Home Arrabbiature ASSOLTO IL VIGNAIOLO PECCHENINO MA I DANNI RESTANO

ASSOLTO IL VIGNAIOLO PECCHENINO MA I DANNI RESTANO

Dopo l’assoluzione dall’accusa di frode in commercio ottenuta in Corte d’Appello il produttore doglianese ripercorre la vicenda giudiziaria che ha investito la sua cantina cinque anni fa. “Mi rimane una grande amarezza. Tutto ha avuto origine dalla denuncia di un privato e mi chiedo cosa spinga le persone a danneggiare la vita di una famiglia” !

Meraviglia che le autorità preposte ai controlli, abbiano proceduto ai sequestri ed attività di denuncia, senza prima accertare se le accuse di un privato fossero fondate o meno. I danni in questi casi, li dovrebbero rifondere il personaggio che ha denunciato e gli inquirenti che hanno proceduto senza alcuna base di preventiva colpevolezza.

Il produttore doglianese Orlando Pecchenino, già presidente del Consorzio Barolo Barbaresco, ha voluto ripercorrere in uno scritto le tappe della vicenda giudiziaria che lo ha visto suo malgrado protagonista negli ultimi cinque anni. Lo proponiamo integralmente a seguire.

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“Con la sentenza della Corte di Appello di Torino di lunedì, 26 ottobre 2021, si è conclusa, con il riconoscimento delle nostre ragioni e un’assoluzione piena “perché il fatto non sussiste”, la vicenda che ha coinvolto me, mio fratello e la nostra azienda,

Vi riassumo brevemente l’accaduto.

Tutto inizia nel 2016 con un’infondata denuncia, nella quale si ipotizzava – ripeto: ipotizzava – la vinificazione fuori zona dei nostri Barolo. Ci fu un sopralluogo da parte dei Nas e ICQRF che ha prodotto l’immediato sequestro di 12 annate di Barolo. Otto annate (2005 – 2006-2007-2008-2009-2010-2011-2012) in bottiglia stoccate nella cantina di Dogliani che rappresentavano la nostra riserva storica e inoltre vi erano selezioni di particolare pregio, e tre annate stoccate nelle botti nella cantina di Monforte d’Alba 2013-2014-2015. Queste ultime vini in fase di invecchiamento, in attesa di certificazione atti a nebbiolo da Barolo con menzione Bussia e Le Coste di Monforte.

La situazione si è presentata subito nella sua drammaticità. Tutto il vino Barolo di nostra produzione era stato oggetto di sequestro penale. (Si tenga presente che, oltre alla vicenda penale, abbiamo visto porre sotto sequestro amministrativo anche altro ingente quantitativo di vino atto a nebbiolo, e, anche in quel caso, il Tribunale adito in opposizione, in accoglimento delle nostre ragioni , ha successivamente revocato   sequestro e sanzione amministrativa).

La prima esigenza era di mandare avanti l’azienda. Dopo aver consultato i miei legali e richiesto pareri a consulenti, produttori delle diverse zone viticole italiane, abbiamo deciso di chiedere il dissequestro relativo alle annate stoccate nelle botti. Per salvare il vino e il mio lavoro, ho dovuto mio malgrado ricorrere al patteggiamento al Tribunale di Asti, condizionatamente al dissequestro del prodotto. Non si poteva aspettare: il vino non poteva essere stoccato nelle botti, senza i dovuti controlli, per gli anni necessari ad attendere l’esito del processo. Avremmo perso tutta la produzione. Anche un’eventuale assoluzione diventava inutile di fronte alla perdita del vino stesso per il suo deterioramento.

Abbiamo così ottenuto il rilascio del vino in parte a Barolo e in parte riclassificato a Langhe Nebbiolo

Per le bottiglie, invece, la scelta è stata di non arrenderci e discutere la causa in tribunale, a Cuneo.  Volevamo e dovevamo arrivare in fondo e dimostrare che in questi anni abbiamo sempre lavorato con onestà e serietà. Questa soluzione è stata resa possibile dalla non deteriorabilità delle bottiglie (conservate in cantina a temperatura e umidità controllate) circostanza che ci avrebbe consentito di dimostrare la nostra estraneità ai fatti che ci venivano attribuiti.

La vicenda ha avuto un’inevitabile eco mediatica.

All’epoca dei fatti, io ero presidente del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Fatto che aggravò la ripercussione sui media. Sono stato eletto nel maggio 2016 con un largo consenso. Penso di aver svolto nel migliore dei modi il mio mandato. Ho svolto il mio incarico con grande passione e impegno senza percepire alcun compenso.

A febbraio 2018, ho deciso di rassegnare le dimissioni da presidente perché non volevo coinvolgere il Consorzio nelle mie vicende personali. Ringrazio chi mi ha incoraggiato e sostenuto, invitandomi a non dimettermi e ad andare avanti. Ho ritenuto però opportuno salvaguardare l’istituzione Consorzio e dedicarmi alla vicenda per dimostrare la mia, la nostra innocenza, e alla mia azienda che rischiava di non poter andare avanti.

Vi lascio immaginare il turbamento che ha provocato questa vicenda a me, alla mia famiglia, ai miei genitori, segnati pesantemente nella loro serenità in questi ultimi anni della loro vita. Mio papà è morto a giugno del 2019. Mi spiace pensare ogni giorno che se n’è andato con il cuore affranto.

Questa vicenda ha prodotto alla mia azienda, un danno di immagine ed economico incalcolabile. Grandi difficolta fisiche e psicologiche per me, mia moglie, le mie figlie e tutta la famiglia.

Oggi finalmente è stata fatta giustizia: siamo stati assolti con formula piena “perché il fatto non sussiste”. La soddisfazione di vedere riconosciute le nostre ragioni è enorme seppure siamo ben consapevoli che nessuno ci potrà mai ripagare dell’ingente danno procurato.

Considerato che il tutto ha avuto origine dalla denuncia di un privato, mi rimane una grande amarezza. Mi chiedo cosa spinga le persone a danneggiare la vita di una famiglia.

Il tempo, in questi casi, è un grande alleato e forse riuscirà, se non a far dimenticare, a stemperare questa brutta esperienza.

Voglio ringraziare: i miei consulenti Paolo Terzolo, Vittorio Portinari e Piero Cane, per il loro fattivo e competente contributo; gli avvocati Luisa Pesce e Fabrizio Mignano, i legali che mi hanno accompagnato nei diversi sviluppi di questa dolorosa vicenda, con grande professionalità, competenza e umanità; i consiglieri e il direttore del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, e i colleghi produttori che mi sono stati vicini.

Orlando Pecchenino, Dogliani