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Considerazioni e riflessioni sul nostro modo di vivere negli anni 2000

In merito alla notizia dell’ennesimo scandalo nel settore enologico, leggo su facebook questo commento molto bene articolato, che non può non vederci approvare ogni singola parola. Lo sottopongo alla Vostra attenzione. Buona lettura

 

Claudio Fondelli

L”equivoco di fondo è l’errata convinzione che si è progressivamente affermata dal secondo dopoguerra in poi nei paesi occidentali che lo standard di vita riservato fino all’inizio del ‘900 ad una ristretta elite potesse estendersi all’intera popolazione ovvero, in altre parole, la fallace equazione che ciò che (socialmente, economicamente, eticamente, etc.) è giusto è anche un diritto a prescindere dalla sua sostenibilità o meno.

 

Conseguentemente per assicurare enormi volumi agroalimentari e relativi prodotti derivati (pasta, carne, vino, etc.) a prezzi accessibili quotidianamente ad una platea vasta della popolazione si è prima ricorso all’industrializzazione spinta dei processi con uso massiccio di fertilizzanti chimici, antibiotici, irrigazioni ed alimentazioni forzate, ibridazioni in vitro delle specie vegetali ed animali etc., per poi arrivare in tempi più recenti (per far fronte ai crescenti costi che produrre in paesi con normative sempre più stringenti comportava, un esempio su tutte le norme sulla tracciabilità e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro) al sempre più massiccio ricorso di inerti ed aromatizzanti legali per conseguire consistenze e gusti desiderati abbattendo i tempi e la cura che sarebbero stati necessari per ottenerli in modo naturale;

 

fino ad arrivare all’adulterazione illegale dei prodotti che è praticata molto più diffusamente di quanto si creda e che gli scandali che ogni tanto assurgono alle cronache farebbero supporre dato che questi rappresentano in realtà solo una minuscola punta di un gigantesco iceberg sommerso.

Certo la colpa, a partire dalla responsabilità civile e penale, è dei produttori cinici e senza scrupoli ma la “scomoda verita” è che ciò è innanzitutto conseguenza dei nostri squilibrati comportamenti che ci spingono a soddisfare ogni nostra aspettativa a prescindere dalle eventuali conseguenze sul lungo termine (la maggior parte delle malattie degenerative come le neoplasie è conseguenza di ciò che ingeriamo e respiriamo, senza considerare il depauperamento irreversibile delle risorse naturali che il nostro tenore di vita comporta) e senza porsi il problema se tali opportunità siano frutto delle nostre oggettive possibilità o della spinta manipolazione artificiale della materia prima, quando non di azioni illecite più o meno gravi (a partire dallo sfruttamento della manovalanza, come del mancato rispetto della sicurezza nei luoghi di lavoro, per arrivare alla rietichettazione di prodotti scaduti e/o di alimenti di dubbia provenienza), grazie alle quali viene artificialmente abbattuto il prezzo al consumo.