Per i promotori, sostenuti dal partito di Matteo Salvini, si tratta di un’iniziativa culturale nella culla del buon bere, ma la Società di Alcologia è dura: “Diseducativo e dannoso. Un regalo alla lobby, invoglia i minori e non mette in guardia sui rischi alla salute”
Da settembre vino e olio diventeranno materia di studio per centinaia di scuole, dalle elementari alle superiori, grazie a un accordo tra il governo e l’Associazione italiana sommelier. E anche se il vino non si berrà (quasi) mai, perché gli studenti sono in gran parte minori, i medici che si occupano di curare gli effetti dell’alcol sono in allarme.
«Siamo alla follia», sbotta il dottor Gianni Testino, presidente della Società Italiana di Alcologia. «L’alcol aumenta il rischio di tumore. Una scuola che ne fornisce elementi positivi è antiscientifica e antietica». Lo scontro non è nuovo: da una parte un settore che in Italia fattura 12 miliardi di euro l’anno, dall’altra una sanità che spende nello stesso periodo circa 25 miliardi di euro per combattere i danni diretti dell’alcol, «uno dei principali fattori di rischio di malattia, disabilità e mortalità prematura», secondo l’Istituto Superiore di Sanità.
Il problema non si pone per i sottosegretari leghisti che a Vinitaly hanno firmato il protocollo con Ais, a costo zero per la finanza pubblica. Per Gian Marco Centinaio (Politiche Agricole) l’iniziativa promuove «il nostro patrimonio culturale»; per Lucia Borgonzoni (Cultura) fa conoscere ai giovani «le buone abitudini alimentari della dieta mediterranea». Per Rossano Sasso (Istruzione) offre «opportunità occupazionali».
Il 7 maggio a TgNorba24 si è però spinto oltre: «Serve per trasmettere ai nostri ragazzi la cultura del buon bere sin dalla giovane età». «Solo con gli studenti degli ultimi anni ci saranno le degustazioni», precisa l’ex presidente di Ais Antonello Maietta, firmatario del protocollo. «Spiegheremo i benefici del vino, senza negare che per la scienza è da assumere con moderazione».
Ed è proprio questo il timore dei medici. «Non esiste il consumo consapevole di un cancerogeno. Insegnare il “bere moderato” è un regalo alla lobby dei produttori», attacca Gianni Testino della Società Italiana di Alcologia. «Gli interessi commerciali devono essere tenuti distanti quando si ha a che fare con la salute pubblica», aggiunge il professore Emanuele Scafato, vicepresidente di Eufas, Federazione europea delle società sulle dipendenze. «Nelle scuole si deve insegnare perché bere fa male, altrimenti si fa disinformazione».
Secondo lo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, l’alcol è infatti “sicuramente cancerogeno”. Ad aumentare il rischio di tumori è l’“unità alcolica” ripetuta nel tempo (12 grammi di etanolo: un bicchiere di vino, una birra, un bicchierino di liquore). Ripetuta ogni giorno fa crescere del 9% il rischio di cancro al colon-retto; ogni settimana del 24% a bocca, laringe e faringe. E le percentuali si impennano con la predisposizione genetica. Per il Ministero della Salute un uomo sano ha un basso rischio con due unità alcoliche al giorno (una per donne e over65); mentre gli under18 non devono bere mai alcol.
Il programma che parla di vino a bambini e ragazzi piace a Federvini: «E’ l’arma più efficace per contrastare e prevenire i fenomeni di abuso», e da Assoenologi: «Se i giovani si avvicinano al vino con lo spettro che fa male, il nostro patrimonio va a farsi friggere».
Secondo l’Oms tra i decisori politici c’è però scarsa conoscenza dell’impatto negativo dell’alcol sulla salute. E così ecco il paradosso: mentre l’Oms chiede di «aumentare la consapevolezza dei rischi», in particolare tra i giovani, i ministeri sono al lavoro per portare la cultura del vino «in più scuole possibili» tramite i sommelier.
( Fonte L’Espresso )