insieme

Manca la visione d’insieme

Manca la visione d’insieme


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di Matteo Marenghi


 


 


 


Il vino è una bestia strana, è un cerbero non bifronte ma multifronte, è leccezione più originale dellintero settore agroalimentare. È lunico prodotto della terra le cui quotazioni oscillano da 0,2 euro al litro a decine, non raramente centinaia, e perfino migliaia di euro la bottiglia. Questo è il vino.


 


Se a ciò aggiungete lItalia, che più di altri paesi assomma modalità produttive talmente differenziate da divenire antitetiche, ottenete una miscela esplosiva, un oggetto non più riassumibile né definibile. Eppure anche lItalia del vino ha bisogno di una somma, di una sintesi, perlomeno se vuole dialogare con le istituzioni, con i consumatori, e con la stessa filiera produttiva. E quella del dialogo non è unopzione, bensì unesigenza vitale.


 


Come fare a difendere il vino, ad esempio, se non si tratteggia correttamente cosa rappresenta il vino ed il suo intorno? Ma anche come tutelare gli interessi dei produttori se non si coglie laspetto unificante della produzione?


 


In Italia il produttore è sia il pensionato ultrasettantenne che coltiva, con passione, qualche centinaio di metriquadri di vigne, sia il grande gruppo, magari inserito in una multinazionale, che gestisce diverse centinaia di ettari, in regioni differenti, e vende direttamente sui mercati del mondo.


 


Chi fa la somma di interessi così differenti? Nessuno.


 


LItalia del vino è lItalia agricola descritta dalle organizzazioni sindacali, assieme a quella tratteggiata dalle diverse federazioni che raggruppano le cantine sociali, ma è anche quella degli industriali, degli imbottigliatori, quella dei consorzi, quella dei commercianti e delle loro associazioni. Negli ultimi anni lItalia del vino è divenuta anche quella dei supermercati, con le loro politiche e le loro pressioni, che apparentemente nulla hanno in comune con la filiera vitivinicola, ma senza i quali milioni di ettolitri di vino italico non giungerebbero sulle tavole dei consumatori.


 


Oggi non si può più parlare di vino se non si considerano sempre, simultaneamente, tutti questi aspetti. E infatti spesso non si parla appropriatamente di vino.


Qualche esempio? Il dibattito sulla prossima Ocm di settore, oppure, appena prima, la discussione (inutile, perchè tutto si è bloccato) sulla possibile nuova 164, oppure la diatriba mai sopita sulle modalità di organizzazione dei controlli.


 


Non si va avanti nelle tematiche, a meno che non vengano imposte dallesterno, come sarà per la prossima Ocm, perchè non esiste un soggetto, interno al mondo del vino, che abbia una visione di insieme del comparto.


 


Abbiamo solo interlocutori che portano le proprie istanze e quelle dei settori che rappresentano. Istanze assolutamente lecite ma che se non trovano punti di coesione con le richieste (altrettanto lecite) dei soggetti che rappresentano altri interessi, non producono nessuna aggregazione e nessun progresso.


 


Da cosa cominciare? Sicuramente dalle esigenze del mondo del consumo. Chi oggi intende tutelare la produzione non venendo incontro contemporaneamente alle richieste del consumatore, non è un mediatore efficace per il mondo del vino. Quindi basta con le chiusure su controlli, garanzie, presentazione ed etichettature dei vini.


 


Il secondo passo sarà la maggiore consapevolezza che, per funzionare, la filiera deve gratificare tutti i soggetti coinvolti. Limbottigliatore che affama il produttore di uve, o il viticoltore che ricatta il trasformatore (fenomeno meno diffuso) lavorano, efficacemente, alla propria rovina e a quella dellintero settore. 


( Fonte Infowine )