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Innovazione e competenza, le nuove frontiere dell’agricoltura sostenibile

Innovazione e competenza sono le nuove frontiere della sostenibilità, in viticoltura come nell’agricoltura tutta, in un momento in cui il lavoro si sta evolvendo e progressivamente stanno nascendo nuove tecniche e prodotti più rispettosi dell’ambiente, del lavoratore e del consumatore.

Questi i temi al centro del convegno organizzato ad Arezzo il 15 novembre scorso dalle Donne della Vite in collaborazione con Italpollina in occasione della manifestazione Agri@Tour 2018, a cui è seguita una tavola rotonda che ha approfondito i cambiamenti in atto nella ricerca e nella professione dell’agronomo, che richiede nuove competenze per introdurre tecniche sostenibili e al tempo stesso per comunicare l’impegno profuso al fine di dare garanzie alla società e ai consumatori. Una sfida che ha necessità di una definizione condivisa di sostenibilità.

“Oggi all’agricoltura si chiede di essere intelligente, rapida e resiliente, cioè ‘smart’ – ha debuttato Angelo Frascarelli, economista dell’Università di Perugia, aprendo il convegno moderato da Valeria Fasoli, agronoma e presidente delle Donne della Vite – e di rispondere non con l’incremento degli input ma con l’innovazione e la conoscenza alla necessità per valorizzazione dei prodotti”.

La sostenibilità è una via obbligata e diverse sono le innovazioni recenti sviluppate per ridurre l’input di agrofarmaci e concimi. “Tra queste particolarmente promettenti sono sostanze e microrganismi denominati biostimolanti, che stimolano la crescita delle piante e ne aumentano la tolleranza a stress ambientali e l’efficienza d’uso delle risorse degli agroecosistemi e di quelle antropiche – ha confermato Giuseppe Colla, dell’Università della Tuscia, che si dedica da anni al loro studio. “I loro effetti si manifestano anche attraverso un’attivazione dei geni di difesa della pianta e stiamo continuando a fare ricerca sui meccanismi di azione per fare chiarezza e per consentirne un uso sempre più appropriato”.

Delle applicazioni dei funghi micorrizici e degli idrolizzati proteici in vigneto hanno parlato Leonardo Dragoni e Cristian Argenta di Italpollina. “L’utilizzo degli inoculi di funghi micorrizici nel trattamento delle barbatelle e nella concia dei semi da sovescio rappresenta un’importante innovazione in campo viticolo – ha raccontato Dragoni. Oltre a favorire l’attecchimento delle piante e la risposta del vigneto nel tempo, si modifica l’attività microbiologica del suolo e si favorisce la micorrizazione di impianti adulti”.

Amminoacidi e peptidi prodotti con tecniche innovative di estrazione da materie prime vegetali selezionate sono stati l’oggetto della relazione di Cristian Argenta che ha spiegato come questi apportino alla pianta vantaggi agronomici e qualitativi, quali resistenza agli stress abiotici, miglioramento della fotosintesi e della qualità delle uve.

Da quando si è iniziato a parlare di sostenibilità ricercatori e agronomi hanno cominciato a lavorare in modo diverso per affrontare nuove sfide, come la riduzione dei fitofarmaci e il cambiamento climatico, cercando metodi e linguaggi comuni fino alla creazione di sistemi di qualità e certificazione a garanzia del consumatore. Questo il punto di partenza della tavola rotonda, moderata da Alessandra Biondi Bartolini, giornalista e membro del Consiglio delle Donne della Vite.

“È cambiato l’approccio stesso della ricerca – ha spiegato Laura Mugnai, patologa vegetale del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze – si guarda di più alla pianta, alle sue capacità di reagire, agli effetti della gestione colturale sulle patologie e al ruolo del suolo. È cambiata anche la domanda di ricerca che ci ha avvicinato alle esigenze degli agricoltori e dell’industria, ma che pone dei limiti in quanto sarebbero necessari più ricerca di base e progetti di durata adeguata per capire i meccanismi delle patologie, anche con una maggior integrazione di competenze scientifiche diverse”.

“Anche noi agronomi – ha affermato Marco Pierucci di Agronomi In Vigna e promotore del progetto europeo Life Green Grapes – grazie anche alle collaborazioni con il mondo scientifico abbiamo superato i due cardini limitanti e non sostenibili, nutrizione e difesa, su cui basavamo in passato tutti gli interventi. L’attenzione alla fisiologia della pianta e ai suoi ‘partner’ vegetali e microbiologici, alla sostanza organica nel suolo e alla induzione di resistenza che la rende in grado di reagire, ha permesso di limitare la difesa allo stretto necessario e anche di recuperare l’identità delle produzioni vitivinicole”.

“Quando realizziamo e curiamo un vigneto – ha sottolineato Valeria Fasoli nella veste di consulente viticolo e imprenditrice di FareVigneti – spesso facciamo scelte basate unicamente su criteri economici. Diversamente ritengo si debba tener conto anche di aspetti come l’armonia del paesaggio e il rispetto del luogo e di chi ne fruisce anche solo guardandolo. L’imprenditore, pur intervenendo sulla sua proprietà, modifica e impatta sul paesaggio che è un bene collettivo e della cui bellezza tutti possono godere. Dunque è un dovere sociale fare le nostre scelte anche pensando a parametri di tipo estetico, dal filo ai pali, al colore dei legacci o all’invadenza di uno scasso”.

Gli sforzi profusi per dare al consumatore prodotti con impatti minori e misurati si sono concretizzati in diversi progetti di sostenibilità ed è stato necessario realizzare uno schema di certificazione condiviso che li validasse. “Con il progetto che ha portato alla nascita di Equalitas – ha raccontato Stefano Stefanucci, direttore di Equalitas srl
– abbiamo cercato di scrivere uno standard specifico per il sistema vitivinicolo che spiegasse cosa significa essere sostenibile.

La sostenibilità garantisce l’oggi senza compromettere il domani e l’abbiamo definita sulla base dei tre pilastri ambientale, sociale ed economico, considerando anche gli obiettivi raggiungibili connettendo soltanto alcuni dei pilastri che li rendono realizzabili, vivibili o equi. Abbiamo messo in evidenza però che la sostenibilità può esserci solo se tutte e tre le dimensioni sono in equilibrio. A garanzia del rispetto della qualità e di un obiettivo enologico vince la prassi meno impattante, ma il rispetto del prodotto deve esserci e secondo noi un vino non buono non è sostenibile”.

Donne della Vite

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.