Home Comunicati Stampa Addio a Franco Ziliani, l’uomo che ha osato sfidare lo Champagne

Addio a Franco Ziliani, l’uomo che ha osato sfidare lo Champagne

Morto a 90 anni l’enologo che nel 1961 creò il primo Franciacorta per Berlucchi

 

 

 

«Il maggiordomo mi scortò nel salotto di Palazzo Lana Berlucchi. Le note di Georgia on my mind vibravano nell’aria: Guido Berlucchi era al pianoforte. Il conte richiuse il piano, mi salutò con calore e iniziò a interrogare me, giovane enologo, sugli accorgimenti per migliorare quel suo vino bianco poco stabile. Risposi senza esitazione alle sue domande, e nel salutarlo osai: e se facessimo anche uno spumante alla maniera dei francesi?».

Ecco come nacque uno dei grandi vini italiani, il Franciacorta, nel racconto forse leggermente romanzato di chi ne fu l’ideatore. Quel Franco Ziliani, di professione enologo e poi imprenditore, che è morto ieri in uno degli ultimi giorni dell’anno che in azienda, la Guido Berlucchi, era stato speciale per due anniversari: i sessant’anni della prima bottiglia di Franciacorta (che all’epoca nemmeno si chiamava così), celebrata da una collana di vini (la Berlucchi ’61); e i novant’anni di Franco, uomo molto conosciuto e amato nel mondo del vino italiano, con cui ormai l’azienda si identificava quasi totalmente.

 

 

Ziliani era nato il 21 giugno 1931 a Travagliato. Formatosi alla scuola enologica di Alba, si era presto appassionato delle bollicine, scoperte un lontano Natale, giorno che era ben scolpito nel suo destino, quando suo padre gli fece assaggiare uno Champagne. Da allora fu ossessionato dall’idea di ricreare anche in Italia un vino prodotto con quel metodo e con le stesse caratteristiche di eleganza, potenza e freschezza. Una visione, una sfida, una follia.

Che prese corpo quando negli anni Cinquanta conobbe Guido Berlucchi e gli propose di provare a realizzare grandi bollicine in quella terra della Lombardia orientale, tra l’Oglio, il lago di Iseo e le propaggini meridionali delle Alpi Retiche, che non aveva ancora una precisa identità enologica e che però sembrava prestarsi all’impresa per le caratteristiche morfologiche e climatiche. Per quello che insomma oggi si definisce terroir.

 

Raccontava Franco che la faccenda non era stata semplice. Non è che il Franciacorta si fosse fatto da solo. Un pugno di anni zeppi di inciampi, ideologici e tecnici: il vino non rifermentava in bottiglia, come deve accadere nel metodo classico, oppure qualcos’altro andava storto. Eppoi c’era la questione dei tappi, Ziliani non riusciva proprio a trovare quelli giusti finché, quando imbroccò il tipo che faceva al suo caso decise, come raccontò qualche mese fa al collega Maurizio Bertera in un’intervista per il suo novantennale, di importarli in maniera quasi illegale dalla Francia. Tutto per chiudere in modo corretto le prime 3.300 bottiglie di quello che venne chiamato Pinot di Franciacorta (il prezzo? 1.200 lire), e che sarebbe diventato Franciacorta doc nel 1967 e Franciacorta docg nel 1995.

 

 

Ziliani è uno di quegli uomini che può vantarsi di avere letteralmente «inventato» un vino che è probabilmente oggi il più noto e blasonato metodo classico italiano, anche se – per fortuna – ormai non si parla più di Champagne italiana, definizione che ha fatto più male che bene a quel territorio. Ma di questi equivoci Ziliani non si curava. Lui fece leivitare la sua azienda a braccetto con la crescita di tutto il movimento vinicolo del Franciacorta e con il rimpinguarsi della cultura enologica degli italiani.

Quando venne il momento di lasciare, Franco non si fece pregare e passò il testimone a i tre figli Cristina, Arturo e Paolo, che portarono l’azienda sulla strada della sostenibilità totale e lanciarono le linee ’61, Berlucchi ’61 Nature e Palazzo Lana Riserva. Oggi la Guido Berlucchi produce 4,5 milioni di bottiglie l’anno e conta su 135 ettari di vigneti. E oggi nella carta dei vini Berlucchi c’è anche una Riserva dedicata a Ziliani, uno Chardonnay in purezza proveniente dal vigneto Arzelle con altissima densità d’impianto. Un 2008 da collezione, ancora di più oggi che Franco se n’è andato.

 

 

Che poi per lasciarci Franco ha scelto i giorni delle feste, quelli in cui le bollicine diventano protagoniste. Io tra qualche giorno, per salutare il 2022, stapperò un Berlucchi (magari un ’61 Nature Blanc de Blancs) dedicando un pensiero a chi ha immaginato quel vino e con esso cambiato il destino di un intero territorio.

 

( Fonte Il Giornale )