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Una bottiglia di vino dedicata al grande Gianni Brera

Chi ha i capelli bianchi, come chi Vi scrive, si ricorda bene il grande giornalista sportivo Gianni Brera,  il piu’ grande di ogni tempo in Italia, il quale oltre a scrivere di sport era un amante della buona tavola e del buon bere, molto amico di Gino Veronelli il primo giornalista in Italia ad occuparsi di enogastronomia negli anni ’70.

 

 

Gino Veronelli a dx con microfono in mano

 

CHI ERA GIANNI BRERA

” Amato o odiato, ha scritto anche libri di atletica leggera, calcio, ciclismo, gastronomia, divertendo e commuovendo lettori di ogni età. Quello del calcio resta l’orto che più a lungo ha coltivato ma parlava saggiamente di tutto, senza paura di ricorrere a umori e pregiudizi. “Veniva voglia di dargli ragione anche quando aveva torto” – ha scritto qualcuno – perché leggerlo “era come discutere con un amico”. Brera, col suo miscuglio di passionalità controllata e d’ironia, forzava alla simpatia e al rispetto.

 

Scrittore truccato da cronista, utilizzó la giovanile frequentazione della letteratura quale tecnica per affrettare i tempi del giornalismo. Inventó così un linguaggio nuovo, colorato ed espressivo. Possedeva il gusto del ritratto proprio al narratore e la fantasia ludica del poeta ( chi è nato sul Po è “autorizzato a spendere fantasie”). Per raccontare le vicende “pedatorie” chiamava a soccorso la mitologia (famosa la sua musa Eupalla) e la memoria “biostorica” nel sangue delle squadre e degli allenatori. Chi non amava Brera lo accusava di scrivere sempre la stessa cosa. Ma “proprio quello era il trucco, il lettore si ritrovava come nell’Opera dei Pupi, la Commedia dell’Arte, l’epica classica” (G. Riotta).

 

Fu un infaticabile inventore di neologismi e molte voci del volume “Parole degli anni Novanta” ( del professor Antonio Stella, Univ. di Pavia) sono frutto del genio dei suoi polpastrelli. Sigarette, sigari e pipa gli fornivano “il pretesto d’un’indispensabile ginnastica polmonare” ed attribuiva alla nicotina ” sicure virtù curative”.

 

Esperto di gastronomia, bere era per lui il miglior modo per esorcizzare l’atavica paura di aver sete. L’Acqua Fiuggi peró non era il suo forte e al sofisticato vino francese ( “è come baciare una donna troppo truccata”), preferiva il nettare delle sue amate colline pavesi (Barbacarlo über alles).

 

a sx Gianni Brera con l’allenatore del Milan Nereo Rocco

 

Brera è morto, in un incidente stradale, il 19 dicembre 1992 a Codogno, nella sua Padania: aveva 73 anni. Riposa ora in riva all’amata Olona.
Che gli sia lieve la terra. ” ( fonte Brera.net )

 

 

 

L’etichetta dedicata a Brera nel centenario della nascita 1919

 

 

Oggi un azienda vitivinicola di San Colombano al Lambro Casa Valdemagna gli dedica un vino ed una etichetta, in quanto oltre ad amare i vini dell’Oltrepò Pavese, Brera amava anche i vini della ” Baninia “, termine con il quale identificava San Colombano.

 

Qui ho scritto di un vino ed una azienda di San Colombano al Lambro.

Scrisse Brera a proposito di questi vini : “Potersi vantare milanesi è un privilegio anche per i vini. E che Milano abbia un vino tutto suo è un miracolo di cui ancora non mi so capacitare”. Cosi’ l’azienda vitivinicola, per commemorare il grande giornalista nel centenario della nascita, lo ricorda con una limitata produzione di bottiglie, riportanti in etichetta disegnata da Alessandro Colonna una immagine ed uno scritto del celebre personaggio : “Io non penso in italiano, penso in dialetto perché sono un popolano”.

 

La stessa frase è riportata sulla targa realizzata dal comune di Codogno ed installata a poca distanza dal luogo del mortale incidente stradale che strappò la vita al giornalista.