Ero reduce da un incontro fra i presidenti delle sezioni dell’Associazione commercianti e uno dei candidati della Sinistra alle «primarie»; ottimo eloquio, chiaro, fluente, pieno di passione, addirittura impetuoso Contenuti: non sarei stato in grado di giudicare Eppure ero stato attento ! Vabbè! Un’ ora di tempo buttata via; con la promessa di rincontrarci (ma forse era una minaccia!). Avevo voglia di gratificarmi un po’. Per fortuna, rientrato alla Grixia vi trovo un amico che, da solo, era venuto a cenare. È un alto dirigente di un importante ente pubblico genovese, persona amabile e colta, un ottimo commensale. Siccome era in «debito» con me mi aveva promesso che alla prima occasione ci saremmo aperti, a sue spese, un bella bottiglia.
Detto, fatto! Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di degustare con attenzione una «new entry» e cioè lo Chateau Duhart-Milon, grand cru classè a Pauillac. Si tratta di un Medoc di proprietà della famiglia Rothschild, ramo Lafite, e cioè di un vino di Bordeaux di quella sottozona che si trova a Sud-Ovest della Gironda, fiume che viene formato dal confluire, all’altezza del capoluogo, della Dordogna e della Garonna. Il Medoc è una terra piatta e ciottolosa, non ti aspetteresti mai che da quel terreno così «banale» possano nascere dei grandi vini rossi. E, invece, è proprio lì che nascono i migliori Cabernet del mondo. Senza farvi sorbire una lezione di ampelografia, sappiate che il Cabernet è originario proprio di quel tratto di costa atlantica; si chiamava Biturica ed era già conosciuto ai tempi di Ausonio, l’ultimo grande poeta latino pagano della decadenza, il «Magister professorum burdigalensium».
Torniamo alla Grixia e al mio amico Francesco Forse qualcuno ricorderà che i Medoc sono fatti assemblando quattro vini differenti: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Petit Verdot che apportano eleganza, freschezza, potenza e piacevolezza, rispettivamente. Il risultato, ovviamente può variare a seconda delle caratteristiche dei vini di partenza e delle percentuali degli stessi nel mix finale. Un’ultima informazione: il Medoc si suddivide in ulteriori sottozone (Haut-Medoc, Margaux, Saint Julien, Saint
Estephe, Pauillac), per cui se parliamo di Bordeaux intendiamo una grande famiglia che comprende anche il Medoc il quale, a sua volta, comprende anche le zone qui citate: come le scatole cinesi!
Il nostro Chateau Duhart-Milon era un 1996: grandissima annata che garantisce un’evoluzione positiva di molti anni (magari decenni). Il colore era rosso rubino scuro con delle venature ancora violacee: indice, questo, di grande gioventù. Il profumo, intensissimo, ricordava i frutti neri come la mora o il cassis e, poi, prepotente, il peperone (tipico del Cabernet) e ancora l’erbaceo del Merlot. Certamente un’esuberanza inaspettata in un vino di dieci anni. In bocca, infine, tannini setosi, morbidi, accompagnati da frutta matura e sostenuti discretamente dal calore dell’alcool. Classe ed eleganza infinite, la tipica finezza dei Pauillac ed una struttura notevole sono le caratteristiche che più colpiscono in questa bottiglia. La coerenza fra l’aspetto, il profumo e il gusto è notevole e altrettanto notevole è l’armonia al palato. Grande vino, grandissimo vino.
Il prezzo è adeguato: 76,50 .: elevato ma non certo superiore a quello di certe sue pallide imitazioni toscane che, senza avere la maestà e la tradizione del nostro, pretendono, nati ieri, di averne lo stesso prezzo, senza, peraltro, garentire la medesima capacità di evoluzione che è l’unica vera, reale, differenza di valore aggiunto fra un «vino frutto» e un grande vino.
( Fonte Il Giornale )