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Cheval des Andes, la vigna di Arnault

A Mendoza, sulle pendici della cordigliera, il patron di Lvmh ha scovato un nuovo “terroir” dove produce vini d’eccellenza che puntano a raggiungere quotazioni top. Appena presentato a Saint-Émilion-Bordeaux il millesimo 2013

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Saint-Émilion (Francia) – «Appena ho assaggiato quel Malbec, mentre ero lì, ai piedi delle Ande, in un paesaggio mozzafiato, ho capito che in questo terroir potevamo realizzare il nuovo fuoriclasse della nostra scuderia»: Pierre Lurton, presidente di Cheval Blanc e di Château d’Yquem, due dei vini più prestigiosi di Francia, racconta l’avventura che l’ha portato a creare in Argentina Cheval des Andes, prima e unica alleanza internazionale di Cheval Blanc.

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Un’alleanza basata sullo stesso vitigno, il Malbec che costituiva un tempo una delle varietà più importanti di Saint-Émilion (la cittadina medioevale vicina a Bordeaux, dove ha sede Cheval Blanc) e di Pomerol, ma era stato poi decimato dalla fillossera, un parassita che a metà dell’Ottocento ha rischiato di distruggere per sempre la viticoltura europea. Trapiantato in Argentina, questo vitigno sta dando vita a grandi vini.

Château Cheval Blanc e Château d’Yquem sono proprietà personale di Bernard Arnault, patron di Lvmh, e del barone belga Albert Frère, socio storico con il quale il re del lusso condivide anche la passione per il “bon vivre”.

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Nel 1998, appena acquisito Cheval Blanc, ne hanno affidato la guida a Pierre Lurton, famoso enologo, rampollo di una stirpe di produttori storici del luogo. E fin da allora Lurton ha intuito che in Argentina poteva nascere un “Premier Grand Cru del Nuovo mondo”, degno dei Premier grand cru classéA che rallegrano il palato e i bilanci di Arnault e di Frère.

«Con l’annata 2013 abbiamo raggiunto finalmente l’obiettivo», racconta Lurton sulla terrazza della nuova cantina di Cheval Blanc, un’opera dell’architetto Christian de Portzamparc, vincitore del Premio Pritzker, una sorta di Nobel dell’architettura. Una vela di cemento tra i vigneti, con una terrazza verde, basata sui principi della massima sostenibilità. Sotto, nell’ atelier del vino, 5.500 metri quadrati su due livelli, tra vasche in cemento grezzo un enorme specchio rimanda una foto dela tenuta La Compuertas, a Luyján de Cuyo, la più prestigiosa regione viticola di Mendoza, di proprietà di Terrazzas de Los Andes: Lurton si siede in terra e l’immagine lo inquadra tra i filari annidati sui pendii scoscesi della cordigliera delle Ande, a 1000 metri d’altitudine, come in un film. Qui e nella vicina La Consulta, nella valle de Uco, più a sud, nascono gli Cheval des Andes. «La migliore incarnazione dello stile francese e dell’eccezionale terroir argentino, un vino vivace e stravagante, come una seta raffinata, un cachemire avvolgente», racconta Lurton.

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E’ con l’arrivo, nel 2014, del nuovo Direttore tecnico Lorenzo Pasquini, romano di nascita, californiano e bordolese di formazione, che Cheval des Andes sembra aver imboccato la via definitiva verso l’impronta della casa: diminuito il legno, bilanciato l’assemblaggio tra Malbec, Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, il 2013 è stato presentato a ristoratori, sommelier e giornalisti giunti da tutto il mondo a Bordeaux per Vinexpo, il corrispettivo del Vinitaly di Verona. Una vetrina d’eccezione per un nuovo brand che vuole rappresentare “un viaggio di ritorno alle radici del Bordeaux», come dice Lurton. «Il 2013 è un vino al dente», spiega Pasquini, per dire: croccante, quasi da masticare, ma fresco, balsamico, gioca tra i sentori erbacei e la frutta rossa matura, vira verso la cioccolata con note di liquirizia e spezie. Il millesimo 2013 costerà al consumatore finale 80 euro, ma l’ambizione è di creare valore aggiunto attorno a questa etichetta, per farle raggiungere nel tempo quotazioni da investimento. Un matrimonio tra nuovo e vecchio mondo destinato a irrompere negli indici di settore, molto restrittivi: il Liv-ex fine wine 100, il principale benchmark di riferimento, comprende le etichette top di Bordeaux, della Borgogna, alcune del Rodano, alcuni Champagne e pochissimi, selezionatissimi marchi italiani. Mentre il Liv-ex fine wine 50 traccia i movimenti di prezzo quotidiano dei vini d’eccellenza più scambiati al mondo, che sono solo Bordeaux.

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Questi indici sono basati a Londra, in una specie di mercato borsistico che non a caso ha sede nelle City, considerata la piazza più importante per trading dei vini. Il Liv-ex fine wine continua a battere gli indici. Liv-ex fine 50 nell’ultimo anno si è rivalutato di oltre il 20%. Il fine wine 100 del 19,52%. Dei primi venti vini nella classifica del Fine Wine 100, diciotto sono di Bordeaux e solo due sono di Borgogna. Il primo non francese è al posto 33, ed è Opus One, un californiano. Oltre ai nove italiani, solo altri sei vini sono fuori della Francia.

E’ sul mercato secondario che le etichette di pregio acquistano valore, Sul secondario Cheval Blanc viene valutato circa il 20% in più del suo “fair value”, il prezzo base. Il vino preferito da Pierre Lurton è Cheval Blanc 1998: 12 bottiglie quotano 5.689 sterline.

 

 

 

( Fonte Repubblica )