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Alla ricerca dei vitigni perduti nella terra della Vicciuta

La ricerca su alcuni germoplasmi viticoli autoctoni delle zone dei Comuni di Città della Pieve e Montegabbione, patrocinanti l’iniziativa, e di Monteleone d’Orvieto, Fabro e San Venanzo ha consentito di individuare 38 varietà di cui sei sconosciute

 

 

Partito circa un anno fa con l’obiettivo di riscoprire e ridare vita a varietà di vitigni autoctoni dell’Alto Orvietano da poter poi reimpiegare per lo sviluppo del settore vitivinicolo, il progetto “Terra della Vicciuta” sta già dando i primi frutti.

 

A testimoniarlo sono i risultati illustrati, venerdì 21 febbraio, a Città della Pieve, da Paolo Storchi, direttore del Cra Unità di ricerca per la viticoltura (Cra Vic) di Arezzo, centro che, in collaborazione con otto aziende agricole dell’area interessata, ha effettuato la ricerca su alcuni germoplasmi viticoli autoctoni delle zone dei Comuni di Città della Pieve e Montegabbione, patrocinanti l’iniziativa, e di Monteleone d’Orvieto, Fabro e San Venanzo.

“Fin’ora – ha affermato Storchi – abbiamo recuperato 38 varietà, per lo più localizzate in zone boschive o in vigneti che erano stati abbandonati.

Su gran parte abbiamo effettuato una prima indagine a livello genetico e abbiamo sei varietà sconosciute che potrebbero essere caratteristiche e tipiche di questo territorio e sulle quali ora lavoreremo in modo più dettagliato”.

 

Alla conferenza hanno preso parte anche Renato Montagnolo, coordinatore delle imprese che hanno promosso il progetto, e uno degli ideatori, Luciano Giacchè, professore di antropologia alimentare dell’Università degli Studi di Perugia.

 

“Il termine Vicciuta – ha spiegato Giacchè – risulta, per la prima volta, dallo statuto di Orvieto del 1581, e indicava, ancora non lo sappiamo di preciso, o un sistema di coltivazione delle viti oppure un ecotipo particolare.

Sicuramente è una novità che può essere interessante perché il nostro è un territorio che già conosce bene il vino e introdurre anche questo elemento di valenza storica può generare, a sua volta, attenzione su questa produzione”.

 

“È un progetto importantissimo per il territorio – ha affermato Paolo Bolla, titolare di una delle otto aziende promotrici –, per la coltura della vite, per la sperimentazione in agricoltura e altrettanto significativo per dare un senso al lavoro in agricoltura. Non più solo produzioni di massa e industrializzate ma ricerca puntuale e precisa di vecchi biotipi che magari in futuro potranno essere sviluppati in termini turistici, commerciali”.

 

Il progetto “Terra della Vicciuta”, che prosegue comunque nella ricerca e nella caratterizzazione dei vitigni, prevede adesso la costruzione di un vigneto collezione che raccoglierà tutto il materiale fino ad oggi recuperato nel territorio in questione e sarà successivamente accessibile a tutte le aziende, anche in funzione turistica.

“Con questo progetto – ha affermato Fernanda Cecchini – l’Umbria vuole rafforzare sempre più la presenza del vino di qualità e indagare sempre più la tipicità e la vocazione del territorio. Ciò darà la possibilità di produrre buoni vini e di affermare che l’Umbria è una terra che fa ricerca e vuole conoscere meglio le proprie caratteristiche”.

 

 

( Fonte iltamtam.it )

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