Home News TRENTINO, CANTINE SCETTICHE: “IL VINO BIO NON E’ CONVENIENTE”

TRENTINO, CANTINE SCETTICHE: “IL VINO BIO NON E’ CONVENIENTE”

      


 


 


Condizioni e clima inadatti


 


«Non denigriamo il biologico, ma bisogna stare con i piedi per terra, la realtà in Trentino, soprattutto per via del clima, non ci consente questa produzione». A parlare è Angelo Parolari, presidente della Cantina Sociale di Nomi, che interviene in merito al problema sollevato dall’Ufficio prodotti biologici della Provincia di Trento: le uve biologiche vengono portate nelle cantine cooperative e qui finiscono mescolate a quelle prodotte con metodi usuali. « Noi siamo molto attenti all’ambiente e alla salute nostra e del consumatore, ma siamo anche realisti – prosegue Parolari -. La cantina di Nomi ha un’azienda anche in Sicilia e lì riusciamo a fare il biologico perché le condizioni climatiche lo consentono. In Trentino è impossibile perché la pioggia crea funghi che si sconfiggono solo con la chimica».


 


 


Dello stesso parere un po’ tutte le realtà vinicole sociali del territorio.


È un problema soprattutto di mercato per Corrado Galli, direttore della cantina di Roverè della Luna: «La richiesta di vino bio è nulla, per questo non abbiamo spinto la cosa tra i nostri soci, da parte loro non c’è interesse. Non è corretto addossare la colpa alle cantine». Galli prosegue con un’ulteriore considerazione: «Il biologico è percepito soprattutto per quanto riguarda frutta e verdura, ma il vino è un prodotto trasformato».


 


La cantina La Vis e Valle di Cembra, invece, una quindicina di anni fa, si era dedicata a una piccola produzione bio: «Ma i risultati – spiega il direttore Fausto Peratoner – dal punto di vista produttivo e di interesse del mercato, non sono stati tali da pensare una diffusione del biologico». In merito alla scarsa attenzione delle cantine sociali Peratoner risponde: «C’è del vero. Ma in Trentino e le cantine hanno puntato molto sulla lotta integrata, ottenendo una riduzione grandissima dell’impatto ambientale».


 


Altro problema: il frazionamento dei terreni. «Se il mio vicino di terreno non fa agricoltura biologica, la mia viene in qualche modo contaminata», spiega Peratoner, che conclude: «In futuro potremmo avere più interesse verso il biodinamico: in questo momento ci stiamo formando per capire bene di cosa si tratta e di come si potrebbe applicare».


 


 


Corriere dell’Alto Adige, aprile 2007