Le vespe sono l’alcova dei lieviti naturali responsabili della fermentazione del vino e garantiscono la biodiversità messa a rischio dal deterioramento ambientale e dall’utilizzo di pochi ceppi selezionati.
E’ la scoperta fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e dell’Istituto di Biometeorologia del CNR, coordinato da Duccio Cavalieri, che ha documentato per la prima volta il comportamento sessuale dei lieviti in ambienti naturali, ricostruendo le tappe e i luoghi in cui l’accoppiamento dei differenti ceppi avviene. La rivista scientifica PNAS ha indicato il lavoro fra quelli di maggiore interesse e la rivista Science l’ha già commentato nelle news and views (“Social wasps are a Saccharomyces mating nest”, doi: 10.1073/pnas.1516453113).
“Avevamo già scoperto nel 2012 – racconta Cavalieri, associato di Microbiologia generale all’Università di Firenze – che le vespe portano nell’intestino i lieviti Saccharomyces cerevisiae, lasciandoli poi sugli acini d’uva maturi, dove possono iniziare naturalmente le fermentazioni vinarie.
I ricercatori si sono chiesti che cosa succedesse ai lieviti durante la permanenza nell’intestino delle vespe. Per chiarirlo, hanno inoculato dentro gli insetti cinque differenti ceppi di S. cerevisiae, comparando, dopo i due mesi invernali di ibernazione delle vespe, il comportamento di tali lieviti con quello di altrettante colonie cresciute in laboratorio.
“Dopo l’ibernazione, l’intestino delle vespe contiene più ibridi di ceppi parentali che genitori – spiega Cavalieri -.Abbiamo quindi dimostrato che l’intestino è il principale ambiente in cui i lieviti Saccharomyces cerevisiae si accoppiano fra loro e con altri ceppi di Saccharomyces selvatici, presenti in natura (ad esempio nella corteccia degli alberi) – prosegue il ricercatore -, permettendo così l’evoluzione di ceppi particolarmente adatti a resistere agli stress della fermentazione di vino e birra. E’ proprio la lunga permanenza in questo ambiente confinato – chiarisce Cavalieri – a favorire la generazione di gameti e l’incrocio fra gameti di individui (ceppi) della stessa specie e di specie diverse”.
“Le vespe sono messe a rischio dal degradamento ambientale – commenta Stefano Turillazzi, ordinario di Zoologia all’Università di Firenze e membro del team -. Ma la biodiversità di questi e altri insetti sociali, come i calabroni, ha un’importanza che va oltre il loro ruolo di impollinatori e riguarda il mantenimento di patrimoni microbici tipici importantissimi per la qualità e la tipicità dei nostri prodotti”.
( Fonte improntaunika.it )