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Mille di questi millesimi

Se la tradizione e la storia della regione dello Champagne privilegiano i vini senza annata, quelli ottenuti dalle uve di una sola vendemmia rappresentano un mondo di rarità da non perdere

La vera arte Champenoise per molti risiede nei vini senza annata, ma se davvero volete provare emozioni forti e capire come è stata la produzione di un determinato anno, l’unica strada è approcciare il favoloso mondo dei millesimati, sempre sorprendente e ricco di aneddoti da raccontare. La tradizione e la storia di questa regione – dove per ragioni climatiche la qualità della vendemmia può cambiare in maniera anche drammatica – per motivi enologici e commerciali hanno sempre privilegiato i vini senza annata, preferendo offrire continuità di gusto e stile a una clientela affezionata. Ciò non toglie che, in casi molto favorevoli (in passato semplicemente annate più calde), si possa imbottigliare un millesimato, ovvero uno Champagne ottenuto esclusivamente (e non ci sono deroghe) da uve di una sola vendemmia, quella appunto del millesimo riportato in etichetta. Una rarità vera, perché stiamo parlando del 15% delle bottiglie prodotte in media in questa regione. Un’annata particolare come il 2003 ha battuto il record storico di precocità e calore con grande maturità delle uve, debole acidità e ph elevato, tutti elementi non promettenti per la qualità e soprattutto longevità del vino a venire. Ma anche quest’annata ha avuto vini memorabili come il Krug 2003, sontuoso eppure inaspettato: l’acidità e la tensione sono incredibili per l’annata; è soprattutto floreale, con sentori di ginestra e rosa thea, biancospino e pompelmo rosso, bacche di goji e camemoro, caramello e sandalo, caffè e cardamomo; la bocca è giovanissima e ficcante, con finale sospeso tra ruggine, rum, iodio e sale. Goloso a modo suo, con note di pasticceria e castagne, è bizzarro e muscoloso, ma con un’eleganza che si vedrà sulla distanza, benché sia già ampiamente godibile. Molto diverso, seppur altrettanto intrigante, il Dom Perignon della stessa annata, qualcosa di irrazionale e inconsueto, oltre a una forza, una rabbia e una capacità di scuoterti inaudite per un Dom, solitamente – come nella sontuosa edizione “luce e oscurità” 2004 – più pacato, elegante e docile, generoso e austero, un po’ misterioso, ma sempre ricco aromaticamente e dal punto di vista minerale, seducente e universale per consistenza e freschezza.

 

Da sinistra verso destra: i millesimati Bruno Paillard del 2004 con etichette artistiche personalizzate, quella dell’assemblage firmata dal georgiano Arthur Djoroukhian e il Blanc de Blancs interpretato da Chen Jiang Hong; il Perrier Jouet Belle Epoque 2006; il Dom Perignon 2004; la Grande Dame 2004 di Veuve Clicquot e il Cuvée R. Lalou di Mumm

In casa Perrier Jouët la star del momento è la Belle Epoque 2006, presentata in Italia con una raffinata poesia giapponese, un haiku “Delizia i miei occhi – il tuo bianco ventaglio – mio amata” a sottolinearne le capacità seduttive. La cuvèe 2006, come sempre figlia quasi paritaria di Chardonnay e Pinot Nero, è setosa, con un profilo aromatico che rapisce i sensi, pura espressione di uno stile fatto di fiori bianchi, agrumi, note nocciolate e candite appena accennate, ma che si ricordano a lungo. Sempre dal 2006 arriva l’ultima versione dell’iconico Cristal, tra i primi Champagne a circolare nel jet set e nel mondo dei vip (grazie alle missioni della signora Roederer negli Stati Uniti negli anni ’70). Quest’annata è più concentrata, densa, matura, ma anche fresca. Vino ricco e al contempo tenero, tra arancio candito, iris, mandorle, pesca, note tropicali che in bocca non suonano troppo dolci, anzi sono ravvivate da una freschezza incisiva. In casa Bruno Paillard gli Champagne millesimati sono la quintessenza di una vendemmia nell’interpretazione del suo produttore, il souvenir di un tempo ben preciso, cui ogni Cru e ogni vitigno contribuisce per la sua peculiarità, tanto che ogni millesimo, sia blanc de blancs che assemblage, ha una etichetta artistica personalizzata. Per il 2004, annata mite con clima armonioso asciutto e fresco, abbiamo per esempio per il Blanc de Blancs il tema “Sogni d’infanzia…” interpretato dall’artista Chen Jiang Hong in un inchiostro di china su carta di riso, che risulta un invito al viaggio o al sogno più che giustificato da questo champagne intenso, con note agrumate in evidenza, ma anche di pepe, noce moscata e mandorla dolce che risuona anche in bocca insieme a caffè e liquirizia. L’assemblage 2004 è illustrato invece dal georgiano Arthur Djoroukhian, che ha lavorato sul tema “Armonia, Sinfonia”. Il risultato è un’immagine forte e ferma, benché ricca di colori, incarnazione perfetta di uno champagne quasi ambrato, vivace, in grado di rivelarsi complesso a poco a poco, con ribes, more, ciliegie e arancio rosso, che in bocca si arricchiscono di toni speziati e tostati come cannella, legno di cedro e mela cotogna. La 2004 ha visto nascere anche una delle Grand Dame di Veuve Clicquot più intriganti, con uve Pinot Nero (61%) da Ambonnay, Aÿ, Bouzy, Verzy e Verzenay e Chardonnay (39%, più del solito) da Avize, Le Mesnil e Oger, con note fresche e quasi “alpine”, con frutto rosso sotteso a una campitura di fiori gialli e agrumi, iodio e sesamo, cappero e pesca, bocca compressa e vinosa molto compatta al limite dell’arcigno. Andando più indietro, le annate ormai mitiche su cui puntare sono la 1996, la 2002 e in precedenza 1990, 1988, 1985, che hanno visto prodotti di un livello generalmente elevato. Ma lo Champagne ci piace anche per le sue “eccezioni” ed ecco che un millesimo come il 1999 ha visto nascere un’incredibile versione della Cuvée R. Lalou di Mumm, Champagne frutto di un lavoro certosino di mappatura delle migliori parcelle di proprietà da parte di René Lalou, presidente della casa fino al 1973: questo 1999 ha note di caffè e frutti di bosco, caramella d’orzo, ginestra e mandarino tardivo, e poi una nota leggera di miele di castagno, rafano e zenzero.

 

 

(Fonte businesspeople )