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Vino cotto “del contadino lorese”

È uno dei prodotti più tradizionali della campagna fermana/maceratese e ha in Loro Piceno la sua capitale. Era riservato alle grandi occasioni come la mietitura; quando nasceva un figlio maschio se ne metteva in cantina un caratello da usare il giorno delle nozze. Curioso era inoltre il rituale di bagnare con il vino cotto le gambe e le braccia dei neonati per irrobustirli.

Il vino cotto non è né un Passito né un Vinsanto: è  solo mosto d’uva concentrato mediante la bollitura. Con il passare degli anni tende a diventare sempre più denso e in questa alta concentrazione è un ottimo ausilio per predisporre salse sia dolci che salate. Quando è giovane si consuma a fine pasto, ma può  servire come ingrediente per esaltare le carni (ottimo il maialino al vino cotto) o per completare i dolci (si fanno nelle campagne marchigiane dei gustosissimi biscottini al vino cotto). Oggi questa specialità  viene preparata da cantine iper-attrezzate, ma è possibile farla anche in casa con una rigorosa raccomandazione: il fuoco deve essere sempre acceso per evitare che il vino prenda “contatto” con il rame (i vecchi contadini mettevano nel contenitore di rame un pezzo di ferro come “polo attrattore” per evitare, in caso di spegnimento del fuoco, l’assorbimento da parte del vino di “sostanze metalliche” del contenitore) . Mi ha dato questa antica ricetta Alda Sorbatti – dell’Agriturismo Borgo Sorbatti di Loro Piceno – ricordando la mamma, la signora Alma di recente scomparsa, che per anni si è battuta a capo del Consorzio di Tutela del vino cotto di Loro Piceno per dare finalmente un marchio e un disciplinare di produzione a questo gioiello delle colture marchigiane, in particolare piceno-maceratesi. Se la eseguirete come Alma raccomandava, sarà come portare in casa un pezzo di atmosfere rurali e in tavola un autentico rito della vigna. Per chi si intende minimamente di enologia, possiamo suggerire di controllare il to a cottura ultimata con un marcatore Babo: quando il liquido raggiunge od oltrepassa i 35-38 gradi Babo, il livello di concentrazione del mosto è ottimale.

Le botti scolme, di vino cotto di vendemmie precedenti, vanno riempite con vino cotto pronto (in base ad assaggi, quando si vede che è chiaro).

INGREDIENTI PER 10 LITRI DI VINO COTTO:

50 chilogrammi di uva Trebbiano, Malvasia e/o Maceratino

legno di quercia per il fuoco

Separate i chicci dai raspi (oggi, una volta ci si metteva tutto), pressateli delicatamente per non rompere i vinaccioli; recuperate le bucce e passatele al torchio per ottenere il succo d’uva residuo. Ponete il mosto in un paiolo di rame che metterete a bollire per circa 10-12 ore sul fuoco di legna di quercia. Quando il mosto è ridotto a un terzo della quantità iniziale, il vino cotto è pronto. Una volta terminata la bollitura e raffreddato il mosto cotto, versatelo in un caratello o in una botte di legno, meglio se di rovere, che avrete cura di colmare per circa quattro quinti della sua capacità o lasciando 10 centimetri vuoti. Tappate con un sughero nel quale avrete praticato un foro in cui farete passare un tubicino per consentire la fuoriuscita dei gas di fermentazione.

La fermentazione parte e si ferma da sola a seconda delle condizioni climatiche; solitamente inizia appena terminata la bollitura del mosto (nel mese di settembre) e si conclude verso l’estate; naturalmente fondamentale è la conservazione delle botti in locali con temperature più  o meno costanti (da noi non vanno sotto i 10 gradi in inverno e sopra i 20 gradi in estate). La chiarifica è naturale (non viene aggiunto nulla): finita la fermentazione le fecce si depositano sul fondo e il vino diventa chiaro. Trattandosi di un liquido a forte concentrazione zuccherina, la fermentazione avviene molto lentamente.

Dopo un anno di legno, il vino cotto è pronto per essere consumato. Sappiate però che se ben conservato, può durare anni e anche mezzo secolo, nella sua botticella; sarebbe tuttavia buona cura procedere ogni anno a ricolmare col nuovo mosto cotto il caratello. È fondamentale, per la prima fermentazione, usare un caratello dove già sia stato contenuto vino cotto, per avere i lieviti madre che innescano e favoriscono naturalmente la fermentazione. Il grado di dolcezza del vino cotto dipende strettamente dal tipo di uve che avete utilizzato e dal grado di maturazione dei grappoli al momento della spremitura.

( Fonte cronachemaceratesi.it )