Home News «E-commerce e piattaforme digitali non servono ai vini della Valpolicella»

«E-commerce e piattaforme digitali non servono ai vini della Valpolicella»

Dopo l’incontro Renzi-Jack Ma, il Consorzio di tutela si smarca: «Rischio di svilire il prodotto»

 

VERONA L’e-commerce? Jack Ma e il suo colosso cinese? L’offensiva digitale? Tutta roba inservibile, o quasi, per i vini rossi veronesi. Il Vinitaly ha appena spento le luci della sua cinquantesima edizione e il Consorzio di tutela Valpolicella riaccende il dibattito su una questione che sembra cruciale per il futuro: la conquista dei mercati internazionali attraverso i canali on line. Discorso che vale soprattutto per posti come la Cina, dove finora ogni tentativo di penetrazione ha prodotto risultati modesti, soprattutto se li si paragona a quelli dei grandi rivali, cioé i francesi. In Fiera questo è stato il tema centrale, ben rappresentato dal momento clou, l’incontro del premier Matteo Renzi con Jack Ma, fondatore e proprietario del colosso Alibaba. Anche se non c’è una polemica diretta, la risposta ai lustrini di quel palco è giunta martedì, tanto netta quanto negativa: «Il vino è un prodotto emozionale, assimilabile ai beni di lusso, poco adatto a sfondare nel canale dell’e-commerce». Così si legge in una nota dell’ente che raccoglie oltre 260 cantine piccole e medie di Valpolicella e dintorni, diffusa all’indomani di un convegno organizzato proprio per affrontare problemi e opportunità delle piattaforme digitali di vendita all’estero.

 

«Vantare un’origine garantita da un marchio collettivo, come nel caso dei nostri vini – è il parere del vicepresidente del Consorzio, Marco Sartori – rappresenta un vantaggio competitivo importante anche nella Rete. Ritengo che la strategia di comunicazione vincente sia mettere in secondo piano i brand aziendali e puntare sul territorio, in particolare sui mercati che non conoscono bene i nostri vini». Traduzione: sì al web inteso come strumento promozionale, no alla vendita diretta per via digitale da parte dei singoli produttori. Il Consorzio, ovviamente, sostiene se stesso e chiama in soccorso gli esperti che curano l’Osservatorio sui vini della Valpolicella. «Il 51% dei consumatori canadesi – è l’esempio usato da uno di questi, Denis Pantini di Wine Monitor Nomisma – sceglie il vino rosso in base all’origine, intesa come Paese di provenienza (27%), regione (13%) e denominazione (11%). La filosofia del vino di territorio rispetto a quella di vitigno fa più fatica ad affermarsi, ma sta avendo finalmente una rivalsa rispetto a quella di vitigno».

 

Il carico da undici lo cala sul tavolo il commercialista Stefano Setti: «Un prodotto come il vino fa fatica a slegarsi dal contatto fisico e dalla tranquillità nell’acquisto garantita dalla conoscenza di chi vende. Per questo il canale dell’e-commerce non è particolarmente adatto. E i costi possono essere molto elevati: amministrazione, logistica, promozione sui motori di ricerca. Per coprire tutta l’Ue, servono circa 800 mila euro». Il presidente del Consorzio, Christian Marchesini, sottolinea: «Finora l’e-commerce è servito soprattutto per veicolare le vendite delle imitazioni dei prodotti di alta gamma, categoria alla quale appartiene il nostro Amarone. Che rischia dunque di svilirsi. Al Vinitaly, Jack Ma ha detto: “Se non siete voi, sarà qualcun altro a vendere il vino sulla nostra piattaforma Alibaba”. Discorso forse vero se lo inquadriamo nel contesto generale della produzione vinicola italiana. Ma molto meno efficace per quanto riguarda i grandi rossi veronesi. Non crediamo che sia una grande opportunità». Renzi, sul palco del Vinitaly, ha anche criticato l’abitudine di promuovere all’estero le nostre produzioni attraverso le Regioni o addirittura i singoli Consorzi. Intanto, però, dalla Valpolicella tirano dritto: il 26 aprile, a New York, l’ente organizza un evento con 23 delle sue cantine socie, insieme alla rivista Wine Spectator.

 

 

( Fonte corrieredelveneto )