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VINO : I VITIGNI PIU’ DIFFUSI IN ITALIA

Sangiovese, Montepulciano, Barbera. Abbiamo selezionato le dieci varietà di uve da vino più diffuse sul nostro territorio e per ognuna vi diciamo quali sono le aree di coltivazione, le tipologie e le caratteristiche dei principali vini che ne derivano.

23 novembre 2021

In tutto il mondo esistono centinaia di vitigni diversi. Solo in Italia le varietà di uve da vino iscritte al Registro nazionale delle varietà di vite sono circa 500. Alcuni vitigni sono presenti ovunque, mentre altri si trovano solo in certe aree o in determinate regioni.

Ecco le dieci varietà di uve da vino più coltivate in Italia, in ordine decrescente di diffusione. Per ognuna vi diciamo quali sono le aree di coltivazione, le tipologie e le caratteristiche dei principali vini che ne derivano. In più qualche curiosità sulla loro origine.

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Sangiovese

In Italia è il vitigno più diffuso. L’origine del nome di questa varietà di uva a bacca nera, probabilmente nata nella zona del Chianti, è incerta. L’ipotesi più accreditata lega il nome al precoce germogliamento caratteristico del Sangiovese, da cui deriverebbe il termine dialettale “sangiovannina” tipico della Toscana nord-occidentale, che è sinonimo di “uva primaticcia”. Una seconda teoria, invece, lega il nome di questa uva al “jugum”, cioè giogo, termine di origine romagnola usato per riferirsi sia alla cima di un monte che alle colline dell’Appennino Tosco-Romagnolo.

Il Sangiovese rappresenta il vitigno fondamentale di numerosi vini, come ad esempio: Rosso e Brunello di Montalcino, Chianti, Vino Nobile e Rosso di Montepulciano, Morellino di Scansano, Sangiovese di Romagna, Torgiano Rosso riserva, Montefalco.

Inoltre, con il Sangiovese si producono anche due vini passiti molto particolari: il Vin Santo del Chianti Occhio di Pernice Doc (50% almeno di uve appassite di Sangiovese) e il Vin Santo del Chianti Classico Occhio di Pernice Doc (80% almeno di uve appassite di Sangiovese).

Le DOCG, DOC e IGT in cui rientra sono numerosissime, più di un centinaio.

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Montepulciano

Questo vitigno a bacca nera è molto diffuso in Abruzzo, dove si pensa fu introdotto circa due secoli fa. Non esistono informazioni certe riguardo alla sua origine: il nome sembrerebbe richiamare l’area di Montepulciano in provincia di Siena. A causa di questa sinonimia, spesso lo si è confuso col Sangiovese, ma in realtà si tratta di due vitigni con attitudini e caratteristiche notevolmente differenti.

Viene coltivato soprattutto in Abruzzo, nelle Marche e in altre regioni del centro-sud. I vini ottenuti da questo vitigno sono caratterizzati all’olfatto da note di ciliegia, noce moscata, cannella e mandorle leggermente tostate. Il Montepulciano si può vinificare in bianco per la produzione di vini rosati: si ottengono ottimi vini fruttati e molto gradevoli. Rappresenta il vitigno principale del vino Montepulciano d’Abruzzo Doc e del vino Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg.

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Glera

Questo vitigno, fino a qualche anno fa, era comunemente denominato Prosecco, allo stesso modo del vino che ne derivava. Nel 2009 è stata introdotta la DOCG e il termine Prosecco è passato dal definire un tipo di uva a essere riferito a un territorio: per indicare il vitigno si è quindi cominciato a usare quello che fino ad allora era soltanto un sinonimo, ovvero Glera. In questo modo è stato vincolato il marchio Prosecco soltanto a quei vini che vengono prodotti con il vitigno Glera in un determinato territorio del nord est italiano.

Il vitigno, coltivato soprattutto in Veneto (in particolare nella provincia di Treviso) e in Friuli Venezia Giulia, rappresenta l’uva principale per la produzione dei vini Prosecco Doc e Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Docg. È coltivato, sebbene limitatamente, anche in Argentina. All’olfatto i vini derivanti da Glera regalano note di gelsomino, agrumi, pesca, crosta di pane, mela verde.

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Pinot grigio

Questo vitigno, noto già dal 1375 per le caratteristiche aromatiche della sua bacca, è arrivato in Italia verso la fine del 1800. Il Pinot grigio rappresenta una mutazione instabile del Pinot nero e si distingue da quest’ultimo e dal Pinot bianco solo dopo la fase di invaiatura. Questo, infatti, è il momento in cui l’acino cambia colore, da verde passa al grigio-violetto. In genere, questo cambiamento avviene verso metà settembre. Tra i Pinot, quello grigio è il più diffuso in Italia: presente in quasi tutta la penisola, si trova in prevalenza nelle Tre Venezie. Il nome Pinot sembrerebbe derivare dal termine “pin”, cioè pino. Il grappolo, infatti, ha la forma di una piccola pigna.

Dal Pinot grigio si ottengono vini fermi e spumanti e, se le condizioni ambientali lo consentono, anche vini da vendemmia tardiva come quelli prodotti in Alsazia. Ne deriva un vino giallo dorato chiaro con riflessi rosati, con profumi di gelsomino, sambuco, mela matura, pesche, mandorle, limone e banana, di giusta acidità, buon corpo, di sapore asciutto e lievemente amarognolo.

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Merlot

Molto probabilmente il nome deriva dal Merlo: questo uccello, infatti, è ghiotto delle bacche di questa varietà di uva.

L’origine del vitigno si colloca nel sud ovest della Francia, in particolare nella zona di Bordeaux, dove insieme ai Cabernet costituisce la base per la produzione di alcuni tra i più importanti vini della Gironda (Saint-Émilion, Pomerol). Da qui si è poi diffuso in tutto il mondo (California, Australia, Sud-America). In Italia è arrivato nel 1880: in Friuli ha trovato le condizioni ambientali migliori per svilupparsi, ma anche in Veneto e Trentino-Alto Adige.

Utilizzato esclusivamente per la vinificazione, per la sua precocità e per il suo potenziale aromatico e alcolico, è considerato un vitigno complementare soprattutto del Cabernet Sauvignon, col quale si integra alla perfezione. Dalle uve Merlot si ottiene un vino rosso rubino intenso che tende al granato con l’invecchiamento, caratterizzato da note floreali (viola, violetta), fruttate (ciliegia, amarena, lampone), vegetali (erba tagliata, tabacco) e speziate (vaniglia, cacao), mediamente tannico, di buon corpo.

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Catarratto Bianco Comune

Si tratta di un vitigno siciliano a bacca bianca, diffuso soprattutto nella provincia di Trapani. Il nome Catarratto evoca ricchezza e abbondanza ed è dovuto all’alta produttività di questo tipo di uva. Dal 2018, oltre che “comune”, è possibile chiamarlo anche “lucido”: il sinonimo, autorizzato anche per la varietà Catarratto Bianco Lucido, può essere utilizzato solo per indicare i vini provenienti dalle uve raccolte nella regione Sicilia.

Alla fine del secolo scorso, quando si è diffuso il vitigno Grillo, ha perso parte della sua importanza, ma ad oggi resta comunque l’uva più coltivata in Sicilia. Viene usato come base per produrre il Vermut e per la produzione dei vini Doc Etna, Alcamo, Contea di Sclafani, Marsala, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita di Belice.

I profumi caratteristici del vino che ne deriva sono di gelsomino, zagara, miele, frutta tropicale, mandorle.

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Trebbiano Toscano

Questa varietà di uva, presente in più di 80 vini doc., appartiene alla numerosa famiglia dei Trebbiani, dei quali i più importanti sono il Trebbiano Toscano, il Trebbiano Romagnolo e quello di Soave.

L’origine del nome non è certa. Secondo alcuni studiosi, Trebbiano deriverebbe da una località omonima nel territorio di Luni. Altri, invece, ritengono che provenga dal fiume Trebbia, affluente del Po. Ipotesi più recenti sostengono che il nome derivi da “draibjo”, che significa forza interiore, germoglio. Il termine veniva usato nel Medioevo per indicare il ruolo svolto da Longobardi e Franchi nella costruzione della viticoltura di quel periodo.

In Italia è coltivato ovunque, soprattutto al centro-sud, isole comprese. Quando il Trebbiano Toscano viene usato per la produzione del Vin Santo, l’appassimento delle uve sui graticci consente di ottenere vini particolarmente pregiati.

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Chardonnay

Vitigno a bacca bianca diffuso in tutta Italia: in particolare in Trentino-Alto Adige e in Lombardia nella zona del Franciacorta, un’area a vocazione spumantistica, ma anche in Veneto e in Friuli. In Francia, sua nazione di origine, è diffusissimo e rappresenta uno dei più importanti vitigni per la produzione di alcuni tra i vini più prestigiosi del mondo: i Borgogna e lo Champagne.

Caratterizzato da un acino di colore giallo dorato, dal suo utilizzo spesso in purezza si possono ottenere vini o spumanti di colore giallo paglierino con profumi delicati di fiori d’acacia, mela, agrumi, crosta di pane e vaniglia. Risulta molto adatto alla vinificazione in barrique e con l’invecchiamento regala note di nocciola tostata e artemisia.

Secondo alcuni studiosi, il termine Chardonnay avrebbe origini ebraiche: questa varietà, infatti, si sviluppa molto bene sui terreni argillosi, come quelli di Gerusalemme. Il nome originale del vino riportato dai primi Crociati di ritorno dal Medio Oriente era infatti “Porte de Dieu”, traduzione del nome ebraico “Shahar Adonay”, che significa appunto “la porta di Dio”.

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Barbera

Quest’uva di colore nero rappresenta il vitigno piemontese per antonomasia. L’area di elezione è la fascia collinare del Piemonte meridionale, compresa tra la pianura del Po a nord e la montagna dell’Appennino a sud.

Il vino che deriva da questo vitigno ha profumo fruttato con aromi di prugna e ciliegie mature, mora, lampone e mirtillo, mentre la sensazione floreale più tipica è quella di violetta. Può presentarsi secco e fermo, ma anche frizzante e amabile. È caratterizzato da un’elevata tenuta all’invecchiamento. Dal vitigno Barbera si possono ottenere ottimi vini rosati.

Anticamente era conosciuto con il nome di Grisa o Grisola, termine che lo accomunava all’Uva Spina, a causa della sua elevata acidità. Secondo alcuni il nome deriverebbe da vinum berberis, un succo fermentato di bacche selvatiche ottenute dalla pianta Berberis Vulgaris (Crespino). Secondo una recente interpretazione, invece, il termine deriverebbe dall’unione della parola “barba” (riferita al suo sistema complesso di radici) con quella dialettale “albéra” (che indica le zone boscose dove le viti furono impiantate al posto degli alti alberi).

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Primitivo

Il nome di questo vitigno a bacca nera deriva dalla sua precocità di maturazione: è pronto per la vendemmia già alla fine di agosto. Probabilmente proviene dalla Dalmazia, anche se non si hanno notizie certe riguardo la sua origine.

In Italia, il vitigno Primitivo è coltivato principalmente in Puglia. È l’unica varietà di uva ammessa per la produzione del vino Primitivo di Manduria Dolce Naturale Docg. Questo è un vino rosso da dessert prodotto nelle province di Taranto e Brindisi con uve appassite, caratterizzato da profumi di confettura di amarene, cacao, fichi secchi, vaniglia e cannella. Rappresenta inoltre l’uva principale utilizzata per ottenere il vino doc Primitivo di Manduria, prodotto nelle stesse province, dai sentori di more, ribes, pepe, liquirizia e dal sapore secco o abboccato. Il Primitivo rientra anche nella produzione dei vini Doc Gioia del Colle, rossi e rosati, prodotti in provincia di Bari.

( Fonte Altroconsumo )