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La crisi del vino in Umbria

Sovraproduzione e bassa qualit riempono le cantine di invenduto Non cosa di tutti i giorni ascoltare una dura requisitoria contro i mali che hanno impoverito un’economia importante per l’Umbria quale quella legata al vino. L’impietosa analisi l’ha fatta Marco Caprai imprenditore in quel di Montefalco che, con Torgiano e Orvieto, rappresenta il meglio della viticoltura della regione. E’ accaduto sabato passato 12 febbraio a Marsciano, dove si svolgeva un convegno promosso dal Lions locale. E Marco Caprai, che anche presidente di Confagricoltura regionale, ha usato le dure parole di verit che soltanto in un paio di occasioni mi capitato di ascoltare. Quelle dette dall’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti e quelle di Sergio Marchionne. Che cosa hanno in comune le tre analisi, pur tanto difformi nell’oggetto e nelle personalit dei protagonisti? Hanno il pregio di non nascondere nell’ombra della reticenza nessuno dei problemi che rendono gracile il nostro apparato produttivo e d’impresa, primo tra tutti la medio-bassa professionalit degli addetti. Moretti, con un passato di sindacalista e quindi un’ottima conoscenza e grande amore per le Ferrovie dove nato, ha saputo portare ad un buon grado di efficienza e all’attivo l’azienda che pareva condannata al grigiore e ai conti in rosso. E lo ha fatto con decisionismo quello che tanto infastidisce un certo modo di pensare italiota e con l’autorevolezza di chi sa di che cosa parla. Marchionne accusato di iperdecisionismo e di noncuranza per la sensibilit troppo delicata di quel certo modo di pensare, ma saranno i risultati a dimostrare se quel suo fare alla carta abrasiva avr cambiato il modello dell’italiano medio che pare sempre avere paura dell’efficienza e della seria e affidabile professionalit. Pensavo a Moretti e Marchionne quando ascoltavo Marco Caprai. Mi direte che il vino cosa diversa dai treni e dalle auto. Che non si possano mettere sulla stessa bilancia sono d’accordo, ma che la visione d’impresa e il rigore della gestione debbano essere eguali non ci possono essere dubbi: sia che si facciano viaggiare treni, fabbricare auto, spremere uva e vendere vino. Che cosa ha detto allora Caprai di tanto sconvolgente? Che il modo con cui si fa viticoltura oggi in Umbria un modo antico, che la qualit bassa, che la produttivit bassa, che si produce troppo, che i produttori sono deresponsabilizzati e le imprese non sono bene organizzate, che occorre riequilibrare l’offerta aprendosi all’esportazione, che si deve migliorare la redditivit del prodotto un miglior prezzo, in sostanza con una pi efficace gestione, che indispensabile aggregare tutto il sistema produttivo e distributivo, che si devono rinnovare le strategie di comunicazione e via elencando. Ascoltavo e sobbalzavo perch non frequente sentire lo schiaffo della frustata che va al cuore del disastro e descrive le cose come stanno. Non intervenire immorale, ha scandito Caprai. Perdere ancora tempo immorale, ha ridetto con forza. E l’ascoltavano l’assessore regionale all’agricoltura signora Fernanda Cecchini, produttori, tecnici e curiosi come me, richiamati in quell’auditorium di Marsciano dal titolo del convegno:Il vino, un’eccellenza dell’Umbria. Qualche altra cosa detta da Caprai per far capire come sia necessario dare in fretta il connotato di sistema d’impresa a quello che ancora un sistema agricolo di antica concezione, eccola qua. Fino a qualche decennio fa il vino era il carburante per la fatica, c’erano consumi elevatissimi (pi di un ettolitro a testa per anno), la qualit era bassa, basso anche il prezzo, c’era poca attenzione per l’ambiente in cui si produceva. Tutto cambiato. Adesso il consumatore esigente, pretende qualit e cura dell’ambiente dove il vino nasce. Beve di meno (40 litri in media per anno) ma vuole bere meglio. Ed pronto a pagare il giusto prezzo per la qualit, essendo attento tanto pi di prima a comprare dove conviene. Nei primi dieci anni del 2000 il totale degli investimenti in Umbria stato di 120 milioni di euro, lamet messa in campo dai privati, l’altra met proveniente dal sostegno pubblico o comunitario. Ma la quantit prodotta (un milione 300 mila ettolitri) troppa, anche se modesta (il 2,8 per cento) rispetto al totale Italia; l’esportazione d appena 20 milioni di euro (solo lo 0,6 per cento del totale nazionale) e il prezzo medio che viene riconosciuto al produttore umbro di 1.08 euro per litro, meno del 39 per cento di quello che va in media ai produttori delle regioni virtuose come le definisce Caprai, mutuando un termine usato dagli uomini della Banca d’Italia. E quei produttori virtuosi sono riusciti a contenere le rese a 90 quintali per ettaro mentre nell’Umbria non virtuosa la resa di 120 quintali per ettaro. Questo eccesso determina un orientamento continuo verso una peggiore qualit e un minor valore, con la perdita di poste economiche convenienti. Per far rinascere la viticoltura umbra serve un progetto condiviso da tutti i protagonisti che si muovono nei vigneti, nelle cantine, nella distribuzione, nell’export, nella promozione, nella comunicazione. Mentre ascoltavo le parole di Caprai pensavo alle litigiosit, ai contrasti, ai distinguo, alle etichette ideologiche che accettano o disapprovano quelle sagge parole. Resta viva la certezza che dove il vino sa ben legarsi al territorio e si propone vestito da eccellenza non c’ invenduto. E’ il consumatore che governa, imparatelo.


(Fonte Il Tam Tam )


Osservazioni di Winetaste


 


Non credo che l’azienda Caprai, riconosciuta come leader del comprensorio umbro soffra della crisi che attraversa il comparto. Ad ogni buon conto ricordo lo stesso Caprai che durante una degustazione di pochi anni fa, dei suoi vini Sagrantino, anche di annate ” d’antan “, in quel di Montefalco, con una sala gremita di giornalisti ed addetti ai lavori provenienti da tutta Italia, preferi’ ” snobbare ” i convenuti e restarsene seduto al bar della piazza centrale. Credo siano proprio questi gli atteggiamenti da evitare prima di ogni altro, per il rispetto verso coloro che fanno centinaia di chilometri per partecipare a questi eventi, per poi scriverne e divulgare i buoni prodotti del made in Italy . Roberto Gatti

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Giudice degustatore ai Concorsi Enologici Mondiali più prestigiosi tra i quali:

» Il Concours Mondial de Bruxelles che ad oggi ha raggiunto un numero di campioni esaminati di circa n. 9.080, dove partecipo da 13 edizioni ( da 9 in qualità di Presidente );

>>Commissario al Berliner Wine Trophy di Berlino

>>Presidente di Giuria al Concorso Excellence Awards di Bucarest

>>Giudice accreditato al Shanghai International Wine Challenge

ed ai maggiori concorsi italiani.