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Barrique si o barrique no ?

Vi riporto un articolo che mette sotto i riflettori un tema trito e ritrito, interessanti anche i vari commenti riportati in calce allo stesso.

Buona lettura
Roberto Gatti
 

BOTTE E BARRIQUE: MODA O ESIGENZA

 
Il ruolo dell’affinamento in legno del Vino è un argomento da anni dibattuto, spesso con il confronto tra filosofie contrapposte, seguendo alti e bassi di popolarità dal punto di vista commerciale e del marketing. 
Vediamo di analizzare brevemente questo aspetto, cercando di tirare le fila dei suoi variegati aspetti, magari sfatando qualche luogo comune che ancora oggi purtroppo esiste.
 
Spieghiamo in modo sintetico a chi non lo sapesse quali sono gli effetti dell’affinamento in legno, senza perdersi in  eccessivi tecnicismi.
 
Durante la sua maturazione nel legno il Vino subisce dei processi chimico-fisici che contribuiscono alla sua evoluzione sotto molti punti di vista. La microporosità della Botte/Barrique consente


dei lentissimi scambi di ossigeno con l’esterno, i quali causano una variazione del colore, del profumo e del gusto del Vino. Dal punto di vista cromatico avviene un’ossidazione degli antociani che polimerizzano e precipitano, generando colori meno vivaci e più stabili. A livello olfattivo il Vino si arricchisce di profumi più evoluti grazie alla reazione degli alcoli e di altri composti, dando così origine a sentori terziari speziati ed eterei. Per quanto riguarda il gusto, l’evoluzione in legno contribuisce al miglioramento dell’equilibrio e della morbidezza, grazie alla trasformazione degli acidi e dei tannini che evolvono verso condizioni meno “pungenti”.
 
Inoltre c’è anche una vera e propria cessione di alcune sostanze dal “contenitore” al Vino, mettendo così una sorta di firma personalizzata in funzione della tipologia di legno, della tostatura interna, delle dimensioni e della durata del contatto col Vino.
 
Bisogna inoltre sottolineare come nei “contenitori” piccoli tutti questi fenomeni evolutivi siano più rapidi a causa del maggior rapporto fra la superficie del legno ed il volume di Vino con essa a contatto.
 
E’ doveroso evidenziare come le opzioni di affinamento non prevedano solo il dualismo fra acciaio e legno, ma esistono anche altre modalità che i diversi Produttori possono adottare per motivi tecnici, di tradizione, oppure romantici, per esempio citiamo le cisterne di cemento e le anfore, divenute quest’ultime un “simbolo” distintivo per qualche Cantina.
 
Ogni “contenitore” presenta delle proprie peculiarità, con vantaggi e svantaggi, sia dal punto di vista dell’impatto sul Vino, sia per la praticità/economicità di gestione, per questo gli Enologi si possono sbizzarrire scegliendo il mix ritenuto più adatto ai propri scopi, oppure abbracciando una singola strada di affinamento come una radicale e personale “filosofia”.
 
Ci sarebbe da parlare per ore di questi argomenti, ma preferiamo non dilungarci, sperando di non aver annoiato chi questi argomenti già li conosce: Vinoway si rivolge anche a tutti quelli che hanno iniziato da poco il loro percorso in questo affascinante Universo.
 
Leggendo quanto scritto si potrebbe pensare che sono talmente evidenti i benefici dell’affinamento in legno che ogni Vino dovrebbe subire tale passaggio per esprimersi al meglio.
 
Così non è, innanzitutto per evidenti motivi economici, in quanto l’acquisizione delle Botti


ha un suo costo, così come la gestione ed il tempo necessario all’affinamento che tiene immobilizzato un “capitale” per mesi oppure anni. Inoltre il panorama delle tipologie di Vino è per fortuna composto anche da quei prodotti che vanno apprezzati in gioventù, esaltandone le doti varietali e di freschezza.
 
Ecco quindi uno dei primi luoghi comuni da sfatare: il Vino affinato in legno non è “migliore” di quello passato in acciaio, semplicemente ha peculiarità e scopi differenti, entrambi devono coesistere in maniera complementare. Chi si “riempie la bocca” vantandosi di bere esclusivamente Vini affinati in legno, quasi fosse uno status simbol, denota poca cultura enologica, semmai può manifestare la preferenza del suo gusto personale per questa tipologia, ma ogni altra “sentenza denigratoria” è assolutamente fuori luogo.
 
Come del resto è sbagliato pure il contrario, ovvero definire i Vini affinati in legno come troppo evoluti e poco varietali, anche in questo caso la generalizzazione risulta essere un luogo comune decisamente inadeguato.
 
Un principio essenziale che invece deve essere ben chiaro è quello del “rispetto” delle peculiarità del Vitigno anche in quei Vini che hanno subito l’affinamento in legno, questo equilibrio è la chiave che esprime la bontà di un corretto e saggio uso della Botte in cantina.
 
Sorge allora spontanea una domanda: perché fino ad alcuni anni fa il concetto di Vino “Barricato” era diventato uno status simbol tanto da essere abbracciato da diversi Produttori in modo massiccio?
 
I motivi sono diversi, uno dei principali è legato al “potere persuasivo” di alcuni canali mediatici del Vino, in particolare nel mondo statunitense, dove alcuni celebri “Guru” del settore premiavano con punteggi altissimi molti Vini rossi dove l’uso della Barrique era molto evidente e marcato a livello gusto-olfattivo.
 
I tanti sostenitori/ammiratori di questi “media” si allinearono a tale stile enologico, innescando dei  meccanismi commerciali per i quali diverse Cantine italiane iniziarono a cavalcare questa moda per poter entrare in modo più incisivo nell’allettante mercato americano. Non solo, per alcuni anni anche qui da noi il concetto di Vino fortemente marcato dalla Barrique divenne un fenomeno apprezzato da molti, anche dei media, ed i sovrastanti sentori di vaniglia divennero purtroppo un sinonimo di qualità. L’esasperazione di questo fenomeno portò alla nascita di Vini assolutamente omologati, dove le peculiarità del Vitigno e del Territorio erano “ammutolite” dall’imponente firma lasciata dall’affinamento in Barrique nuove.
 
Intendiamoci, non si può certo sostenere che quelli fossero Vini di scarsa qualità anzi, si trattava spesso di prodotti con medio alto livello, ma purtroppo in essi era poco riconoscibile la personale tipicità che rende un Vino Unico e Grande.
 
Oltre alla spinta mediatica che sponsorizzava questo particolare taglio enologico, si sommava anche la “piacioneria” gusto-olfattiva che rendeva questi Vini accattivanti per un vasto pubblico, soprattutto se non dotato di particolare passione e Cultura Vitivinicola. Per questo i trabordanti sentori dolci di vaniglia risultavano immediatamente piacevoli a chi vive il Vino in maniera più occasionale e distaccata, senza un senso personale di approfondimento.
 
A questo punto sorge un’altra domanda: come mai questo fenomeno di massa pro-Barrique negli ultimi anni ha subito un forte ridimensionamento, con un’inversione di tendenza da parte di molte Cantine che tale filosofia avevano abbracciato?
 
La risposta sta in un importante concetto che noi di Vinoway spesso ribadiamo: la Cultura del Vino.
 
Già in un recente passato abbiamo sottolineato come in Italia per fortuna la voglia di approfondire  seriamente il Mondo del Vino sia un aspetto in forte crescita, grazie ad Associazioni competenti che da anni formano tramite i loro corsi, ma per merito anche della nutrita schiera di appassionati che attraverso il Web si confrontano in modo costruttivo ed educato su tutti gli aspetti legati all’enogastronomia.
 
Come accade in ogni ambito della società, quando il livello culturale aumenta diventa sempre più difficile imporre delle idee, proprio perché le persone accrescono la consapevolezza ed iniziano ad approfondire gli argomenti ragionando con la propria testa, aprendosi a scambi di pensiero propositivi, incrementando in modo deciso il bagaglio culturale che consente una razionale capacità critica e di giudizio.
 
Questo processo ha ovviamente aperto la strada verso l’importantissimo fenomeno dell’Enoturismo, facendo crescere la voglia di andare direttamente in Cantina per conoscere i Produttori, ascoltarli, capire la loro filosofia, apprezzarne il lavoro, confrontandosi in modo totale su tutti gli aspetti che satellitano attorno a questo articolato Mondo.
 
Inoltre si è innescata la splendida rivalutazione del Territorio da intendersi come la complessità degli aspetti che riescono ad esaltare le peculiarità di un Vitigno, rilanciando il concetto di uva Autoctona, il tutto volto a considerare il Vino come frutto dell’interpretazione del Produttore che deve saper valorizzare la caratteristiche della Vigna, senza stravolgere o forzare il lavoro della Natura, ma facendo leva sull’unicità del binomio Vitigno-Terroir.
 
Questa nuova presa di coscienza ha portato a considerare l’affinamento in legno come una splendida opportunità per valorizzare le caratteristiche di un Vino, con la ferma convinzione che deve essere   ritenuto come una “spalla” in grado di migliorarne le doti organolettiche, senza diventare un protagonista indesiderato che omologa ed oscura le peculiarità del Territorio.
 
Altra domanda: ma allora la Barrique è da ritenersi una sorta di “peccato” enologico?
Assolutamente no, altrimenti si passa da un estremo all’altro senza il minimo buon senso, ci sono vitigni che per esempio hanno consolidato il proprio successo accostando il loro nome all’affinamento in Barrique, potremmo citare in proposito il Cabernet Sauvignon, il Merlot ed il Pinot Nero. La storia e l’esperienza in questi casi hanno una valenza di assoluta importanza, quando una tradizione si lega alla qualità esistono motivazioni empiriche che non possono essere minimizzate o cancellate con un colpo di spugna. Poi ovviamente il progresso e la sperimentazione possono offrire motivi di miglioramento, ma il rispetto delle tradizioni è sempre un punto di partenza fondamentale da cui non bisogna mai prescindere.
 
E’ quindi il personale e sapiente lavoro del Produttore quello che deve saper sfruttare al meglio l’affinamento in legno, valutando le dimensioni del contenitore, il tipo di legno, la sua tostatura, il numero di passaggi del Vino ed il tempo in cui lasciare quest’ultimo ad evolvere. Le opzioni sono quindi moltissime, ma vanno valutate in stretta simbiosi con il Vitigno ed il Territorio, non esiste una soluzione più giusta in assoluto, la Cantina conosce intimamente il prodotto della propria uva e quindi deve capire con preziosa esperienza quale uso fare del legno.
 
Inoltre ribadiamo il concetto che un Grande Vino non deve essere necessariamente affinato in Botte grande, Tonneaux, Barrique, possiamo degustare splendidi Nettari passati solo in acciaio/cemento che sono esclusivamente il frutto del Vitigno, con il “Varietale” che diventa unico protagonista dell’aspetto organolettico del Territorio. Vini equilibrati e godibili da subito, dove non si sente l’esigenza di un’evoluzione in legno in quanto l’impronta fresca e franca dell’uva rappresenta il valore da enfatizzare e consolidare.
 
 
 
Poi esistono casi dove l’enorme carica tannica e la particolare struttura esigono un ponderato affinamento in legno con lo scopo di mettere in commercio un Vino più equilibrato ed evoluto, conferendo anche potenzialità di affinamento in bottiglia per anni. Fondamentale in questi casi sono la lungimiranza e l’esperienza del Produttore che periodicamente degusta il Vino da tutti i “contenitori” in legno, seguendo con amore enoico il frutto del proprio lavoro che matura ed evolve, con lo scopo di mettere sul mercato nel momento più adatto il proprio Nettare.
 
La Cultura del Vino ha quindi contribuito in modo sostanziale a combattere una “moda” che per anni ha snaturato quell’aspetto romantico che noi Appassionati tanto amiamo, ancora molta strada c’è da percorrere, ma la via intrapresa è quella giusta.
 
Più impariamo a conoscere questo Mondo più difficile sarà farci “pilotare” dai gusti di altri, prendendo per oro colato i presunti “dogmi enoici” di blasonati media.
 
Nella degustazione l’Equilibrio è un aspetto cardine della valutazione, deve diventarlo sempre più anche nella Produzione/Comunicazione del Vino per evitare che un singolo aspetto diventi prima “moda”, poi quasi un “nemico”, quando semplicemente è un prezioso strumento il cui eventuale saggio utilizzo può aiutare Vitigno e Territorio ad esprimersi al meglio.
 
 
Come sempre Vinoway vuole offrire uno spunto con i propri articoli, siamo ansiosi di sapere cosa pensano in proposito i nostri lettori, senza nessun tipo di preclusione, vogliamo conoscere i vostri gusti, sapere se privilegiate qualche stile di affinamento particolare, la “Democrazia” enologica di pensiero è per noi uno stile di vita: a voi la parola!
 
( Fonte Vinoway )
 
Alcuni commenti
  • Davide Paletta ‎…. Io penso che l’affinamento del vino, non sia una moda, ma più un biglietto da visita, che ogni produttore vuole dare al proprio prodotto dando quella nota organolettica strettamente personale, però senza esagerare, perchè la nota di “legno” troppo accentuata mette in secondo piano altre note ….. *d.p*

    sabato alle 21.06 · 
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    Di Placido Emilio Bello e interessante l’articol Da tempo vado dicendo le stesse cose, ma aggiungo sempre una cosa. Non credo che per i nostri vini autoctoni vada bene la barrique. Un vino è sempre l’espressione di anni di evoluzione di un territorio, delle …sue genti e del gusto di queste. La barrique è stata una esigenza dei produttori francesi per adeguare i loro vini ai loro gusti. Come direbbe un politico di casa nostra “che c’azzecca?”. Certo! Potrebbe andar bene o benissimo se avessimo intenzione di fare una nuova tipologia di vino, che andrebbe anche bene con i nostri gusti, ma certamente non avremo quel tale vino per il quale i nostri antenati hanno impiegato millenni di fatiche e sperimentazioni e che dovrebbero essere tipici di un territorio. Insomma un barolo non credo sia più tale se fatto in barrique, potremmo benissimo chiamarlo ” pincopallino” i nostri antenati non lo riconoscerebbero come barolo, perchè dovremmo farlo noi?.

    domenica alle 15.55 · 
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    Maurizio Gily mi pare una discussione un po’ vecchia e trita. Anche se concordo che per i vini italiani in genere la “taglia” 225 litri è piccola, oltre alla dimensione è fondamentale la qualità della botte: tipo di legno, stagionatura, costruzione, tostatura, numero di passaggi etc., contrapporre barrique e botte grande è banalizzare. I grandi vini non sanno di legno, anche se hanno fatto barrique, e questo dipende dalla materia prima e dal “manico”. Aggiungo che in degustazione cieca i vini che hanno fatto barrique (purchè buoni) spesso sono preferiti, anche da quelli che dichiarano di non amare le barrique. C’è una moda del gusto ma c’è anche una moda dell’atteggiamento mentale.

    17 ore fa ·  ·  1
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    Patrizia Saiola barrique=bagarre, scusate il gioco di parole, includerei anche il vitigno e tutte le sue caratteristiche, senza in alcun modo tralasciare il buonsenso, trovo inaccettabili certi chardonnay italiani passati in barrique al solo scopo di renderli senza successo simili ai grandi bianchi di borgogna

    • Roberto Gatti Che la barrique sia passata di moda è anche vero, ma personalmente non sono per demonizzarla. Ho bevuto dei grandissimi vini francesi, italiani ed ultimamente alcuni cileni, tra i migliori di tutta la mia vita passati in barrique. D’altro canto ho tentato di bere certi chardonnay o rossi passati in barrique che facevano pietà, ovvero erano imbevibili. Quindi la ” colpa ” non è da imputare alla barrique si o barrique no, ma a chi non la sa usare come si deve. Senza andare in Cile, Vi consiglio di assaggiare i vini di un produttore veneto che mi ha fatto andare giu’ di testa con tutti i suoi vini ( bianchi e rossi ) passati in barrique : INAMA. Bisogna aggiungere che questo bravo viticoltore è andato in Francia decine e decine di volte, ha provato varie tonnellerie, vari legni, infine ha scelto ed imparato ad usare i migliori. Quindi non demonizziamo a priori la barrique, ma piuttosto quei produttori che NON la sanno usare. E’ come un’arma a doppio taglio : se non la sai maneggiare ti tagli

      6 minuti fa · 
    • Roberto Gatti Ho letto solo ora l’intervento di Maurizio Gily e concordo 100%
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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.