Home Enologia tecnica QUANTO OSSIGENO C’È IN UNA BOTTIGLIA DI VINO

QUANTO OSSIGENO C’È IN UNA BOTTIGLIA DI VINO

Di Stefano Zaninotto – Membro Italiano di CE LIEGE (Confederazione Europea del Sughero); Direttore tecnico Amorim Cork Italia S.p.a.
( Tratto Da l’Enologo – Mensile dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani )

 

 

Mi sono spesso chiesto per quale motivo i libri di enologia terminassero quasi sempre con l’imbottigliamento del vino, come se in quel momento il vino entrasse in un limbo in cui nulla avrebbe potuto modificare l’equilibrio raggiunto durante la sua trasformazione, preparazione e affinamento.

 

Ho dunque fatto risalire la mia osservazione sia alla scarsa conoscenza di base dei processi che il vino in quanto alimento subiva durante la sua vita in bottiglia, sia al fatto che fino a circa 20 anni fa il vino italiano rimaneva essenzialmente in Italia o al massimo sopportava qualche breve viaggio nel resto d’Europa.

 

La ricerca di base e applicata hanno dimostrato che il vino è un prodotto sensibile al suo imballaggio e al contesto in cui viene lavorato. Oltre a questo, le lunghe tratte commerciali, che lo spingono ben oltre la costa del Continente Americano, ne possono acuire ed accelerare le trasformazioni legate all’ambiente che lo circonda.

 

Ossigeno nel vino
Avere un’ottima conoscenza sull’imballaggio del vino è fondamentale per la sua conservazione
Inoltre, l’accresciuta sensibilità e conoscenza dei consumatori, che sempre di più nel vino ricercano sensazioni piacevoli e gli aromi primari delle uve di origine, costringe la filiera di produzione a focalizzarsi sulle trasformazioni che avvengono dopo l’imbottigliamento.

 

Fatte queste prime considerazioni, è legittimo parlare del tappo come parte dell’imballaggio, trattandosi di uno degli elementi fondamentali nella riuscita di un buon imbottigliamento.

 

Conoscere i meccanismi legati al passaggio dei gas, alle cinetiche di ingresso e alla capacità di isolamento nel tempo della specifica chiusura, risulta essere fondamentale per una buona conservazione del vino; permette altresì di concentrare l’attenzione sui fattori di rischio e sui parametri del vino essenziali per evitare trasformazioni inattese e non equilibrate.

Alcune vecchie credenze sull’ossigeno nel vino

In un vecchio quaderno di appunti enologici del 1922, dell’allora direttore della Regia scuola di Enologia di Conegliano Prof. G. Dalmasso, alla voce “Scopo dell’imbottigliamento” egli pecificava “… per evitarne il contatto dell’aria…” e “… per conservare le migliori caratteristiche acquisite dal vino…”.

Già in quegli anni la tappatura avevo lo scopo di evitare che il vino fosse costantemente in contatto con l’ossigeno, ma nel corso degli anni seguenti si è affermata la convinzione (non la conoscenza) che il sughero come materiale potesse “respirare”, permettendo un passaggio di ossigeno consistente e costante dall’esterno all’interno della bottiglia e che proprio questo fosse la sua qualità più importante, permettendo quindi di ottenere nel tempo vini equilibrati e complessi.

Concezione molto poco scientifica, se si pensa che in tutto il regno vegetale la suberina (principale molecola presente nei tappi) viene prodotta ed utilizzata dalle piante come isolante selettivo dall’ambiente esterno.

Come sempre accade in queste situazioni, il primo passo per migliorare la conoscenza di un materiale è trovare un metodo affidabile, ripetitivo e pratico per la misura del parametro da ricercare.

 

Vino sughero tappi
Si pensa che il tappo di sughero permetta un passaggio di ossigeno nel vino molto consistente

Nel caso dell’ossigeno derivante dai tappi, si è dibattuto per un periodo piuttosto lungo, su quale fosse un metodo che potesse permettere la conoscenza dei gas presenti al loro interno e la misurazione dell’OTR (Oxygen Transmission Rate) ossia la quantità di ossigeno che transita nell’unità di tempo attraverso la chiusura, ma che fosse al contempo compatibile con l’uso del materiale: quindi che potesse misurare quello che accade nelle bottiglie tappate.

Possiamo brevemente riassumere in queste poche righe i principali sistemi di misura attualmente in uso:

– MOCOM: sistema di misurazione dell’OTR basato sul flussaggio di azoto attraverso la chiusura bloccata su un collo di bottiglia tagliato, quindi in una condizione non veritiera;

– METODO COLORIMETRICO DI BORDEAUX: che sfrutta l’ossidazione del carminio d’indaco. Da giallo, in stato di totale riduzione, a blu, in stato di totale ossidazione. Ha il vantaggio di provare la chiusura nelle reali condizioni d’uso.

– METODO DELLA LUMIMESCENZA: che comporta l’applicazione all’interno della bottiglia di un sensore in grado di leggere il passaggio del gas dall’esterno all’interno. Anche in questo caso la chiusura risulta effettivamente in uso.

Se questi sistemi sono di per sé differenti, a questo dobbiamo aggiungere che molto spesso l’espressione dei risultati varia di molto in base all’unità di misura considerata, passando da cc/giorno a μL/ giorno mg/giorno mg/mese.

Una nuova visione di insieme sull’ossigeno nel vino

Sicuramente comunque questi metodi hanno permesso di approfondire la conoscenza e l’individuazione di fattori specifici, aprendo un importante dibattito sulla conservazione e conservabilità del vino stesso, che rimane tuttora aperto ed in fase di studio.

Prima di approfondire ulteriormente questi aspetti dobbiamo ricordare che il sughero è composto da circa l’80 % di gas e da solamente il 20% di materiale solido. Ciò permette di far capire i risvolti complessivi del sistema nel suo insieme.

Come sappiamo da studi ormai decennali, nella bottiglia di vino è presente una quantità di ossigeno sia disciolto nel liquido che nella camera d’aria compresa tra il tappo ed il vino.

 

Total package oxygen
Fig. 1 Total Package Oxygen= TPO

L’ossigeno presente deriva da differenti situazioni e come tutti i gas soggiace alle conosciute leggi universali. Genera quindi, sul vino, gli effetti anche deleteri che ben conosciamo relativi alla trasformazione ed all’invecchiamento; ma oltre alla quantità residua presente nel liquido, nella fase immediatamente precedente e successiva all’imbottigliamento si può avere un accumulo ulteriore, dovuto a fattori non sempre controllabili, cui a seguire si dovrà sommare quella presente naturalmente nel tappo.

Abbiamo quindi un nuovo concetto legato all’ossigeno: quello che è stato definito T.P.O. o Total Package Oxygen, praticamente la somma delle varie frazioni presenti nella bottiglia al momento della sua chiusura (Fig. 1).

Carpe diem

Risulta evidente che solo la conoscenza della totalità del T.P.O. ci può permettere di valutare esattamente e con buoni livelli di precisione il rischio legato alla conservazione del prodotto nel tempo.

Considerato che l’analisi dell’ossigeno disciolto in bottiglia è normalmente distruttiva, è fondamentale conoscere molto bene le performance dei singoli processi che portano al riempimento della bottiglia, (trasferimento del vino dalla vasca, inserimento nel sistema di microfiltraggio ove esistente, trasferimento nella campana di riempimento, funzionalità del riempimento, funzionamento corretto dei sistemi di compensazione o di depressione, fermi linea eventuali) soffermandoci successivamente anche sulle caratteristiche dei materiali di chiusura e sulle tecniche di utilizzo.

È possibile quindi avere di conseguenza un T.P.O. variabile per partita di vino imbottigliato e in molti casi anche all’interno della stessa partita, ad esempio tra l’inizio e la fine della giornata di lavoro, o alla sostituzione o modifica del materiale di chiusura che come sappiamo presenta sue proprie caratteristiche e O.T.R.. La mancata conoscenza di questa variabilità può provocare la perdita delle caratteristiche del vino, nel tempo necessario alla completa ossidazione dei composti aggiunti come protettori del vino stesso (antiossidanti).

 

Le leggi fondamentali dei gas ci aiutano molto nella lettura di questi accadimenti. La dissoluzione di un gas in un liquido procede fino al punto di saturazione che varia in funzione della temperatura, della pressione e della solubilità. Tale diffusione è massima quanto più la concentrazione dell’ossigeno è lontana dalla concentrazione di saturazione ad una determinata temperatura.

 

Influenza ossigeno vino
Tab. 1 Fattori che influenzano la solubilità ed il consumo dell’ossigeno nel vino

Da questa legge universale è chiaro come tutte le reazioni di forte ossidazione avvengano nel giro di poco tempo, considerata la possibile vita di una bottiglia di vino, in funzione proprio della quantità di ossigeno calcolato attraverso la TPO (Tab. 1). In qualche mese al massimo si gioca lo sviluppo equilibrato del prodotto in forma indipendente dal tipo di chiusura utilizzata, ma dipendente per gran parte dalle performance dei processi di imbottigliamento e dalla stabilità dello stesso vino pre-imbottigliamento.

 

In tutti i casi, comunque, l’impatto della chiusura è importante sia nei termini della conservabilità , come visto in precedenza, sia in termini di sviluppo ed equilibrio del prodotto, a maggior ragione se è nel nostro intento che il vino imbottigliato subisca nel tempo un percorso di maturazione.

 

È necessario fare nostro il concetto che il vino è un prodotto che risente dell’imballaggio e dell’ambiente esterno come la maggior parte dei prodotti alimentari, ma che, rispetto a questi, presenta la mancanza di scadenza e questo risulta essere una forte ed imponderabile variabile.

 

L’ossigeno e la chiusura del vino

Giunti alla tappatura della bottiglia risulta a questo punto fondamentale riuscire a comprendere e a misurare come e se la chiusura tenderà a permettere il passaggio dei gas. La questione risulta a questo punto decisamente più semplice se concludiamo il percorso legato alla cinetica di passaggio dei gas.

 

Passaggio ossigeno vino
Fig. 2 Passaggio di ossigeno per tipo di chiusura

 

Dagli schemi (Fig. 2) si può comprendere che vi è la fase iniziale in cui si ha una quantità di ossigeno variabile con il tipo di chiusura, che si assomma alle altre frazioni dell’ossigeno presente nella bottiglia. Successivamente nel tempo, la quantità tenderà a stabilizzarsi per rimanere sostanzialmente costante per quasi tutte le chiusure ad eccezione del tappo in plastica.

 

Risulta chiaro quali siano a questo punto, i tempi in cui si ha la stabilizzazione del contenuto in SO2 che come è evidente verrà consumato nel primissimo periodo post imbottigliamento. Successivamente a questo primo periodo, se avverrà un passaggio di ossigeno dall’esterno all’interno, troveremo quantità più o meno consistenti con la consueta analisi dell’ossigeno disciolto, considerato che la dissoluzione del gas dalla camera d’aria al liquido rimane comunque regolata dalla prima legge di Fick (Fig. 3).

 

 

Quantità ossigeno anni
Fig. 3 Quantità di ossigeno nel corso degli anni

 

La conclusione di queste considerazioni sullo stato dell’arte relativamente al rapporto ossigeno, tappo di sughero e trasformazione del vino si può riassumere brevemente in questa serie di concetti:

– L’ossigeno contenuto nella bottiglia di vino è la somma delle varie frazioni che formano il T.P.O.;

– La somma del Total Package Oxygen oltre che dalla quantità di ossigeno contenuto nel tappo è formata dalla frazione già presente nello spazio di testa al momento della tappatura;

– L’ossigeno presente nello spazio di testa, subito dopo la tappatura, rimane in equilibriosecondo la costante di Henry. Verrà quindi consumato lentamente proprio per mantenere il sistema delle pressioni parziali dei gas in equilibrio, fino al completo raggiungimento della stabilità gassosa.

– La stabilità del liquido in termini di consumo di SO2 si ha quindi nei primi periodi dall’imbottigliamento ( normalmente entro 6-8 mesi dall’imbottigliamento );

– Se non vi sono difetti derivanti direttamente dalla chiusura o dal suo utilizzo non sarà più possibile rintracciare ossigeno all’interno del contenitore, proprio per la capacità isolante della chiusura stessa e la costante necessità di equilibrio del sistema;

– La misurazione dell’ossigeno disciolto al punto zero dell’imbottigliamento ci permetterà di capire sia la qualità dei processi di imbottigliamento, sia lo sviluppo e la conservazionedel vino in bottiglia.

Lo sviluppo del commercio mondiale e la necessità di migliorare la qualità del vino in bottiglia ci costringe, come produttori di chiusure, ad aumentare ulteriormente lo studio e la conoscenza dei meccanismi che regolano il rapporto tra vino imballaggio ed ambiente.

( Di Stefano Zaninotto – Membro Italiano di CE LIEGE (Confederazione Europea del Sughero); Direttore tecnico Amorim Cork Italia S.p.a.
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