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Sicilia en Primeur e Sicilia Doc

 


 


L’ultima edizione di Sicilia en Primeur si conclusa con una sorta di faccia a faccia tra produttori e giornalisti sul tema della Doc Sicilia. Le domande garbate dei giornalisti perlopi stranieri, le risposte ancor pi di maniera dei produttori e la regia buonista di Diego Planeta hanno assopito quello che doveva risultare un vero e proprio dibattito su una scelta strategica di fondamentale importanza per la viticoltura siciliana; e invece alle domande di Alessandro Regoli non si quasi risposto, Andrea Gabbrielli stato stoppato a met del suo intervento e al sottoscritto non stata data la parola. Per naturale e spontanea contrapposizione a tanto buonismo ho subito pensato ai bravi di manzoniana memoria e alla celebre frase “questo matrimonio non s’ha da fare, n domani, n mai”, che tradotto in questo ambito significa “questa Doc non s’ha proprio da fare”. Non s’ha da fare per diverse ragioni che andr brevemente a spiegare. La trasformazione della Indicazione Geografica Tipica Sicilia in Denominazione di Origine Controllata non ha nessuna utilit pratica in quanto l’impostazione delle Doc, cos come sono pensate attualmente, non garantisce altro che la provenienza del vino e sappiamo bene come questo sia l’ultimo dei problemi che riguardano la Sicilia vitivinicola: basta, infatti, percorrere un po’ di strade siciliane per constatare l’enorme diffusione di una viticoltura di buona qualit (impianti che in altre prestigiose aree del continente si sognano); si sa bene, inoltre, che la Sicilia una regione dove si producono 7 milioni di ettolitri di vino, cos come cosa nota che le uve di nero d’Avola sono pagate meno di 20 centesimi al chilogrammo. E dove pensate che si possa comprare del vino a prezzi bassissimi e pi convenienti di quelli praticati in Sicilia? Diverso invece il discorso relativo alla qualit dei vini che dalle uve siciliane si ricavano, perch quello un problema prettamente culturale e per garantire la buona qualit dei vini occorre predisporre dei disciplinari di produzione molto severi e restrittivi, con maglie molto strette per impedire che tutti ci possano entrare. Ma come si fa a predisporre un disciplinare rigido da applicare a territori cos lontani e diversi per clima, per altitudine, per suoli, per cultura, per base ampelografica? Basta una piccola falla per far rientrare tutti quelli che dovevano rimanere esclusi. E se poi ci aggiungiamo che l’imbottigliamento in zona una chimera impossibile da raggiungere, come si far a controllare il vino che se ne parte via mare dalla Sicilia per approdare chiss quando e chiss come ad un ipotetico imbottigliatore del Mare del Nord?


Ma anche senza voler affrontare qui argomenti complessi, come quelli relativi all’opportunit di progettare vini di territorio o piuttosto vini di vitigno (tanto siamo sicuri che tutti a parole scelgono il territorio ma poi fanno vini da vitigno – come testimoniano le centinaia di etichette che si sono viste proprio in occasione di Sicilia en Primeur), come si fa a pensare ad una Doc regionale, che dovrebbe raccogliere il meglio della produzione siciliana, senza una Igt di ricaduta nella quale si possano ospitare tutti quei vini di fantasia, quelli fuori dagli schemi convenzionali, quelli che ancora non immaginiamo perch il mondo del vino sempre in continuo fermento? (A proposito, se Sicilia sar Doc, la Igt sar Mediterraneo?) Come si fa a pensare che la qualit di tanti territori, di tanti vitigni, di tanti uomini, di tante imprese e di tante tradizioni, a cui si unisce la tipica creativit italiana, si possa ingabbiare nelle maglie di una Doc Sicilia quando in nessuna altra Regione l’impresa riuscita? Spero non si voglia rispondere “con i controlli”, perch sappiamo benissimo che non si riesce a controllare pi nulla e neppure a stabilire con assoluta certezza cosa ci sia esattamente in una bottiglia di vino. Si pensi soltanto agli scandali, alle polemiche e alle diatribe che assediano continuamente la credibilit delle maggiori Doc e Docg del nostro Paese per immaginare anche sommariamente quanti e quali interessi si vanno a condizionare con una Doc e, di conseguenza, per prevedere quanti e quali trucchi, espedienti e artifizi si sapranno inventare per aggirarne le norme.


Continuo ad avere l’impressione che si voglia utilizzare un mezzo ormai spuntato, un’impostazione che ha fatto il suo tempo, una soluzione troppo a lungo discussa che nel frattempo ha perso la sua efficacia e la sua validit. Bisognerebbe pensare ad altri strumenti, inventando qualcosa di nuovo per valorizzare giustamente il grande vino di Sicilia, o meglio quell’ancora troppo poco grande vino di Sicilia che, nonostante la Doc, rischia di perdersi annegato in un mare di vino pessimo, mediocre, o appena appena buono, ma anch’esso, a tutti gli effetti, Sicilia Doc. La Spagna (da molti in Italia guardata ancora come fosse una provincia un poco rozza e piuttosto al margine di questo sfavillante mondo del vino) per tante ragioni aveva problemi molto simili a quelli siciliani e si inventata i Vino de Pago: la questione troppo lunga e complicata da spiegare qui, ma possibile che anche la nostra fantasia e la nostra tanto decantata creativit non sappiano trovare una soluzione pi adeguata e lungimirante?


E allora non penso pi ai bravi manzoniani, ma ad un uomo semplice di cui ci parla Herman Melville, uno scrivano di nome Bartleby che ad ogni domanda o sollecitazione ripeteva “I would prefer not too”; anch’io alla Sicilia Doc rispondo come Bartleby, preferirei di no.


 


( Fonte Il Consenso-Gigi Brozzoni )


 


 


Annotazioni di Winetaste


 


Il discorso della istituzione o meno della Doc Sicilia molto complesso ed articolato, migliaia di situazioni ed interessi diversi da conciliare, da parte mia se da un lato  ed in linea di principio, posso essere daccordo su una Doc Sicilia che raggruppi tutte le denominazioni dellisola, penso allora che si potrebbero istituire le  Menzioni Geografiche Aggiuntive, tipo quelle adottate in Piemonte ( ovvero i Cru alla francese ).


Cosa che mi vede completamente contrario, la possibilit che verrebbe data agli imbottigliatori fuori isola, di imbottigliare i vini siciliani in ogni zona d Italia : un nero davola imbottigliato a Trento o a Rovigo a mio avviso non sarebbe il massimo, per tutto quanto una operazione del genere potrebbe comportare : ed i controlli, gi difficili attualmente, chi sarebbe poi in grado di svolgerli ??


Facciamo le cose con calma e ponderazione , ma facciamole bene, cari amici siciliani, non facciamoci incantare dalle sirene dei contributi comunitari e non, perch tra pochi anni la Sicilia vitivinicola si potrebbe trovare con le chiappe per terra , e questa lultima cosa che noi tutti amanti di Bacco desideriamo.


Roberto Gatti

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.