L’agroalimentare vale oltre 200 miliardi e rappresenta uno dei punti di forza dell’economia italiana producendo il 17% del Pil.
Per questo l’agricoltura chiede maggiori interventi della politica, più fondi e di veder riconosciuto con provvedimenti diretti il ruolo del settore. Invece c’è un ministero alle Politiche agricole ancora decapitato, dopo le dimissioni di Nunzia De Girolamo e l’interim al presidente del Consiglio Enrico Letta, a cui si aggiunge la Lega che ne chiede l’eliminazione.
Paolo De Castro, lei che è stato tre volte ministro dell’Agricoltura e oggi alla guida della commissione Agricoltura del Parlamento Ue, cosa ne pensa?
«Le lamentele ci sono e a ragione, ma non è un problema di ammontare complessivo, perché con la Pac arriveranno al settore oltre 50 miliardi tra il 2014 e il 2012. É un problema di percezione di distanza della politica, di scelte strategiche per rilanciare il settore. L’Italia deve valorizzare l’agroalimentare perché è l’unico settore che ha continuato a dare risultati positivi in incremento di fatturato, in export che vale 33 miliardi e nell’occupazione. Non servono più fondi ma politiche più attente. Nei prossimi giorni si discuterà il job act e finalmente un provvedimento destinato al lavoro contiene misure per creare occupazione nel settore primario».
Come vede l’Europa la politica agricola italiana?
«In questo momento siamo fortemente penalizzati dall’assenza del ministro, manca un referente diretto per un settore fondamentale. Abbiamo rischiato di pagare in sede di trattative anche il continuo susseguirsi di personalità diverse al ministero, che poco avevano a che fare con gli interessi del mondo agricolo e molto con i propri. La Pac era partita male proprio per questo e solo il lavoro di trattativa estenuante compiuto al parlamento europeo è riuscito a contenere i danni. Un responsabile nazionale è essenziale. Nessuno Stato in Europa ha mai messo in discussione la figura del ministro all’Agricoltura perché il settore è determinante per tutti i Paesi»
Intanto l’appuntamento con la nuova Pac si avvicina, a luglio dovremo aver dato attuazione nell’ordinamento nazionale alle disposizioni europee. A che punto sono i lavori?
«In questo senso pesa l’assenza del ministro, anche se si sta lavorando tra assessori regionali e Stato centrale nella conferenza Stato-Regioni. Ma bisogna accelerare le scelte, indicando i requisiti dell’agricoltore attivo e decidendo come distribuire gli aiuti accoppiati. Il modello francese potrebbe essere quello giusto, cioè legare la quota maggiore alla zootecnia, che con la nuova Pac perde gli aiuti speciali».
E per i micro-aiuti?
«Bisogna avere il coraggio, come hanno avuto gli spagnoli, di non far accedere le aziende che non arrivano a 300 euro l’anno di aiuti Pac. Sono somme inutili e richiederle costa 370 euro. Si risparmierebbero circa 80-90 milioni, più che sufficienti a garantire alla zootecnia italiana un premi pari a quelli speciali».
( Fonte L’ Arena )