Home DEGUSTAZIONI VINO Il vino del prete by Luigi Veronelli

Il vino del prete by Luigi Veronelli

“La volta della grande galleria di accesso, o vestibolo, nelle Catacombe romane di Domitilla, del I secolo, è decorata da quella che si considera la più antica pittura «cristiana»: una grandiosa pianta di vite sboccia da un folto cesto di foglie e si distende per tutta l’ampiezza con due tronchi principali, simmetrici e sinuosi, e con una infinità di ramificazioni minori, pampini, foglie e grappoli.

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È il primo esempio di una simbologia costante,

che ha nelle parole di Gesù, «Io sono la vera

vite, e il Padre mio è il vignaiuolo» (San

Giovanni, XV, l), assai più che nei precedenti

etruschi e romani, il motivo. Già nell’ipogeo

di San Sebastiano, pochi anni dopo, al centro

della vigna, è dipinto il Redentore. Proprio

alla coltura della vite, pianta per eccellenza,

è rimasto, tra le «opere» tutte della terra,

qualcosa di sacrale. La vendemmia e la vinificazione

del frutto sono ancora oggi, in

tempi di meccanizzazioni e di affanni, riti

gioiosi. Ne è conferma l’incontro con alcuni

preti vignaiuoli e con i loro vini (…).

Don Luigi Nadalutti, «personaggio» di straordinaria

simpatia, è restio, non mi vuole ricevere;

sua prima regola «non interessarsi di

serve, matrimoni e giornalisti». La resistenza

è breve, sopraffatta dalla vivace curiosità e

dalla bonomia. Pochi minuti, mi introduce

nella cantina antica dell’abbazia di Rosazzo,

famosa nei secoli.

 

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La lista delle vivande, settantadue, servite il 6 giugno

1409, dal comune di Cividale in onore di papa Gregorio

XII, presente per il Concilio generale, comprende

i seguenti vini: Ribolla di Rosazzo, Verduzzo di Faedis,

Ramàndolo di Torlano, Refosco di Albana, Marzemino

di Gradiscutta. Un secolo dopo, 1509, il tedesco duca di

Brunswich compie in Rosazzo orrenda strage e distrugge

l’Abbazia; anonimo poeta canta: Vui venivi alla chaza /

per tracanare lo bon vino / el primo salto fo Rosaza

… 1596: Andrea Dacci, autore della prima, monumentale

Storia dei vini d’Italia, tra tutti i vini veneti cita solo quelli

dei colli di Rosazzo e si fa spedire, diretti, dal Friuli, uno

rosso e uno bianco; trova il rosso, generoso, armonico e

profumato di fragola; il bianco, secco, franco, profumato

di foglie di pesco. La stessa sottile nuance si coglie

ancora, con attento ascolto, nel bianco di oggi. Quattro

i cru dell’abbazia veri e propri gioielli enologici: il Tocai,

giallo paglierino tenue con riflessi citrini, vinoso con garbo

sino a bouquet composto (per sentore di fiori di campo

e nuance, più lieve, di foglie di pesco), asciutto, fresco,

elegante per mandorla amara; il Merlot, rosso rubino

equilibrato e caldo, bouquet tenue in cui è nuance di

viola, asciutto senza asperità su lieve fondo erbaceo molto

piacevole; il Cabernet, rosso rubino intenso e brillante,

bouquet composto in cui si sottolinea aristocratico sentore

«verde» sapore asciutto, sano, ben vestito, elegante per

netto gusto erbaceo; il Pignolo infine, vino autoctono,

rosso rubino chiaro e allegro, bouquet fresco e continuo,

sapore schietto sottolineato da una sapidità di eccezionale

pulizia (una voce maliziosa vuole che le donne del Friuli

lo considerino vino afrodisiaco; «Le donne del Friuli»

sorride divertito. «Non ho studiato questa pagina »).

 

 

 

Don Luigi ha dato e ha preso, dal vino al vino, serena allegria.

 

Chiudo il mio viaggio nelle terre vinose per eccellenza,

l’Astigiano, le Langhe. Conoscevo i vini, corretti alcuni

sino ad eccellenza, dei Benefici parrocchiali di Neive,

di Calosso, di San Marzano, di Mongardino, di altrove.

li stimo ora meno da che i loro «produttori» si sono

mostrati timorosi di riconoscersi e dichiararsi, pubblicamente,

vignaiuoli. Avrei abbandonato le terre che

più amo (qui meglio che ovunque ritrovi, meditato e

gioioso, stretto e pacificante, il legame- indissolubile

contro ogni integrazione- alla terra matrice) con alquanta

delusione non fosse stato per un saggio prete arguto.

Don Serafino Anlero, cappellano del duomo di Asti, 74

anni, ha orgoglio da una vita in cura d’anime e di vigne.

Parroco di Vinchio, zona di cru riconosciuti di Barbera.

Scassò terreni, impiantò viti, raccolse e vinificò uve e

fu pastore d’anime. Precisi i patti, divenne, 18 anni fa,

cappellano del Duomo: avrebbe continuato a vinificare,

suo l’alloggio sulla sacrestia, sua la cantina sotto, a volta

botte, in mattoni. Vive in bellezza per la magnificenza

gotica della chiesa, le tavole di Gandolfìno, gli affreschi

del ‘600, le cure anche di vino. Acquista le uve meglio,

Barbera in Montemagno e Vinchio, Grignolino in Portacomaro,

Freisa in Villanova e Castelnuovo Don Bosco,

vinifica con puntiglio, in selezione, e vende ad amici,

canonici e privati. Ho assaggiato la Barbera, salda, da

invecchiamento, e il Grignolino, elegante e allegro (netto

il sentore di pepe bianco e la fragranza di rosa): due

vertici. Non sono sceso di contro, nell’inferno; parte

recondita e segreta della cantina, vi meditano antiche

e polverose bottiglie; e non ne sono dispiaciuto: motivo

buono per ritornare. Avessi la chiave di quell’inferno,

avrei la stessa sorte lieta di don Serafino, salirei dritto

dritto in paradiso.

 

(Luigi Veronelli)

 

( Fonte Qbquantobasta )

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.