Home News Produrre più nebbiolo da Barolo? Le Langhe del vino si dividono

Produrre più nebbiolo da Barolo? Le Langhe del vino si dividono

Dibattito nel Consorzio di tutela. I viticoltori aderenti alla Cia: «Sarebbe meglio innalzare la qualità e i prezzi»

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Il mercato del Barolo viaggia a gonfie vele: il vino sfuso ha raggiunto la soglia degli 8,5 euro al litro, le uve si vendono a 5 euro al chilo e l’imbottigliamento dell’annata è pressoché completo, senza problemi di giacenze. Sulla base di queste considerazioni, il Consorzio di tutela ha chiesto alla Regione di aumentare per il 2018 la superficie di vigneto da coltivare a nebbiolo da Barolo autorizzando 30 ettari di nuovi impianti (o di riconversioni), 10 in più di ciò che è stato concesso nel 2017.

«E’ una proposta avanzata dopo un’attenta valutazione – spiega il presidente Orlando Pecchenino -. A fronte di oltre 400 domande di ampliamento per un totale di 127 ettari, ci è sembrato opportuno alzare un poco la soglia per consentire ai nuovi produttori e alle aziende più piccole di accedere a un mercato in salute, ma senza snaturare la denominazione o creare effetti negativi sulle quotazioni. In fin dei conti, stiamo parlando di una superficie che è poco più dell’1% dell’intero vigneto Barolo (pari a 2112 ettari, ndr.) e di un vino che uscirà non prima del 2025».

Attenzione alla qualità

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Ma alla Confederazione italiana agricoltori queste rassicurazioni non bastano: i produttori hanno scritto una lettera all’assessore regionale Ferrero e al presidente del Consorzio Pecchenino per esprimere tutte le loro perplessità di fronte a una politica «sempre impegnata nell’ottica dell’aumento degli ettari e quindi delle bottiglie, mentre, con una strategia a lungo termine, si potrebbe portare il territorio, i produttori e i soci del Consorzio a convergere i propri sforzi sulla qualità».

Spiegano il vice presidente Cia Cuneo, Claudio Conterno, e il direttore Igor Varrone: «Non si può parlare solo di ettari in più o in meno, correndo dietro al mercato. La zona di riferimento è fragile e va governata con una strategia lungimirante. E’ incredibile aumentare gli ettari con un costo medio della bottiglia che rimane invariato. Dovremmo lavorare per far crescere la qualità e alzare il prezzo bottiglia. Con questo atteggiamento andiamo nella direzione opposta, a discapito di chi oggi fa un prodotto di qualità».

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I «blasonati»

Dubbi che trovano il pieno appoggio di barolisti blasonati come Elio Altare e Maria Teresa Mascarello. «Così roviniamo ciò che faticosamente abbiamo costruito con dedizione e serietà – dice Altare -. Il fatto che arrivi gente esterna che vuole salire sul carro vincente adesso non è tollerabile. Si può investire in altri territori che devono crescere. Un oggetto è prezioso quando è raro, non inflazioniamolo». Per Mascarello, «rischiamo di fare come il Prosecco. Così agendo, il Consorzio non rispetta il suo ruolo, non tutela e non valorizza il territorio».

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Con l’obiettivo di far crescere ancora la qualità, la Cia propone anche di ritoccare le rese dei vari vigneti: «L’ideale sarebbe fissare 80 quintali per ettaro per il Barolo base, 75 per le Menzioni e 72 quintali per le Vigne. E’ il momento di pensare nelle Langhe e nel Roero al glifosate free: ci piace immaginare il Barolo e il Barbaresco come esempi di alta viticoltura e come veicoli che stimolino tutto il comparto».

 

 

( Fonte La Stampa )