Sarà «per molti» ma «non per tutti». Per decisione di Benedetto XVI cambia la formula della consacrazione del pane e del vino nella messa, in vigore da quarant’anni nelle traduzioni delle lingue nazionali, e si recupera una versione più corrispondente al testo originale dei Vangeli. Al momento della consacrazione, il culmine della messa cattolica, il sacerdote alzando il calice del vino non dirà più: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati». Quel «per tutti» diventerà «per molti», traduzione di quel «pro multis» che tutt’oggi si trova nella versione latina del messale, corrispondente a sua volta all’espressione «uper pollon» del testo evangelico greco.
La decisione, frutto di una lunga riflessione e di un sondaggio nei vari Paesi iniziato un anno e mezzo fa, è stata comunicata lo scorso 17 ottobre a tutte le conferenze episcopali del mondo da una lettera del cardinale Francis Arinze, Prefetto della Congregazione del culto divino. La missiva è stata resa nota dal National Catholic Register e rilanciata dall’agenzia Adista. «Su indirizzo» di Papa Ratzinger, il porporato fa osservare che «ci sono molte ragioni a favore di una resa più precisa della tradizionale formula pro multis». La lettera precisa che «non sussiste alcun dubbio circa la validità delle messe celebrate» con la formula attuale, la quale, anzi «corrisponderebbe senza dubbio a una corretta interpretazione dell’intenzione del Signore espressa nel testo. È un dogma della fede continua Arinze che Cristo è morto sulla croce per tutti gli uomini e le donne». Perché, dunque, cambiare? Tra le ragioni, il porporato spiega, a nome di Benedetto XVI, che i Vangeli di Matteo e Marco fanno specifico riferimento ai «molti» (mentre Luca riporta solo «per voi»), mentre «sarebbe stato perfettamente possibile per il testo evangelico aver detto per tutti».
Dunque, mentre il «per molti» è fedele traduzione del testo evangelico, «per tutti», osserva ancora Arinze «è piuttosto una spiegazione del genere più adatto ad una catechesi».La vera ragione del cambiamento è perciò quella di evitare un certo meccanicismo che a partire dal «per tutti» può lasciare intendere che tutti, comunque, si salvano grazie al sacrificio di Cristo. «L’espressione per molti, anche se rimane aperta all’inclusione di ogni singola persona umana si legge ancora nella lettera riflette anche il fatto che questa salvezza non arriva in modo meccanico, senza la volontà o la partecipazione di ciascuno; piuttosto, il credente viene invitato ad accettare nella fede il dono che gli viene offerto e a ricevere la vita soprannaturale donata a coloro che partecipano a questo mistero, vivendolo nella propria vita in maniera così perfetta da essere inclusi tra i molti a cui si riferisce il testo».
In questi anni erano stati soprattutto i tradizionalisti a protestare per la traduzione che aveva sostituito il «tutti» ai «molti». Nel film La Passione di Cristo, Mel Gibson aveva mostrato la scena dell’ultima cena usando parole aramaiche e sottotitoli che riprendevano la versione originale. Mentre Giovanni Paolo II, nell’ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia (2004) aveva citato entrambe le versioni: nell’introduzione si ricordava la formula con «tutti», mentre nel primo capitolo si citavano le parole di Matteo con il «molti».
La Santa Sede chiede alle conferenze episcopali che usano il «per tutti» (tra le quali c’è l’italiana) di «intraprendere la necessaria catechesi dei fedeli» nei prossimi «uno o due anni» preparandoli alla nuova e più corretta formulazione che entrerà in vigore «nella prossima traduzione del Messale Romano».
( Fonte Il Giornale )