“Il Coros non esiste, è un’invenzione amministrativa. Siamo nel Logudoro, non c’è nulla da aggiungere”.
Mentre Tore Cherchi, con la sua voce gentile e ferma mi dice queste parole, stiamo sbuffando tra i canyon sassosi di Usini su un fuoristrada che cigola affidabilità perdute, per raggiungere una delle sue vigne storiche, aggrappata lassù in cima, una di quelle vigne commoventi dove cresce il Cagnulari, uva semplice e tenace, espressione schietta e bevibile di quelle terre asciutte.
Giovanni “Billia” Cherchi, è stato uno dei primi a credere nel Cagnulari in tempi in cui il vino imbottigliato era quasi un’offesa e ha scommesso nelle potenzialità vitivinicole di un territorio che solo negli ultimi anni sta riuscendo ad esprimere le proprie caratteristiche.
Tiu Billia è sempre lì, i suoi occhi vedono meno, ma vedono tutto. Sempre sulla porta della cantina, che è la sua vita, affascina osservarlo: non sapresti mai dire se è custode o guardiano, se è attore o spettatore.
Oggi i suoi figli vanno avanti e vanno avanti bene.
Salvatore, in particolare, ha un dono prezioso: si fa ascoltare, per ore, pur dicendo pochissimo. Poche parole, un’indicazione, una piccola storia, breve e conclusiva, silenzi tratteggiati da gesti che poi si riveleranno sempre e misteriosamente necessari. Tore non parla, racconta: lo fa dei suoi vini, del rapporto con l’enologo Piero Cella, degli scontri, degli incontri, delle scommesse vinte, di quelle che ancora deve giocare.
E tu stai là, ad ascoltarlo, anche mentre non parla.
( Fonte www.cucchiaio.it )