Home News Andare al ristorante con una bottiglia del proprio vino preferito.

Andare al ristorante con una bottiglia del proprio vino preferito.

La moda partita dai paesi anglosassoni e adesso fa proseliti anche nella capitale francese, dove stato fondato un club, il Vin en Ville, che in pochi mesi conta gi oltre tremila iscritti e soprattutto ladesione di 35 ristoranti di Parigi. Le regole sono poche e semplici: lassenso del ristoratore e il pagamento del diritto di tappo, cio 5 euro per stappare nel locale la bottiglia portata da casa.


 


Tra i soci c chi tiene a sottolineare laspetto conviviale che si ottiene nei pranzi daffari quando qualcuno si presenta con una bottiglia speciale: i partecipanti si stupiscono e ci contribuisce gi a distendere latmosfera. Patrick Du Jen, responsabile di uno dei ristoranti che hanno abbracciato liniziativa, evidenzia che i clienti non si privano comunque del piacere di ordinare altri vini del locale (sui quali hanno diritto a uno sconto). Come dire che lusanza, che il passaparola sta via via diffondendo, potrebbe rivelarsi redditizia per i ristoranti oltre che divertente per i clienti.


 


Ma che cosa ne pensano gli addetti ai lavori in Italia? Largomento stato toccato anche allAlpeAdria Cooking Festival di Udine durante lintervento di Alessandro Tomberli, gi sommelier e adesso direttore di sala dellEnoteca Pinchiorri di Firenze. Tomberli contrario alla moda del Vin en Ville: Sarebbe come andare allOktoberfest ironizza e portarsi la birra da casa.


Sulla stessa linea Enzo Vizzari, direttore delle guide dei ristoranti e dei vini dellEspresso, che apprezza invece lusanza, molto diffusa nei paesi anglosassoni, di portar via la bottiglia del vino non terminata. Vizzari, peraltro, da sempre fautore del fatto che i ristoratori diano lopportunit di ordinare vini al bicchiere. Un ottimo modo per poter bere diversi vini nel corso dello stesso pasto e per ampliare le possibilit di abbinamenti. Occasione, appunto, ampiamente presente allenoteca Pinchiorri dove i clienti possono scegliere tra ben 275 etichette al bicchiere.


 


Anche lo chef Adriano Baldassarre, del ristorante Il Tordo Matto a Zagarolo (Roma) non entusiasta allidea che questa moda possa prendere piede anche in Italia. A suo parere si rischia di vanificare il lavoro, gli sforzi e i costi di gestione che si sostengono per avere una cantina ben fornita.


A meno che – precisa – non si tratti di clienti che hanno una bottiglia di valore, unetichetta particolare che io non ho a disposizione. Se sono vini che non ho in carta, allora avrebbe un senso. Per quanto riguarda lidea che il cliente porti a casa il vino che ha ordinato, ma che stato consumato solo parzialmente, Baldassarre dice: Non prendo io liniziativa di proporlo, perch alle orecchie di alcuni clienti potrebbe sembrare offensivo, ma se sono loro stessi a domandarlo a me fa piacere, non ci trovo niente di strano, anzi.


 


Rocco Iannone, chef del Pappacarbone di Cava de Tirreni non si dice contrario alla nuova tendenza, ma lancia un avvertimento: Alcuni ristoratori-imprenditori potrebbero approfittarne, dirottando sui piatti i ricarichi necessariamente applicati ai vini. Insomma potrebbe rivelarsi un non cos buon affare.


Altro il suo discorso per il vino ordinato, stappato e non terminato. Sollecito sempre il cliente a portarsi a casa quello che non ha bevuto. unabitudine sana specialmente se si tratta di bottiglie costose che comunque il cliente ha pagato per intero.


( Fonte kataweb )