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Il romanzo che mi ha salvato la vita

 


Sbronzo, donatore di sangue a pagamento, vagabondo, nel 1973 James Ellroy rubò per tre volte «Il campo di cipolle» di Joseph Wambaugh. Lo beccarono sempre. La quarta copia la comprò, lo lesse e capì tutto


Col passare del tempo, gli scrittori accumulano debiti. Sono loro a determinare le origini del proprio mestiere. Si guardano indietro. Registrano i libri che hanno letto, lo stile e i temi che hanno assimilato, i grandi dolori che gli hanno fatto giurare vendetta sulla carta. Gli scrittori di noir bramano demoni da camera a gas e psicopatici sessuali. Arrivati alla mezza età, soppesano i momenti importanti. Ricominciano da capo la propria formazione criminale.
La mia è avvenuta più che altro per strada, e alla lunga si sarebbe dimostrata ingenua. Il fallimento come stile di vita. Amici idioti. Libri, libri, libri.


I libri erano sempre e solo noir. Tramutavano magicamente il mio dolore infantile. Mi facevano una trasfusione narrativa. Mi restituivano il mio mondo ma su un piano più alto ed erotizzato. Gli scrittori andavano e venivano. Alcuni trasformavano la fuga dalla realtà in studio teorico. Un solo uomo era diventato sia un rimprovero morale sia un maestro a tempo pieno. Questo è per lui.


Era l’autunno del 1973. Avevo venticinque anni. A Los Angeles facevo quello che volevo, con circospezione. Avevo un aspetto grottesco. Ero uno e 90 per 63 chili. Il peso del mio corpo parte alta stava tutto nelle pustole. La mia dieta consisteva in carne in scatola rubata, cene non pagate al ristorante, vino Thunderbird e droga. Dormivo in uno scatolone dietro un supermercato. Ci stavo stretto. I vestiti smessi tenevano caldo ma non erano granché comodi. Stavo dalle parti di un quartiere schifoso e degli accampamenti di barboni. Mi portavo dietro un rasoio e mi facevo la barba a secco nei cessi delle stazioni di servizio. Mi innaffiavo con le pompe da giardino per avere un’aria un po’ meno sporca e puzzolente. Vendevo il plasma per cinque dollari a botta.


agabondavo per L.A. Di tanto in tanto, facevo una gita sporadica nel carcere di contea. Ero un piccolo misantropo in missione. La mia missione era LEGGERE. Leggevo nelle biblioteche pubbliche e nel mio scatolone. Leggevo esclusivamente noir. Il mio mandato come studioso del crimine durava da 15 anni. Mia madre era stata assassinata nel giugno del 1958. Il suo rimase un caso irrisolto di omicidio a sfondo sessuale. Avevo dieci anni, all’epoca. La morte di mia madre non mi inflisse i soliti traumi. Odiavo e desideravo le donne. L’assassinio si infiltrò nel mio curriculum mentale e mi spinse verso un’ossessione a tempo pieno. Il mio campo di studi era il CRIMINE. Autunno 1973. Giornate calde, mozzate dallo smog. Notti impacciate come l’inquilino dello scatolone. Joseph Wambaugh aveva pubblicato un libro nuovo. Il titolo era Il campo di cipolle.
Per la prima volta non era propriamente un romanzo, piuttosto una storia vera.


Due delinquentucoli rapiscono due agenti del Los Angeles Police Department. Da lì in poi le cose vanno di male in peggio. Avevo letto un estratto su una rivista, ancora prima che il libro uscisse. Alla biblioteca di Hollywood ero mezzo sbronzo. L’estratto era breve. Fu come uno schiaffo. Volevo di più. La data di pubblicazione si avvicinava. Due colpi alla banca del sangue mi avrebbero assicurato i soldi per il prezzo di copertina e una sbornia. Vendetti il plasma. Ottenni i quattrini. Li sperperai in Thunderbird, sigarette e hot dog con crauti. Impazzivo dalla voglia di leggere quel libro. Bisogni contrari e più urgenti me lo impedivano. La frustrazione regnava sovrana. Ero nella morsa dell’ambivalenza. Le mie pulsioni chimiche, tese alla sopravvivenza, guerreggiavano con il più alto richiamo alla lettura. Mi sbronzai e andai a Hollywood in autostop. Raggiunsi il Pickwick Bookstore. Mi tirai fuori la camicia dai pantaloni e feci affidamento sulla mia magrezza. Mi ficcai una copia de Il campo di cipolle nei pantaloni e tagliai la corda.


Ci si mise di mezzo il destino… in forma del Los Angeles Police Department. Avevo letto ottanta pagine e rotti. Letture diurne sulle panchine dei giardini pubblici, letture notturne nello scatolone. Avevo incontrato due sbirri rapiti e mi piacevano. Ian Campbell, condannato a morire giovane. Un suonatore di cornamusa americano, ma di origine scozzese. Intelligente, un po’ cupo. Trasferito a L.A. nel 1958. Diventa un poliziotto? Sicuro. Orgoglioso, senza perdere un che di selvaggio, racimola 500 dollari al mese. Karl Hettinger, il compagno di Campbell. Uno spirito caustico, cinico solo in superficie, e subito sotto tutto nervi. Gregory Powell e Jimmy Smith, un team interrazziale. Sono in lidi bertà vigilata. Powell, il bianco, è il capo. Un figlio di puttana secco e col collo lungo. Smith, il nero, è un tossico. È il tirapiedi e si scopa di nascosto la zoccola di Powell. Vanno in giro a rapinare i negozi di liquori. Campbell e Hettinger sono di pattuglia la notte. Inevitabile che i quattro collidano. Il carattere è il destino. Va di merda, va male dall’inizio alla fine.
Toc toc. Colpi di manganello sulla porta del mio scatolone.


Sono gli agenti Dukeshearer e McCabe, Wilshire Division, Lapd. Mi hanno già beccato. Poliziotti che intervengono contro un ubriaco, stavolta. Qualcuno mi ha visto saltare nel mio scatolone e ha chiamato la polizia. Dukeshearer e McCabe mi trattano con l’espansiva cortesia che gli sbirri riservano ai patetici. Notano la mia copia de Il campo di cipolle e mi fanno i complimenti per il buon gusto delle mie letture. Vado alla Wilshire Station. La copia numero 1 de Il campo di cipolle scompare.
L’udienza si tiene la mattina dopo. Mi dichiaro colpevole. Il giudice mi condanna
time served, vale a dire che non mi sbattono istantaneamente fuori dall’aula, ma che mi portano al fresco poi mi rilasciano di lì.


Resto dentro sedici ore. Perquisizione corporale, radiografie al torace, esami del sangue, spidocchiamento. Esposizione intensiva a svariati campioni di disgraziati indigeni di L.A., tutti dotati di più machismo e verve di me. Una
drag queen messicana, Peaches, mi stritola un ginocchio. Io colpisco quel puto
del cazzo alla mascella. Peaches va giù, si rialza e mi dà un calcio in culo. Due secondini sedano il casino, tutti contenti. Applausi (parecchi) per Peaches. Fischi (pochi) per me.
Volevo tornare nel mio scatolone. Volevo tornare al mio Crime Time. Volevo stare con Ian e Karl e gli assassini.


Entrai e uscii di prigione nel giro di venti ore. Il Crime Time diventò il Wambaugh Time. Rubai una pinta di vodka, mi sbronzai e camminai fino a Hollywood. Raggiunsi il Pickwick Bookstore e fregai la copia numero 2 de Il campo di cipolle. Lessi qualche pagina diurna su una panchina ai giardini pubblici e tornai al mio scatolone al tramonto. Adesso ero arrivato a 150 pagine e rotti.
Toc toc. Colpi di manganello sulla porta del mio scatolone. Sono gli agenti Dukeshearer e McCabe, Wilshire Division, Lapd. Ragazzo, ci sei saltato in ‘sto scatolone. Ti hanno visto. Gesù, sei di nuovo lì a leggere quel libro di Wambaugh.
Stessa solfa. Stessi poliziotti che intervengono contro un ubriaco. Stesso giudice. Stessa condanna. Stessa detenzione e stesso rilascio, nel giro di altre venti ore.
Che rabbia. Che stanchezza. Completamente fuori. Definizione di demenza: fare e rifare sempre la stessa merda, aspettandosi però risultati diversi.


Volevo tornarmene a quel libro. Ero Wambaugh Time dipendente e ubriaco di rimorso Wambaugh-inflitto. Wambaugh Time. Rimorso Wambaugh- inflitto. Ricavarne qualche insegnamento? Cambiare vita?… no, non ancora. Uscii di prigione. Rubai una pinta di vodka, mi sbronzai e camminai fino a Hollywood. Raggiunsi il Pickwick Bookstore e fregai la copia numero 3 de Il campo di cipolle. Lessi qualche pagina diurna su una panchina ai giardini pubblici e mi acquattai a cagare dietro un cespuglio vicino al mio scatolone. Adesso ero arrivato a duecentocinquanta pagine e rotti.
Poc poc. Colpi di manganello sulle gambe.
Sono due agenti nuovi, Wilshire D

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.