Quella di Valérie Murat, finita in tribunale per aver denunciato la presenza di pesticidi nel pregiato vino Bordeaux, è una storia di coraggio e di lotta contro le grandi lobby.
Nel 2012 Valérie ha perso il padre, che lavorava come viticoltore, per un tumore ai polmoni probabilmente legato all’uso di pesticidi, in particolare l’arsenito di sodio usato per ben quattro decenni, 1958 al 2000. La patologia del padre della donna è stata riconosciuta come malattia professionale dalla previdenza sociale agricola francese. Prima di morire, l’uomo avrebbe voluto procedere per vie legali contro l’industria chimica e lo Stato, consapevole dei rischi a cui era esposto lui insieme a tanti altri viticoltori. Così, dopo la morte del padre, Valérie Murat ha deciso di battersi contro l’industria dei pesticidi. Per questo nel 2016 ha fondato l’associazione “Alerte aux Toxiques!”, che si batte per un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e della salute umana.
L’impegno dell’associazione “Alerte aux Toxiques!” contro l’industria dei pesticidi
La scorsa estate l’associazione aveva affrontato la questione del greenwashing, evidenziando come alcuni vini di alta qualità si facessero pubblicità confondendo i consumatori utilizzando un marchio di qualità ecologica che non ha nulla a che fare con l’agricoltura biologica. Il marchio in questione, presente sulle bottiglie, dichiara “Haute Valeur Environnementale” (HVE), in italiano “alto valore ambientale”. Ma la maggior parte dei consumatori non immagina che dietro il marchio si cela l’uso di pericolosi pesticidi.
Gli attivisti hanno quindi deciso di approfondire la questione, inviato 22 bottiglie marchiate HVE con prezzi tra gli otto e gli 85 euro a un laboratorio indipendente. E in tutte le bottiglie di vino sono state trovate delle sostanze attive, per essere più precisi ben 28. In ogni singola bottiglia ne sono state rilevate tra le 4 e le 15 sostanze. La maggior parte di esse sono dannose per gli organismi acquatici, anche con effetti a lungo termine, mentre molte sono sospettate di interferire con il sistema endocrino umano. I risultati delle analisi condotte sulle bottiglie di vino sono state poi pubblicati dall’associazione “Alerte aux Toxiques!” in una relazione finale, consultabile online.
La reazione del Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux e la causa in tribunale
Poco dopo, però l’associazione di categoria dei vini di Bordeaux (Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux, CIVB in breve) è intervenuta, sostenendo che la pubblicazione di “Alerte aux Toxiques” sia un documento diffamatorio e chiedendo a Valérie Murat di rimuovere la pubblicazione. Non solo. L’associazione dei vini di Bourdeaux ha anche chiesto 100.000 euro di risarcimento danni e ulteriori pagamenti a singole aziende vinicole. Inoltre, Valérie dovrebbe pagare per gli articoli pubblicati sui giornali in cui si affronta il tema della presenza di residui nei vini. In totale, quindi, le richieste di risarcimento ammontano a circa 450.000 euro.
Per il suo operato Valérie Murat è finita in tribunale. E nel corso della prima udienza, che si è tenuta una settimana prima delle scorso Natale, i sei avvocati che difendono la causa del Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux non hanno presentato risultati di misurazione concreta, ma hanno preferito argomentare sostenendo che Valérie fosse spinta da un profondo odio per il vino di Bordeaux. Ma se di odio dobbiamo parlare, forse sarebbe meglio dire che non si tratta di odio nei confronti del vino e dei suoi produttori, ma piuttosto verso le sostanze tossiche che vengono utilizzate per produrlo.
Il prossimo 25 febbraio la Corte si pronuncerà sulla causa. Ma Valérie ha il sostegno di tante associazioni e istituzioni, tra cui l’Istituto per l’Ambiente di Monaco, attualmente a processo in Alto Adige per aver denunciato la presenza di pesticidi nei meleti intensivi del territorio altoatesino.
(Fonte: Alerte aux Toxiques/Istituto per l’Ambiente di Monaco di Baviera/Facebook )