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Addio ad Andrea Franchetti

Filosofo del vino e tra i produttori più anticonformisti d’Italia

 

 

Il mondo del vino saluta uno dei suoi personaggi più anticonformisti, produttore di assoluta eccellenza tra la Val d’Orcia, con la Tenuta di Trinoro, e l’Etna, con Passopisciaro, “filosofo del vino” e conoscitore dei territori enoici di tutto il mondo, capace di capire, di amare e di produrre tanto con i grandi vitigni internazionali che con i vitigni di antica coltivazione in Italia: si è spento a 72 anni, per un male incurabile, Andrea Franchetti, questa notte nella sua casa di Palazzo Colonna a Roma. Lascia quattro figli Cody, Benjamin, Giordano e Baldassarra, ai quali vanno le nostre più sentite condoglianze .

Figlio di madre americana e padre italiano, cresciuto a Roma in un ambiente frequentato da artisti tra cui lo zio Cy Twombly, Andrea Franchetti, cresce con la sperimentazione e la ricerca nel sangue. A diciotto anni esce di casa e parte per l’Afghanistan in bicicletta, poi si trasferisce a New York nell’East Village degli Anni Sessanta. In seguito apre dei ristoranti a Roma e nelle Marche, per poi tornare a New York negli Anni Ottanta e dedicarsi all’importazione dei grandi vini italiani che cominciano allora a cavalcare la scena internazionale.

La sua avventura di produttore inizia negli anni Novanta, come si legge su “Vini Franchetti”, quando comincia a restaurare le rovine di un’antica casa fortificata di campagna immersa nella Val d’Orcia, oggi patrimonio Unesco, una terra di nessuno sul confine toscano con il Lazio senza alcuna tradizione vitivinicola. Decide di piantare dei vigneti, ma essendo a digiuno di tecniche agronomiche, parte per Bordeaux dove apprende l’arte e la filosofia del fare vino dai grandi maestri, quali Peter Vinding, Peter Sisseck, Alain Vauthier di Ausone e Luc Thunevin di Valandraud. Nel 1991 pianta i primi vigneti con le marze portate dal Bordeaux e nel 1997 dopo alcuni anni di sperimentazione, produce la prima annata di Tenuta di Trinoro, subito ben accolta dalla critica internazionale”.

Poi nel 2000 la visita in Sicilia e l’amore a prima vista con l’Etna, dove ricomincia da zero restaurando un antico baglio con cantina che sarà il fulcro di Passopisciaro. “Tramite la sua azione di recupero dei vecchi vigneti di Nerello Mascalese e l’impianto di nuovi vigneti di varietà alloctone quali il Petit Verdot, il Cesanese di Affile e lo Chardonnay, contribuisce, assieme a un manipolo di altri pionieri, al rinascimento enologico della zona Etnea. Uno dei primi a riconoscere il potenziale dei singoli terroir lavici composti da colate laviche distinte, Andrea Franchetti introduce e promuove il concetto dei vini di Contrada, sul modello dei cru di Borgogna. Tra i risultati conseguiti sull’Etna da Franchetti, oltre alla creazione dei vini di Contrada, si annovera anche l’ideazione dell’acclamato Festival internazionale del vino “Le Contrade dell’Etna””.

Un uomo libero e carismatico, indimenticabile per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, che spiegava così la sua idea del vino.
“Mi piace fare vino. È un opera d’arte che cambia ogni anno. Durante l’annata si viene influenzati dal paesaggio del luogo dove il vino viene fatto. Si raccolgono le impressioni trasmesse dallo scenario naturale quotidiano, dal cambiamento delle stagioni e si trasmettono al vino. Quindi in primo luogo, ogni anno il vino è differente. In secondo luogo, man mano che io cambio anche il mio modo di fare vino cambia. Il vino porta la firma di chi lo fa. I vini sono molto simili al produttore che li ha fatti.

All’inizio ci si rilassa, c’è solo bisogno di concentrarsi sulla viticoltura e c’è tutto il tempo per imparare dato che le piante entrano in produzione dopo 4-5 anni. Poi viene la raccolta, che è la parte più difficile da decidere, c’è bisogno di molta esperienza per capire quando la maturazione è piena, non troppo presto e non troppo tardi. Un giorno di differenza ti cambia completamente il vino. Poi c’è da gestire la fermentazione e tutte le centinaia di fasi successive, tutte che richiedono le decisioni giuste e tutte che si accumulano per infondere uno stile al vino. È troppo complicato descrivere tutto, ma si procede fino all’imbottigliamento circa venti mesi dopo. Le prime volte mi facevo prendere spesso dal panico. Ma avevo talento e buoni maestri, persone che potevo chiamare al bisogno”.

( Fonte Vinitaly )

 

QUI IL RICORDO DI LUIGI SALVO CHE LO HA CONOSCIUTO DA VICINO