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Un pioniere dell’ Alto Adige : Lieselehof

Ho partecipato dal 22 al 24 Novembre u.s. alla sesta edizione della Rassegna Internazionale dei Vini Passiti, che si è svolta a Zola Predosa ( Bo ) con oltre 500 etichette in degustazione, provenienti da ogni parte d’ Italia, con qualche vino internazionale proveniente, in taluni casi, dalle regioni piu’ impensabili tipo Azerbaigian ( approfondimenti al link :

 

 

https://www.winetaste.it/rassegna-dei-vini-passiti-2-giorni-500-vini-in-degustazione-26-banchi-di-assaggio-degustazioni-guidate-cena-del-palio-e-convegno-in-villa/

 

 

 

 

Durante il mio ” girovagare ” tra i banchi dei produttori presenti, sono venuto in contatto con un produttore altoatesino il quale mi ha messo a conoscenza del suo ” giardino o museo ” storico delle viti autoctone dell’ Alto Adige, dell’ Austria e Germania, che stavano scomparendo, si tratta di oltre 350 specie di viti salvate dall’estinzione.

( nella foto il ” Pioniere ” dell’ Alto Adige Werner Morandell – Lieselehof )

Inoltre coltiva alcune viti che sono esenti da patogeni e malattie quali peronospora, oidio ecc., per cui non necessitano di trattamenti fitosanitari, con tutti i vantaggi in termini di costi e benefici alla salute che questo comporta. Avendone degustato i vini, ne scriverò prossimamente in dettaglio.

Onore e merito a questi appassionati viticoltori che dedicano tanta parte del loro tempo alla conservazione di queste viti storiche che senza il loro lavoro certosino oggi non esisterebbero piu’.

Buona lettura

Roberto Gatti

 

 

Buonasera sig. Gatti,

era un grande piacere conoscerLa a Zola ieri.

Ecco alcuni tratti del mio libro scritto su vitigni superbio (Piwi). In più Le allego vent’anni del mio lavoro personale nella mia azienda Lieselehof. Abbiamo anche un “Museo delle Viti”, sono 340 vitigni diversi di tutto il mondo, assemblati e cataloghizzati, piantate una vicino l’altra da me in un sentiero didattico. Ogni vite ha la sua targa con la descrizione della stessa.

In questa e nelle prossime mail Le mando anche qualche immagine.

Sperando di aver fatto cosa gradita Le mando i migliori saluti dall’Alto Adige

Werner Morandell – Lieselehof

Tenuta e Museo delle Viti

 

 

1. Prefazione

2. Introduzione sull´argomento viti

3. Storia della vite e del vino

4. Catalogo mondiale dei vitigni

5. Le regioni italiane e i loro vini

6. Storia e informazioni sulla viticoltura in Alto Adige

7. Coltivazione tradizionale, biologica, biodinamica e viti geneticamente modificate

8. Viti resistenti alle malattie fungine – viti superbio

9. Museo delle Viti e aneddoti

10. Viti superbio (Piwi)

11. Ringraziamento ad amici e collaboratori

12. Indirizzi di vivai viticoli

13. Mappa pieghevole delle viti piantate nel Museo Lieselehof

 

 

 

Lieselehof viti superbio

Vedo diversi tipi di vignaioli in Alto Adige, che a loro volta andrebbero suddivisi in sottocategorie.

La prima e maggior parte dei vignaioli altoatesini si occupa soltanto della parte agronomica e perciò non ha nulla a che fare con la vinificazione: piantano le vigne, le fanno crescere, le curano per alcuni anni e vendemmiano l’uva, che poi vendono a un consorzio o a una cantina. Questi contadini possono avere solamente vigneti, ma è possibile che coltivino prodotti diversi, per esempio, una parte vigne e l’altra frutta, di solito mele. Questo lo possono fare sia per professione o, come succede spesso ultimamente, il coltivare diventa un secondo lavoro. Alcuni di questi vignaioli, vinificano una piccola parte dell’uva, per la maggior parte Schiava, per consumo familiare, nella loro propria cantina. Alcuni, anche giovani, si prendono la briga di vinificare anche varietà diverse.

La seconda parte degli vignaioli altoatesini si occupa della parte agronoma, enologica e commerciale del lavoro: con una miriade di attività riescono a sopravvivere come azienda agricola viti-vinicola vendendo il proprio vino imbottigliato sul mercato.

Anche loro incominciano piantando la vite, facendola crescere e coltivandola fino alla vendemmia. L´uva viene specificamente coltivata in vista della vinificazione. Al contrario dei produttori d’uva, il cui obiettivo è ricavare la più grande quantità d’uva possibile con il maggior contenuto in zuccheri, i vinificatori autonomi sanno che questo non è sempre vantaggioso per la vinificazione. I coltivatori d´uva vengono pagati in base a quantità e contenuto zuccherino; il vinificatore autonomo, invece, prende le proprie decisioni con l’obiettivo di produrre un vino di alta qualità già durante la fase di coltivazione della vite. Ogni anno proverà a produrre una quantità bilanciata di uva matura con la minima quantità possibile di zucchero per non avere vini troppo alcolici. La maggior parte dei vinificatori autonomi, che fanno spesso parte dei Vinaioli Indipendenti dell’Alto Adige o dei “Weingüter Südtirols”: questi Vinaioli e produttori di vino sono coltivatori esclusivamente di uva e hanno scelto quest’occupazione come unica professione. Dalla vendemmia in poi, i vinificatori autonomi si distinguono dai produttori d’uva: per questi ultimi l’anno lavorativo finisce dopo la vendemmia, invece per i vinificatori autonomi l’anno è appena incominciato. Dopo la diraspatura, le varie fasi di spremitura, le varie fasi di travaso, i continui interventi e decisioni, i quali sono indispensabili per la qualità del vino, vanno fatte ulteriori analisi per valutare il tutto, per controllare l’acidità, il contenuto alcolico, il residuo di zucchero e il contenuto di anidride solforica totale. Man nano che si avvicina la data d’imbottigliamento, bisogna filtrare i bianchi e i rossi chiari. Già in primavera, i vini vengono preparati per l’imbottigliamento. Per altri tipi di rosso, in apposite botti di legno, la maturazione si protrae fino a tre anni. Le botti “bevono” e quindi devono essere sempre piene fino all’orlo. Una volta a settimana bisogna rabboccare il vuoto lasciato dal liquido evaporato. Inoltre, va scelta la bottiglia adatta, l’etichetta, il tappo e il cartone giusto e così via. Il lavoro non manca. E poi arriva il grande giorno: l’imbottigliamento. Dopodiché il vino viene imbottigliato: a questo punto incomincia la fase successiva del lavoro del vignaiolo. Il vino va portato alle fiere e alle esposizioni mentre si cominciano già le vendite. È in questo periodo che incomincia la stagione turistica estiva: è importante essere sulla carta dei vini degli hotel, dei ristoranti e bar, sennò si è perso un anno. Il prodotto si consegna personalmente o via corriere. La parte più importante dell’attività commerciale è l’incassare, il che non è spesso facile. Ovviamente, poi in un´azienda rispettabile non può mancare l’assistenza ai clienti.

Mi ha sorpreso constatare quanti miei colleghi vignaioli autonomi siano interessati alla mia esperienza con i diversi vitigni. Inoltre, mi ha stupito quanto poco siano interessati all´argomento stesso i produttori d’uva, visto che questo è il loro prodotto finale. Mi reputo con tutto il cuore parte dei vinificatori autonomi visto che la metà dell’anno la passo a coltivare l’uva e l’altra metà a vinificare. La vigna è il regalo più grande che io abbia mai ricevuto. Molto spesso, soprattutto in primavera, quando la natura si risveglia, penso: ” Grazie a Dio sono nato in una terra dove cresce la vite e matura l’uva.” Durante le mie visite guidate attraverso il museo delle uve cerco di esprimere il mio sincero pensiero.

Già anni fa, durante le visite effettuate da esperti di viti e di vino mi è stato chiesto se avevo già messo sulla carta il mio sapere sulla vite. Dopo ripetuti dinieghi, sono stato, infine, convinto a far arrivare il mio sapere agli interessati.

Vorrei ringraziare particolarmente il Dr. Helmut Köcher, organizzatore del famoso Wine festival di Merano. Mi continuava a ripetere:”Scrivi un libro! Quando esce il libro? Cavolo, scrivi un libro sulle vigne!”. Inizialmente, non ne ero convinto: pensavo di riuscire a scrivere solo qualche pagina, ma poi lo scritto ha preso corpo e volume. Alla fine, dopo un’adeguata documentazione a riguardo, sono arrivato alla conclusione che con il materiale raccolto avrei potuto scrivere ancora di più di quanto si possa integrare in questo libro.

Il mio sapere sulle viti va condiviso tra tutti i vignaioli. Spero che li aiuti a rallegrarsi delle loro vigne e produrre del buon vino ogni anno rimanendo in simbiosi con le loro piante.

 

 

Prof. Raffaele Testolin

Università di Udine

Non c’è dubbio che siamo in un momento di grande rinnovamento in viticoltura.

Dopo oltre un secolo di lavoro svolto nell’ombra da eroici pionieri, che vedevano nella sostituzione delle varietà di vite europea con nuove selezioni resistenti alle malattie un futuro sostenibile per la viticoltura, finalmente le nuove varietà ottenute per incrocio e selezione mostrano caratteristiche qualitative ed enologiche paragonabili a quelle dei grandi vitigni, che hanno fatto la storia della viticoltura mondiale della seconda metà del secolo scorso.

L’Europa si aspetta nei prossimi dieci anni un dimezzamento dell’uso dei pesticidi in viticoltura, grazie anche all’introduzione in coltivazione di queste nuove selezioni.

Werner Morandell è un pioniere e un cultore di queste scelte. Fondatore della viticoltura biologica in Alto Adige, ha girato l’Europa per vedere e imparare e ora può parlare con l’autorità di chi le cose le ha viste e messe in pratica nella propria azienda-museo.

Le nuove varietà resistenti a peronospora e oidio, costituite in Germania, Austria, Francia, Serbia, Ungheria, Repubblica Ceca, Stati Uniti e, da ultimo, in Italia, lo appassionano e lui comunica in maniera contagiosa la filosofia di vita che sta dietro alla scelta coraggiosa e per molto tempo contro-corrente di puntare per il futuro su queste varietà.

Ha raccolto negli anni una splendida collezione di centinaia di vitigni resistenti alle malattie, che mostra con fierezza a chi lo va a trovare nel suo ‘buen retiro’ del Lieselehof in quel di Kaltern/Caldaro.

Il libro che ha preparato e che descrive oltre una sessantina di queste varietà e selezioni, racconta conoscenze ed esperienze personali e dal testo traspare il desiderio di condividere con il lettore la usa esperienza di viticoltore e ‘wine maker’ (un’espressione che rende meglio di qualsiasi termine italiano il concetto di uno che le mani nella ‘pasta’ … pardon ‘nel vino’ le mette) e la sua passione per la viticoltura ereditata dal padre.

Auguro a questo testo il successo che merita.

 

 

Dr. Volker Jörger

Questo saggio rappresenta una collezione di informazioni ben accessibile e mai proposta sulla coltivazione e efficiente uso di vitigni resistenti alle malattie fungine. L’autore, seguendo la sua particolare passione e la sua responsabilità cosmopolita, ha creato le fondamenta per l’utilizzo di queste viti e la loro applicazione, cosicché queste possano essere usate per la vinificazione comune in Alto Adige. Il principio della coltivazione e della vinificazione biologica, che l´autore stesso vede come obiettivo principale, presente nel suo pensiero e nelle sue azioni, prendono forma e vengono resi comprensibili. Il testo rende l’idea e offre un contributo a vignaioli, vinificatori, enologi, clienti e appassionati di viticoltura: esso rende palpabile la necessaria evoluzione e innovazione. Le sfide che necessariamente si incontrano nell’evoluzione verso una viticoltura tecnologicamente all´avanguardia, vengono con questo libro rese comprensibili dall’esperienza reale sul campo.

Auguro ai lettori e alle lettrici di questo capolavoro, l´ispirazione e la motivazione necessaria per mettere in atto processi evolutivi, questo in maniera coraggiosa e coerente con la necessaria fiducia in un proficuo miglioramento della viticoltura.

Dr. Volker Jörger

Responsabile di viticoltura, portavoce del reparto coltivazione di viti resistenti

Istituto statale Friburgo/ Baden

 

Metodi di coltivazione

Coltivazione tradizionale, biologica e biodinamica; Superbio (piwi) e viti OGM (organismo geneticamente modificato)

I metodi biologici e biodinamici vengono citati e discussi sempre più spesso visto che vini biologici e Superbio occupano i posti migliori per la qualità e gli esperti di vino li lodano. La domanda da farsi é questa: da quando si usano i pesticidi per proteggere le vigne?

Le viti vengono trattate soprattutto a causa di due malattie importate durante il XIX secolo dall’America: l’oidio e la peronospora.

Infezione da peronospora sul grappolo e infezione da peronospora sulla foglia.

Queste malattie vennero importate tra il 1845 e 1872 con le viti americane portate in Europa per studiare la resistenza alla fillossera. Tra i responsabili ci fu anche August Wilhelm von Babo che importò prima l’Oidio e poi la Peronospora. La malattia si diffuse a velocità incredibile per tutta l’Europa recando gravi danni alle coltivazioni. Dopo il 1872, nell’Istituto per viticoltura di Klosterneuburg (A), furono distrutte quasi tutte le vigne. Fu Alexis Milet (Francia. 1838 – 1902) che inventò la cosiddetta “Bordelaise pulpe”, la prima cura efficace contro la Peronospora: questa venne utilizzata per la prima volta nell’anno 1885.

Infezione da oidio al grappolo e infezione da oidio sulla foglia.

Come se non bastasse tutto ciò, fu importata, sempre dall’America, la fillossera, che causò danni catastrofici a tutte le coltivazioni europee di vite. Nel 1870 il governo francese istituì persino una commissione per contrastare la diffusione del parassita, a cui capo fu Louis Pasteur, che esaminò più di 700 proposte e nonostante ciò rimase senza risultati concreti. L’unica soluzione che viene applicata ancora oggi è l’innesto di viti europee su radici americane: questa fu la prima soluzione biologica per la prevenzione di insetti dannosi.

Verso la fine del XIX secolo, venne introdotto un primo insetticida composto da bronzo e calcare che in Alto Adige veniva distribuito da maso a maso dai cosiddetti “Spritzer”. All’inizio i grappoli venivano immersi in coni pieni di liquido attaccati a bastoni.

Attorno al 1910, vennero introdotti i primi atomizzatori a zaino, che resero possibile una protezione completa della vite. Fu, inoltre, possibile applicare, contemporaneamente, l’insetticida su foglie e grappoli. Fino al 1963, mio padre ha protetto tutte le nostre vigne con un vaporizzatore del genere, mentre oggi viene utilizzato solo per interventi di precisione.

Per proteggere aree vaste si usano atomizzatori portati dal trattore con un’altissima efficienza. Già da anni si usano questi sistemi per combattere le malattie causate dalle spore di peronospora e oidio. Non si sanno ancora gli effetti a lungo termine di questo trattamento, soprattutto per le persone che ci vengono a contatto quotidianamente e per una vita intera.

I contadini sono il gruppo più a rischio per il cancro alla prostata secondo il prof. Dr. Pycha, primario di urologia all´ospedale di Bolzano.

(Tratto dal quotidiano “Dolomiten/Südtirol Online”)

La salute degli altoatesini è buona, anche per quanto riguarda il cancro, il numero di uomini affetti da cancro alla prostata, che è più alto della media nazionale. Il primario di urologia dell’ospedale di Bolzano spiega i motivi:

Südtirol Online: Che ne pensa di queste statistiche?

Armin Pycha: Non è una novità che l’Alto Adige (con il Tirolo del nord) abbia il numero di ammalati alla prostata più alto d’Europa.

Südtirol Online: Quali sono le cause?

Armin Pycha: Ci sono alcuni fattori importanti. Ci sono due gruppi sociali a rischio: i contadini che utilizzano i pesticidi, i fumatori e le persone che bevono troppo alcol.

Südtirol Online: Come si potrebbe ridurre il numero di ammalati?

Armin Pycha: Una delle strategie possibili è la prevenzione. Alimentandosi meglio e mantenendo uno stile di vita più sano (combinato con l’assunzione di vitamina E) si può diminuire il rischio di cancro alla prostata. Per arrivare alla dose consigliata si dovrebbe mangiare attorno ai 20 chili di pomodori al giorno, il che è assolutamente impossibile. È noto che gli asiatici sono meno soggetti a tale rischio. Ciò è collegato con i fitoestrogeni, presenti nella loro alimentazione e che prevengono il cancro.

Südtirol Online: Qual è la seconda strategia?

Armin Pycha: Sarebbe quella della medicina preventiva. Cerchiamo di localizzare il carcinoma durante i suoi primi stadi. Per questo è stato istituito l’ambulatorio preventivo dell’ospedale di Bolzano. Gli uomini si possono fare esaminare gratuitamente. In Austria viene fatto anche uno screening della popolazione, il che renderebbe tutto molto più facile ed efficiente. È stata fatta una richiesta, che però è stata negata.

Südtirol Online: C’è una terza strategia?

Armin Pycha: La terza ed ultima strategia sarebbe quella di migliorare la qualità degli interventi e del ricovero per diminuire gli effetti negativi di un trattamento radiologico.

Intervista: Kristina Volgger, Mercoledí, 15/12/04

 

Coltivazione organico-biologica

Questa coltivazione fu concepita durante gli anni 60 in Germania da Hans Müller e Hanspeter Rusch e verso la fine degli anni 80 spuntarono le prime coltivazioni biologiche altoatesine. Negli anni 90 il numero di queste salì. Ciononostante esiste il luogo comune, sfruttato per marketing da alcune aziende, che la coltivazione biologica sia quella di lasciare le viti non trattate. Ecco invece le linee guida della coltivazione biologica.

Che cos’è la coltivazione biologica?

Cercare di limitare l’impatto della coltivazione sulla natura e l’uomo.

Rinunciare a pesticidi sintetici.

Il minor utilizzo possibile di fertilizzanti e pesticidi estranei al luogo di coltivazione.

Rinunciare al fertilizzante minerale di sintesi.

Trattamento chimico: purtroppo anche nella coltivazione biologica non si può rinunciare ai trattamenti della vite con rame, zolfo o carbonato di sodio. Gli insetti si combattono con il bacillus thuringensis.

 

Ci sono delle chiare leggi europee sulla coltivazione biologica e alcune certificazioni necessitano di altri controlli e restrizioni. Problematica è la quantità di rame introdotta nel terreno, visto che si usa da più di 100 anni per combattere la peronospora. Non è ancora stata trovata una soluzione biologica dallo stesso effetto.

Altri problemi sono il costo dei trattamenti e la compressione del terreno, visto che non è molto biologico circolare con trattori da più tonnellate su e giù per i vigneti.

 

 

COLTIVAZIONE BIODINAMICA

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Questa coltivazione è stata ideata dall’antroposofo Rudolf Steiner che agli inizi del XX secolo prevede l’utilizzo di energia cosmica e psichica convogliata attraverso il metodo di lavorazione biodinamico per la coltivazione qualitativa ed ecosostenibile.

Molti di questi suoi insegnamenti venivano già utilizzati ai tempi dei nostri padri e nonni con la differenza che si usava fare tutto in sincronia con le fasi lunari, come la potatura e il travaso del vino con la luna adatta. Alcuni “consulenti” moderni tendono ad elogiarsi spacciandosi per esperti in coltivazione biodinamica e questo solo per spillare soldi agli agricoltori e per giunta con metodi discutibili. L’efficacia di questi metodi viene utilizzata soprattutto a fini di marketing. Oltre ad alcune pratiche biologiche, vengono anche utilizzati preparati di corno-letame e cornunghia per aumentare l’effetto armonizzante e vitalizzante sul terreno e le piante da parte dell’energia cosmica.

Un altro provvedimento per la rivitalizzazione del terreno è la fertilizzazione attraverso letame bovino e pacciamatura, che viene applicato un anno prima con preparati biodinamici. Questi ultimi sono achillea, camomilla, ortiche, corteccia di quercia, leoncino e valeriana, che vengono sintetizzati in un processo preciso. La coltivazione biodinamica non è solo un metodo, ma uno stile di vita. I prodotti così ottenuti possono essere venduti sotto il marchio Demeter.

VITI OGM

Le viti OGM vengono studiate intensamente in molti paesi, soprattutto alla ricerca di un’immunità delle viti europee contro le malattie americane (Oidio e Peronospora). Visto che non è ancora possibile parlare pubblicamente di manipolazione genetica, tutto ciò viene tenuto segreto e nascosto al pubblico. Ci ho pensato su e sono arrivato alla conclusione che mentre fino a pochi anni fa ero assolutamente contrario alla manipolazione genetica, oggi posso dire che le persone stanno lentamente cambiando opinione e così anch’io rivedo il mio pensiero a proposito. È impossibile fermare o annullare la ricerca genetica, visto che già molte scuole viticole stanno sperimentando alla ricerca di risultati soddisfacenti. Questo processo non è un’opinione, ma un fatto che non può essere ignorato.

Ci sono due opzioni di comportamento:

1. Non si pensa e ci si sottrae a ogni argomentazione così come fanno gli struzzi che non vogliono vedere ciò che li circonda.

2. Si discute l’argomento in modo obiettivo e senza ostilità per trovare una soluzione.

Entro i prossimi 20 o 30 anni verranno presentati, probabilmente al di fuori dell´Europa, i frutti della ricerca di alcuni istituti di fama, per rendere immuni all’Oidio e alla Peronospora un Trebbiano o un Sangiovese. Come si potrebbero rifiutare delle viti che sopravvivono in ambienti molto più secchi? Un rifiuto di questo dono della scienza sarebbe un impedimento al progresso. Probabilmente queste viti verrebbero piantate il prima possibile e abbasserebbero i prezzi del vino talmente tanto, che noi “vecchi vignaioli” non potremmo fare nient’altro che proteggerci con etichette “senza OGM” e sperare. Ma quanto durerebbe questa fase? Prima o poi la tentazione delle viti ottenute attraverso l’ingegneria genetica coglierebbe ogni contadino per mantenere “un po’ di competitività”. Al più tardi a quel punto cadranno anche le barriere sociali contro il vino OGM.

Ci sarebbero anche altri problemi, visto che chi combatterà le viti OGM sarà superato dal progresso e il prezzo del proprio vino si moltiplicherebbe, visto che le aziende che produrrebbero le viti OGM potrebbero brevettare le nuove varietà e così far pagare i diritti di coltivazione.

 

LEGGI DELLA VINIFICAZIONE

Le nostre leggi riguardanti la coltivazione di viti e le produzioni di vino sono antiquate, dato che sono state scritte in tempi in cui non si pensava ancora biologicamente e il duello col mercato internazionale non era ancora incominciato. Negli ultimi decenni sono stati aggiunti dei decreti alle leggi esistenti.

I costi di produzione della coltivazione, della vinificazione, le imposte statali e la fallimentare amministrazione rendono molto difficile la concorrenza con la maggioranza degli altri Stati, che non hanno questi problemi.

C’è bisogno di novità, di qualcosa che il mercato necessita già da anni e ora è finalmente raggiungibile. Sto parlando di vino prodotto con uve Superbio, quindi non trattate, le quali sono all’altezza del vino tradizionale.

Già decenni fa, Bruxelles ha mandato un chiaro segnale agli Stati europei per incentivare i vini di produzione biologica. Alcuni Paesi produttori di vino, a nord delle Alpi, hanno cambiato le loro leggi e si sono così adattati al nuovo scenario e dal 2004 il gruppo PIWI-Südtirol/Alto Adige ha presentato a Bolzano il problema e gli addetti hanno riscontrato comprensione e autorevolezza.

 

VITIGNI RESISTENTI ALLE MALATTIE FUNGINE (Viti Superbio – PIWI)

Che cosa sono le viti Superbio?

Innanzitutto è da sottolineare che si tratta di nuove varietà ottenute incrociando la vite europea con altre specie: dall’Ottocento in poi, queste varietà sono state ottenute da incroci tra la Vitis vinifera europea con viti selvatiche americane, mentre dagli anni settanta in poi, il risultato ottenuto da questi ultimi incroci, in aggiunta con la vitis amurensis o sottospecie da esse derivate, ha prodotto vitigni resistenti o parzialmente resistenti alla peronospora, all’oidio e al gelo. Pertanto, nella maggior parte delle aree viticole italiane, con precipitazioni non superiori a 1.200 mm, queste specie non devono essere trattate durante gli anni normali. Non è una catastrofe, se in particolari annate, con pressioni infettive straordinarie, alcuni di questi vitigni, per prevenzione, hanno la necessità di subire, una o due volte all’anno, dei trattamenti preventivi, a base di rame e zolfo.

 

Il processo dell´incrocio

Tutte le fasi di incrocio che verranno di seguito descritte, sono state tratte da pubblicazioni dell’Istituto nazionale di viticoltura di Friburgo/Germania. Durante la fioritura, prima della maturazione del fiore, mediante pinzette, vanno recise le antere, cioè le sacche contenti i pollini maschili: attraverso questo procedimento il fiore viene “castrato”. Rimane soltanto la parte femminile del fiore (ovario con lo stilo e lo stimma), che viene coperta con un sacchetto di plastica per evitare l’impollinazione da parte di polline di altre viti, trasportato dal vento o dagli insetti. Quando la pianta con cui si vuole incrociare la prima è matura, si prendono i pollini di quest’ultima raccolti in precedenza dalle antere e si introducono nel sacchetto che protegge il fiore, depositandolo con un pennello sulla parte femminile. Questo è necessario per prevenire l´impollinazione da parte del vento con polline estraneo presente nell’aria. Il polline viene a contatto con lo stimma appiccicoso e l´impollinazione è così stata eseguita; il sacchetto va richiuso, per proteggere il fiore da impollinazioni da parte di pollini estranei. Alcuni istituti, soprattutto in Svizzera ed in Germania, per evitare di incappare in contaminazioni con pollini estranei, adoperano una particolare tecnica: attraverso un conduttore, viene immessa dell’aria compressa in una tenda che funge da isolante. Dopo un incrocio eseguito con successo, crescono i semi nelle bacche d’uva e formano il nuovo vitigno. È proprio qui che incomincia il lavoro vero e proprio: visto che la vite madre non è stata clonata, in ogni seme, che si formerà nell’acino del grappolo, ci sarà un tipo di vite diverso: bisognerà, dopo aver seminato, selezionare il semenzale più adatto. Prima di tutto vengono sotterrati i semi in terriccio mantenuto al freddo perché i semi devono superare la dormienza. In aprile, questi semi vengono ripresi e seminati, il che viene fatto, in serre, nelle scuole di viticoltura dove poi le piantine vengono allevate.

La castrazione del fiore

Gruppi di fiori protetti con sacchetti di plastica

Il terrore dell’Oidio

Arrivate all’altezza di mezzo metro, le pianticelle vengono sottoposte al trattamento “del terrore”: queste vengono messe a contatto con l’Oidio e la temperatura e l’umidità vengono adattate alle esigenze del fungo che provoca la malattia. Ogni giorno vengono eliminate le piante che mostrano anche i più lievi sintomi della malattia, mentre quelle che sopravvivono vengono lasciate riposare dopo le 4 settimane di tortura.

 

 

 

Il terrore della Peronospora

Le sopravvissute vengono torturate per 6 settimane bagnando le foglie per favorire la peronospora. Anche in questo caso, le piante vengono eliminate anche in lievi casi di malattia. Le viti che resistono anche a questa prova si sono mostrate resistenti alle due malattie.

Prove all’aperto in zone problematiche

In un’area “problematica” vengono ripetute per alcuni anni le procedure sopraelencate e la selezione continua senza badare alle perdite. Dopo il settimo anno, i tipi più resistenti vengono innestati in modo da raggiungere 10 esemplari di ogni tipo. Queste piante innestate vengono controllate per altri 4 anni prima dell’ultima prova. Le poche piantine sopravvissute vengono spostate in una parcella quadrata di circa 5 x 5 metri. Nella stessa parcella si trovano delle viti di Müller Thurgau, una delle varietà più sensibili alle due malattie. Queste viti non vengono trattate per tutto l’anno e già in estate perdono le foglie e gli acini d’uva a causa delle malattie. Queste piante di Müller Thurgau rappresentano una fonte di inoculo notevole e cercano di infettare anche le viti Superbio, normalmente senza alcun successo, visto che queste si sono dimostrate resistenti. In caso contrario vengono immediatamente eliminate.

Primi assaggi

A partire dal 12° anno, le migliori viti vengono moltiplicate per innesto fino ad ottenere 50 esemplari per incominciare il processo di ottimizzazione e di miglioramento della produzione. Il processo per esaminare la resistenza alle malattie è terminato e inizia il periodo di miglioramento della qualità del vino. La qualità viene controllata per 4 anni nel corso di degustazioni professionali. Dal 17° al 20° anno si passa all’esame più importante, visto che ormai è quasi sicuro che questa vite avrà un futuro: la specie viene moltiplicata fino ad arrivare a 500 piante e le si dà un nome vero, invece di un banale numero. Queste viti vengono piantate in località diverse e i loro vini vengono esaminati dai 5 ai 10 anni. Le piante, anche se molto resistenti, ma produttrici di un vino non idoneo, vengono eliminate, mentre per i vini delle altre, incomincia la prova di maturità adatta. I vini rossi vengono anche conservati in botti di rovere o con trattamento a base di rovere (chips). Inoltre, si sperimenta la produttività della pianta in rapporto con la qualità. Dopo questi lunghi 25 – 30 anni, la vite viene distribuita ai produttori che condurranno altri test in Paesi diversi.

Dopo 30 anni

Dopo migliaia di ore di duro lavoro gli originari 30.000 semi sottoposti a selezione, con un po’ di fortuna, sono diventati una selezione di vite preziosa.

Ci sono due vie che quest’ultima può imboccare: quella della vinificazione o quella della portatrice di resistenze al fine di ulteriori incroci, come il Merzling (varietà presente nell’albero genealogico del Bronner), che ha creato alcune viti importanti.

La vite scelta per la vinificazione, invece, non ha ancora finito la sua via crucis, visto che sarà ancora trattata per anni, se non per decenni, come una “vite in prova” o un “esperimento”, finché verrà riconosciuta da uno stato che riconosce le sue caratteristiche agronomiche favorevoli o nota la sua alta qualità. Ora deve solamente conquistare il mercato e così soddisfare il produttore.

Albero genealogico delle viti superbio

Le radici del Merzling e del Bronner risalenti fino al 1828

Aramon – Tenturier du Cher

(Grafica albero genealogico)

Perché coltivare delle viti Superbio?

Negli ultimi anni, sempre più viti di questo tipo hanno trovato accesso nel mondo della viticoltura, alcune ancora in fase sperimentale, altre invece sono già diffuse. Normalmente, la scelta del vitigno adatto per una zona viticola è data da quelle “autoctone” già presenti nella regione, che non includono le viti Superbio. Che cos’è favorevole alla coltivazione di quest’ultime? La scelta della varietà è molto importate, dato che l’inizio è decisivo per la corretta coltivazione di quell’appezzamento di terra e per tutte le azione necessarie che ne seguono, fino alla fine del ciclo di vita della pianta stessa. Il periodo di maturazione di una vite deciderà il luogo più adatto per la sua coltivazione, dato che un vino armonioso lo si può ottenere solo da uve portate perfettamente a maturazione. D’altra parte, un vitigno che matura troppo precocemente è meglio piantarlo in un terreno più fresco, a cui seguirà una maturazione più tardiva. La sensibilità alle malattie della pianta scelta, invece, ci mostra se e quanti pesticidi dobbiamo utilizzare durante gli anni di coltivazione.

Probabilmente i nostri bambini e nipoti scuoteranno il capo pensando a come i loro padri usavano i pesticidi su quelle bellissime vigne. Qualcuno invece li difenderà e dirà: “Ma tu lo sai com’erano una volta…” o peggio: “Non capivano un tubo di tutto ciò” o onestamente: “Non avevano altre possibilità”.

8 motivi per coltivare viti Superbio

1. Sono più ecologiche!

2. Una coltivazione strettamente biologica dovrebbe sopravvivere senza pesticidi!

3. Meno lavoro a causa dei trattamenti non eseguiti grazie alla resistenza alle malattie

4.

 

 

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.