Al debutto il Consorzio di tutela e promozione della denominazione d’origine
La narrazione del Bovale ha qualcosa di unico rispetto a qualsiasi altro vino. Appare come una fiaba enologica dalle tre anime e una geografia ampia, antica e affascinante. Bovale di Spagna, anche detto Bovale grande, è sinonimo di Carignano con la sua massima espressione nel Sulcis; Bovali mannu («meglio non tradurre per non confonderlo col precedente», suggerisce lo studioso Gianni Lovicu, responsabile settore vitivinicolo dell’Agris e curatore del volume Akinas e Akinas Spinov) ovvero quel vino che nel nord Sardegna chiamano Cagnulari mentre nel Parteolla diventa Barbera sarda; e infine Bovaleddu, Muristellu, vitigno che insieme a Monica e Cannonau regala la base ampelografica della superba Doc del Mandrolisai.
Eccola la galassia luminosa del Bovale, ossatura portante del Terralba Doc. La denominazione d’origine raccoglie 23 comuni di due province e una diversità di territori e ambienti davvero particolare. Dal Terralbese al Guspinese, dall’Alta e media Marmilla al Campidano. E poi mare e colline; sabbie, scisti e granito per una Doc dalla mineralità lavica nel segno dell’ossidiana e del Monte Arci. A sostenerla un giovanissimo Consorzio di tutela e promozione (al suo debutto ufficiale durante un incontro a Terralba a fine gennaio) che ha deciso di fare squadra per rilanciare il territorio e il suo vino con strategie di marketing turistico ed enogastronomico.