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Nadia, la signora del Grignolino biologico «Ho scelto la terra, nel vino c’è il futuro»

Ciao signora del Grignolino. Ci sono alcune persone che ti stanno simpatiche a prima vista, poi se scopri che fanno le vignaiole e puntano su dei prodotti anarchici come il Grignolino e il Ruchè non possono che esserti ancora più simpatiche.

 

 

Come tutti quelli che camminano in direzione ostinata e contraria. Proprio come Nadia Verrua, vignaiola in quel di Scurzolengo a cascina Tavijn. Poi bisogna vedere se ci sei capitata per caso a fare la vignaiola o è stata una scelta ma questa è un’altra storia. Perché c’è da dire che i genitori di Nadia l’azienda la volevano addirittura chiudere.

Nadia Verrua è la quarta generazione di vignaioli, ma è la prima a imbottigliare uve biologiche in conversione.

 

Non una moda ma una scelta convinta che difende con passione. All’inizio non del tutto condivisa da Ottavio, Tavijn il padre col nome del bisnonno, che da il nome all’azienda che ha più di cento anni compie la cantina come le botti grandi che stanno in cantina. Non volevano i genitori di Nadia che lei, finalmente accompagnata agli studi come le altre sorelle, entrasse nel vino, finisse nella terra.

«La mia – racconta Nadia sorridendo – è stata una scelta. I miei volevano chiudere l’azienda con il pensionamento. Siamo tre sorelle, non hanno investito molto su di noi come vignaiole. Li capisco, visto che la terra è una scelta dura e difficile. Volevano che studiassi e mi costruissi una sicurezza lavorativa diversa».

 

E invece il destino è stato inseguire il vento e il Grignolino. «Se non si viene qui in questa comunità d’intenti, in questo luogo d’orgoglio per il vino buono, riuscito, non si può capire quanto può essere potente, buono, intenso, un vino dimenticato come il Grignolino» scrivevano qualche tempo fa gli epigoni di Veronelli. Strappa il sorriso. E’ vino da amici. Da gente per bene. Sulle colline di Scurzolengo a due passi dalla collina del Papa. «Il Ruchè è il nostro presente – aggiunge Nadia – e il Grignolino è il nostro futuro; è in crescita, almeno per cascina Tavijn. Forse anche perché finalmente si è tornati a farlo bene, proprio come andava fatto. Ma per ora i numeri mi danno torto e il Ruchè ci dà da vivere».

 

Intanto c’è chi, come Gaja, sostiene che le fiere e le guide servano a poco se non fanno addirittura danno. «Lui è un visionario – continua Nadia – le ultime cose che ha detto non le ho ancora lette. Le piccole aziende come la nostra possono stare fuori dal sistema, penso. O inventarne uno nuovo, penso ad appassionati che condividono in rete le loro opinioni. Così come gli operatori. C’è fortunatamente molta curiosità – conclude Nadia – intorno al mondo del biologico. Magari sono più quelli che curiosano rispetto a quelli che comprano ma va bene così. Poi il bello delle fiere è confrontarsi con gli altri produttori».

 

 

( Fonte Lanuovaprovincia )